BARONE PIZZINI, L’EVIDENZA DELLE COSE

Se è palese a tutti che l’equilibrio del mondo del vino si basa fondamentalmente sulla sua straordinaria varietà, è altrettanto evidente che un panorama così eterogeneo vive di singolarità, di contrasti, di passioni univoche e di idee del tutto personali. Conosco persone che si ergono a paladini instancabili (e noiosi) di una certa tipologia di vino, altre che sfiderebbero a duello (dialettico) chiunque osasse criticarle mentre esaltano quell’etichetta che tanto amano; e poi ci sono coloro che non bevono vino, che non capiscono il trasporto che sa stimolare, inconsapevolmente immuni a quel fascino di cui sono schiavo da sempre. Esiste, infine, una specie umana molto curiosa, che magari il vino lo beve, ma non ama le bollicine, non riesce ad apprezzarne le peculiarità, e vi rinuncia. Ma escludendo quest’ultima categoria, sulla cui misteriosa origine ho smesso di indagare da tempo, chi ama il vino, in genere, ama le bollicine. E qui si apre un universo convulso di correnti e pensieri, di fan sfegatati, di fazioni e guerrieri pronti a esibire i propri vessilli in ogni occasione.

Ma se è vero che “si vis pacem, para bellum”, ovvero “se vuoi la pace, preparati alla guerra”, ci sono casi in cui ci si trova tutti d’accordo e l’armonia che ne deriva è figlia di quel “omnia vincit amor” che semplifica ogni cosa. Lo Champagne per esempio, una sensazione di estasi che pervade ogni animo, declamando con la sua essenza profonda regole non scritte a cui tutti si uniformano ordinatamente.

In questo periodo così terribilmente caotico e statico, le degustazioni on line hanno invaso il mio spazio vitale. Un periodo di degenerazione multidirezionale causato dall’emergenza, in cui il mondo del vino è stato costretto a cavalcare nuovi mezzi di espressione e di comunicazione. Molti aspetti dell’incredibile seduzione legata al vino, come la scoperta, il viaggio, una meta da raggiungere, la sfera affettiva così fortemente intrecciata all’atto della degustazione, sono stati improvvisamente cancellati. E, sinceramente, ne ho sofferto.

Sei davanti a un computer, con un link da cliccare per connetterti ad una realtà virtuale, qualche bottiglia sulla tua scrivania da stappare, quasi fossi in una catena di montaggio. Dov’è l’incanto del vino? Come si può assaporare la terra, conoscere l’uomo che la coltiva, apprezzare il frutto che ne nasce, restando immobili di fronte ad uno schermo digitale con un calice in mano?

Silvano Brescianini

Questo atroce e micidiale preambolo aveva uno scopo preciso: significare, con forza, che nonostante tutte le lampanti difficoltà di questo periodo, ci sono anche delle sorprese, momenti in cui si può fare un’incantevole atto di comunicazione in un mondo che ha perso, temporaneamente, la sua magia. Certo, dall’altra parte dello schermo, ci dev’essere un uomo come Silvano Brescianini.

Poco più di un’ora di confronto a tu per tu, grazie all’intercessione preziosa di Stefano Donarini e del suo impeccabile staff, una conversazione gioviale e appassionata, ricca di spunti, di suggestione, come essere in Franciacorta, a girellare tra i filari da cui nascono le etichette di Barone Pizzini. Il magnetismo, la lucida eloquenza di Silvano, il suo struggente racconto e, non da ultimo, la degustazione delle sue straordinarie etichette hanno fatto il resto. Proprio quelle etichette mi hanno illuminato “l’evidenza delle cose”: quando si producono vini così, quando percepisci una qualità così vivida, fondata su presupposti concreti, sulla storia, sul lavoro, permeata da una filosofia cristallina e fondata su una convinzione delle proprie idee granitica, non puoi non ammettere che in un universo cangiante come quello del vino, ci sono realtà che mettono tutti d’accordo.

Le cinque bottiglie che hanno accompagnato l’incontro più piacevole che ho avuto durante la mia prigionia virtuale, sono talmente deliziose e rappresentative di uno stile di bollicina ideale, che, ne sono convinto, devono piacere obbligatoriamente a chiunque, senza eccezione alcuna.

Sono certo che scriverò in futuro molti altri articoli su Barone Pizzini, sulla sua Franciacorta, sulla tenacia di Silvano Brescianini di produrre in biologico. Avrò ancora l’occasione di raccontare la storia, il presente e il futuro di una terra che amo profondamente.

Questa volta lascio spazio a cinque meravigliose bottiglie, impagabili compagni di viaggio di una mattinata davanti ad un computer, difficile da dimenticare.

 

 

 

BARONE PIZZINI

 

LA DEGUSTAZIONE

La degustazione si è concentrata principalmente sull’annata 2016, definibile come l’anno dell’austerità e della freschezza. Silvano Brescianini ci ha ricordato che, da qualche anno, c’è un’alternanza tra le varie annate, nonostante l’innalzamento delle temperature. Una discontinuità tra annate più fresche (2014/2016) e annate più calde (2015/2018). Nella zona di produzione di Barone Pizzini, all’inizio delle Prealpi, le annate fresche regalano vini in “stile nordico”, più taglienti rispetto a quelli delle annate calde che garantiscono vini con un frutto più pronunciato. Due parole anche per l’annata 2011, che firma il Bagnadore: è un vintage straordinario sotto ogni punto di vista.

 

 

 

SATEN 2016

93/100

Chardonnay 100%. Maturazione 6 mesi in inox e barrique. Affinamento sui lieviti 30/40 mesi. Dosaggio 6 g/l. Vigneti: Roccolo, Clogna, Carabioli, Ronchi.

L’aroma è un ventata di freschezza assoluta, un vento del nord carico di fiori bianchi, frutta acerba, sensazioni minerali, gessose, quasi salate. Al palato declama ancora di più la sua vigorosa freschezza, attraverso una esemplare acidità, mostrandosi un vino di incredibile purezza.

 

 

 

ROSE’ 2016

93/100

Pinot Nero 70%, Chardonnay 30%. Maturazione 6 mesi in vasche inox e barrique. Affinamento sui lieviti 30/40 mesi. Dosaggio meno di 6 g/l. Vigneti: Santella, Roncaglia, Pian delle Viti.

L’aroma si apre sulle note di un grande rosé, con il ribes e la fragolina di bosco che si intrecciano delicatamente a nuance di fiori gialli ed erbe officinali. Il profumo evolve verso sensazioni dolci e soavi, ma al palato sfodera uno stile mascolino e vibrante, meravigliosamente austero e tagliente, salato e salmastro.

 

 

 

NATURE 2016

94/100

Chardonnay 70%, Pinot Nero 30%. Maturazione 6 mesi in vasche inox e barrique. Affinamento sui lieviti 30/40 mesi. Dosaggio inferiore ai 3 g/l. Vigneti: Pian delle Viti, Ciosèt, Roccolo, Clogna, Carabioli, Troso, Dosso, Ronchi, Prada.

L’aroma è molto intenso, suadente, profondo, tra note di pasticceria, frutta matura e agrume. La vigoria è ripresa al palato, di grande potenza, avvolgente, ma incredibilmente raffinato ed elegante, nelle sue note di chiusura agrumate tra un iconico limone di Sorrento e il cedro.

 

 

 

ANIMANTE L.A

95/100

Chardonnay 78%, Pinot Nero 18% Pinot Bianco 4%. Maturazione 6 mesi in vasche inox. Affinamento sui lieviti di almeno 70 mesi e sboccatura senza aggiunta di solfiti e zuccheri. Vigneti: 25, nei comuni di Provaglio d’Iseo, Passirano, Corte Franca, Adro.

Bagnadore a parte, è la “mia bottiglia”, mi ha stregato fin dal primo assaggio. Il lungo affinamento sui lieviti, il sapiente assemblaggio di varie annate e il dosaggio zero regalano una straordinaria bolla, che, lo confesso, mi ha ricordato lo stile e quella nobiltà che trovo solitamente in Champagne. L’aroma è unico, originale, con il lungo tiraggio che ha creato aromi tostati fusi ad aromi fruttati, dolcezza e austerità, speziatura calibrata con il bilancino. Rimane, nonostante un corpo vigoroso e scolpito da lucentezza e muscolarità, un Franciacorta di incredibile freschezza, con un palato teso, meravigliosamente acido e di grande sapidità.

 

 

 

BAGNADORE 2011

96/100

Chardonnay 60% e Pinot Nero 40%. Maturazione 8 mesi in barrique con frequenti batonage e 8 mesi in vasche inox. Affinamento sui lieviti minimo 70 mesi. Nessun dosaggio. Vigneto Roccolo.

Ed eccoci al vertice assoluto della produzione Barone Pizzini, il Bagnadore annata 2011. La qualità e la cura con cui è prodotto creano una gemma preziosa della Franciacorta: aroma imponente, che quasi mette soggezione. Il frutto è pieno, dolce, raffinato, un ordito di notevole spessore su cui, con maestria, vengono ricamati i simboli dell’aristocrazia franciacortina, tra note floreali, erbacee e minerali. Un mondo aromatico che sembra non avere confini, che ti conduce per mano ad un palato altrettanto infinito, lunghissimo, profondo, sempre in mirabile equilibrio tra acidità e dolcezza. Grandioso.

 

 

 

baronepizzini.it