I MACCHIAIOLI, ARTE ITALIANA VERSO LA MODERNITÀ

Gli antefatti, la nascita e la stagione iniziale e più felice della pittura macchiaiola, ossia il periodo che va dalla sperimentazione degli anni Cinquanta dell’Ottocento ai capolavori degli anni Sessanta, sono i protagonisti della mostra che per la prima volta alla GAM, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, valorizza il dialogo artistico tra Toscana, Piemonte e Liguria nella ricerca sul vero.

Raffaello Sernesi, Pastura in montagna, 1861. Olio su tela, cm 26,2 x 82,5. Collezione privata. Credito fotografico: Archivio Francesca Dini, Firenze

I macchiaioli. Arte italiana verso la modernità”, organizzata e promossa da Fondazione Torino Musei, GAM Torino e 24 ORE Cultura, a cura di Cristina Acidini e Virginia Bertone, con il coordinamento tecnico-scientifico di Silvestra Bietoletti e Francesca Petrucci, vede la collaborazione dell’Istituto Matteucci di Viareggio e presenta circa 80 opere provenienti dai più importanti musei italiani, enti e collezioni private, in un ricco racconto artistico sulla storia del movimento, dalle origini al 1870, con affascinanti confronti con i loro contemporanei italiani.

Lorenzo Gelati, L’Arno a San Niccolò con il bagno delle donne e panni stesi al sole, 1869 (con riprese post 1875). Olio su tela, cm 33 x 113. Fondazione CR Firenze. Credito fotografico: Collezione d’Arte Fondazione CR Firenze

L’esperienza dei pittori macchiaioli ha costituito uno dei momenti più alti e significativi della volontà di rinnovamento dei linguaggi figurativi, divenuta prioritaria alla metà dell’Ottocento.

Fu a Firenze che i giovani frequentatori del Caffè Michelangiolo misero a punto la ‘macchia’. Questa coraggiosa sperimentazione porterà a un’arte italiana “moderna”, che ebbe proprio a Torino, nel maggio del 1861, la sua prima affermazione alla Promotrice delle Belle Arti. Negli anni della sua proclamazione a capitale del Regno d’Italia, Torino visse una stagione di particolare fermento culturale. È proprio a questo periodo, e precisamente nel 1863, che risale la nascita della collezione civica d’arte moderna (l’attuale GAM) che aveva il compito di documentare l’arte allora contemporanea.

Antonio Fontanesi, La quiete, 1860 (o 1861). Olio su tela, cm 81,5 x 119. Torino, GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea

In un proficuo dialogo con la pittura macchiaiola è la prestigiosa collezione ottocentesca della GAM, che favorisce un’inedita occasione di studio. In questa prospettiva un’attenzione particolare viene restituita ad Antonio Fontanesi, nel bicentenario della nascita, agli artisti piemontesi della Scuola di Rivara (Carlo Pittara, Ernesto Bertea, Federico Pastoris e Alfredo D’Andrade) e ai liguri della Scuola dei Grigi (Serafino De Avendaño, Ernesto Rayper), individuando nuovi e originali elementi di confronto con la pittura di Cristiano Banti, Giovanni Fattori, Telemaco Signorini, Odoardo Borrani, protagonisti di questa cruciale stagione artistica.

 

PERCORSO ESPOSITIVO

Giovanni Fattori, Le macchiaiole, 1866 circa. Olio su tela, cm 90 x 180. Courtesy Società di Belle Arti, Viareggio. Credito fotografico: Società di Belle Arti

Il percorso prende il via con il racconto della formazione dei protagonisti, necessario per far apprezzare a pieno il contributo innovativo dei Macchiaioli all’interno della storia dell’arte. Dalle opere di pittori e maestri accademici di gusto romantico o purista, come Giuseppe Bezzuoli, Luigi Mussini, Enrico Pollastrini, Antonio Ciseri, Stefano Ussi, ai giovani futuri macchiaioli come Silvestro Lega, Giovanni Fattori, Cristiano Banti, Odoardo Borrani: attraverso il confronto delle opere è evidenziata la loro educazione tradizionale, rispettosa dei grandi esempi rinascimentali.

Cristiano Banti, In via per la chiesa (il ritorno dalla messa), 1865 circa. Olio su tavola, cm 38 x 45. Courtesy Società di Belle Arti, Viareggio. Credito fotografico: Società di Belle Arti

A punteggiare la mostra è la partecipazione delle opere scelte alle prime Promotrici di Belle Arti e alla prima Esposizione nazionale di Firenze del 1861; sullo sfondo è la visita all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1855, che fu un avvenimento decisivo per i giovani macchiaioli, suscitando grande curiosità ed emulazione nei confronti della nuova visione “oggettiva” e diretta. In questa cornice, è presentato al pubblico il dialogo che sospinse alcuni artisti tra Piemonte, Liguria e Toscana a condurre le ricerche “sul vero”. Furono anni di sperimentazione in cui le ricerche sul colore-luce, condotte en plein air, crearono un comune denominatore tra pittori legati in gruppi e cenacoli, di cui l’esempio più noto fu quello dei Macchiaioli toscani.

Giovanni Fattori, Soldati francesi del ‘59, 1859 circa Olio su tavola, cm 15,5 x 32. Viareggio, Istituto Matteucci. Credito fotografico: Istituto Matteucci

Si affronta quindi la sperimentazione della macchia applicata al rinnovamento dei soggetti storici e di paesaggio, con opere degli anni Cinquanta e dei primi Sessanta, durante i quali talvolta gli amici si trovavano vicini a dipingere lo stesso soggetto da angolature di poco variate, così da evidenziare il loro percorso comune e il proficuo dialogo intessuto in quegli anni di profondi mutamenti non solo artistici, ma politici e culturali in senso ampio.

Giovanni Fattori, Battaglia di Magenta (bozzetto), 1860. Olio su tela, 83,5 x 131 cm. Collezione privata

A seguire si propongono le scelte figurative dei macchiaioli dall’Unità d’Italia a Firenze capitale e gli ambienti in cui maturò il linguaggio macchiaiolo: dalle movimentate estati trascorse a Castiglioncello, nella tenuta di Martelli, ai più pacati pomeriggi autunnali e primaverili a Piagentina, nell’immediata periferia fiorentina, ove gli artisti si erano ritirati a lavorare al riparo dalle trasformazioni della Firenze moderna, accentuate dal 1865 dal suo ruolo di capitale dell’Italia unita.

Telemaco Signorini, Giovani pescatori, 1861 circa. Olio su tela, cm 27,5 x 41. Courtesy Galleria Berman

 

Telemaco Signorini, Marina di Viareggio, 1860 circa. Olio su tela, 20 x 48,5 cm. Piacenza, collezione privata, in comodato presso Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi

L’ultimo capitolo del viaggio affianca alle opere l’esperienza cruciale di due riviste: il «Gazzettino delle Arti del Disegno», pubblicata a Firenze nel 1867, e l’«Arte in Italia», fondata due anni dopo a Torino e che accompagna le vicende artistiche italiane sino al 1873. Sulle colonne del «Gazzettino» Martelli, Signorini e altri critici presentano il loro sensibile e acuto spirito di lettura nei confronti delle espressioni contemporanee europee e la consapevolezza di una ulteriore svolta evolutiva della pittura, che si lascia alle spalle il pur glorioso linguaggio della macchia, che, a quel punto, mostrava di aver compiuto il suo ruolo innovatore. Un impegno sul fronte della critica destinato idealmente a proseguire sul mensile «L’arte in Italia», rivista che contribuì al rinnovamento dell’ambiente artistico piemontese con personalità come Giovanni Camerana, tra i più lucidi sostenitori delle ricerche sul vero condotte da Fontanesi e dalla Scuola di Rivara. Ciò che la mostra restituisce è quindi l’occasione non solo per ammirare capolavori assoluti della pittura macchiaiola, ma permetterne una migliore comprensione sottolineando il dialogo che ha unito gli artisti di varie parti d’Italia nella ricerca tesa alla modernità.

 

Adriano Cecioni (Fontebuona 1836 – Firenze 1886), Interno con figura, 1868. Olio su tela, 28,5 x 35,5 cm. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna

 

I MACCHIAIOLI

Arte italiana verso la modernità

 

26 ottobre 2018 – 24 marzo 2019

 

 

GAM

Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino

Via Magenta, 31

Torino

 

www.gamtorino.it

 

Cover: Alfredo D’Andrade (1839 –1915), Ritorno dai boschi al tramonto, 1869. Olio su tela, cm 75,1 x 151
Genova, Museo dell’Accademia Ligustica di Belle Arti