Savini: una cocktail list con Milano nel cuore

Per chi non si è arreso e ancora si ostina a cercarla, a scovare quell’identità di Milano un tempo talmente vigorosa da portare alla costruzione del Duomo e oggi sommersa dall’abbondanza impersonale; per tutti coloro che vagano tra le “cose milanesi” all’affamata ricerca di qualcosa ancora capace di raccontare la Milano autentica: sappiate che qualche speranza ancora c’è.

Sono i tentativi realistici e solidi come quello del Savini a mantenere fervida la certezza che una Milano degna di questo nome ancora esista, tenuta in vita da quei pochi spiragli d’aria che ancora le sono concessi.

Lo storico locale di Milano ha assistito al rapidissimo cambiamento della città e ha sillabato il suo tempo con la cadenza dei passi che hanno attraversato la Galleria. C’erano uomini d’affari e nobildonne, ma anche cittadini che alzavano lo sguardo a contemplare quanto fosse bella la loro cattedrale. Passavano le carrozze e le prime automobili, le signore con gli ombrellini e gli uomini con il cilindro e il bastone. Di giorno risuonavano le voci di chi parlava e si salutava. E poi, ogni tanto, si assisteva a quel fermento che ruotava intorno al Teatro alla Scala.

Il Savini era lì, dal 1867, e partecipava alla vita di Milano. Ne mostrava la parte più chic, quella dove spesso si avvicendavano pellicce e stole pregiate, di ritorno dall’opera. Ha accolto giganti come Verdi, Puccini, Mascagni, Toscanini, Verga e D’Annunzio. Il Savini ha assorbito tutto questo e ne ha respirato l’aria, fino a gemellare la propria storia con quella di Milano e del Teatro alla Scala.

Per questo, quando nel 2018 il Savini ha deciso di creare una Cocktail List inedita rivisitando in chiave personale i grandi classici, ha scavato nelle profondità della tradizione milanese e dei personaggi che hanno animato la Scala. E ad essi si è ispirata. In collaborazione con il team I Maestri del Cocktail, è stata generata la prima Signature Cocktail list del Savini con lo scopo di raccontare Milano e affermare la propria identità. Un lavoro lungo, che è costato la fatica di svariate prove in cui differivano gli ingredienti o anche semplicemente il loro minuzioso equilibrio. Ne è risultata una sinfonica composizione milanese, rappresentata da ingredienti legati al capoluogo lombardo e da nomi che rendono omaggio ai suoi personaggi. Qualche esempio? Certamente il N°7, che prende il nome dal tavolo a cui si recava abitualmente Maria Callas, vicino alla finestra che dava sulla Galleria. Oppure il Salieri, omonimo del compositore che per primo al mondo inaugurò la Scala e oggi drink progettato sulla base del Negroni, archetipo della miscelazione italiana. E poi il Norma, caratterizzato dall’intensità aromatica della liquirizia e dalla freschezza erbacea che ricorda il bosco in cui è ambientata l’opera; o il Madama Butterfly, che ripropone nei suoi ingredienti l’unione tra America del Nord e Asia. Curioso è il cocktail 1815, anno in cui Ausano Ramazzotti a Milano creò il noto liquore, che in questo drink costituisce la base alcolica. Il più identitario è forse il Savini Cocktail: parte dall’idea di uno Spritz, si dota di Campari, aggiunge Rabarbaro Zucca e si impreziosisce di un’acqua di zafferano.

Non ci sono effetti speciali e non c’è voglia di stupire con voli pindarici di sapori o di sensazioni. C’è tanta compostezza e tanta eleganza, riscontrate in una precisione di esecuzione puntuale e discreta. La sua caratteristica distintiva è la classe e la sua forza è quella fedeltà alla propria storia. Trattiene ed esprime quel savoir faire rubato, negli anni, alla Milano che fu. E che, a cercare molto ma molto bene, forse da qualche parte c’è ancora.