ARCHITETTURA DA AMARE. PAROLA DI GIO PONTI

Amate l’architettura, la antica, la moderna.
Amate l’architettura per quel che di fantastico, avventuroso e solenne ha creato – ha inventato – con le sue forme astratte, allusive e figurative che incantano il nostro spirito
e rapiscono il nostro pensiero, scenario e soccorso della nostra vita.
Gio Ponti

Amate l’architettura (1957)

Gio Ponti, courtesy Gio Ponti Archives

Al MAXXI di Roma, un incontro ravvicinato con uno dei maggiori architetti-designer italiani, a 40 anni dalla scomparsa: fino al 13 aprile 2020 è visitabile la mostra “Gio Ponti. Amare l’architettura”. Un titolo che richiama quello del libro forse più famoso dell’autore, un’esortazione, certo, ma anche una sua vera e propria dichiarazione d’amore verso l’architettura, da lui raccontata grazie a una attività davvero poliedrica.

Interno della Casa Ponti in Via Dezza Milano 1956-57 , © Gio Ponti Archives

La grande retrospettiva del MAXXI consente di far conoscere Ponti pure come art director, scrittore, poeta, critico, artista integrale a 360 gradi che a distanza di decenni non smette di meravigliare e stupire. Tanto per dire, nella sezione “L’architettura è un cristallo”, ci sono due composizioni che interpretano l’iconica piastrella Triennale disegnata nel 1960 da Gio Ponti e Alberto Rosselli per Marazzi, una delle aziende più importanti del settore ceramico italiano.

Concattedrale Taranto, © Gio Ponti Archives

In questa area dell’esposizione, che riprende un eloquente aforisma di Ponti (“L’Architettura […] quando è pura, è pura come un cristallo, magica, chiusa, esclusiva, autonoma, incontaminata, incorrotta, assoluta, definitiva”…), l’essenza sfaccettata del cristallo si manifesta nella pianta, con un profilo sfuggente fatto di angoli che si moltiplicano e rincorrono senza mai trovare l’assolutezza di due facce ortogonali, e nelle superfici traforate e sospese che ne conformano gli alzati.

Scuola di Matematica Roma 1932-35, © Gio Ponti Archives

E tutto ciò si ritrova in progetti imponenti come il Denver Art Museum o la Cappella di San Carlo a Milano ma pure nella piccola scala del design nelle maniglie per Olivari, nei lavabi per Ideal Standard, nelle piastrelle ceramiche (appunto) o nella carrozzeria per un’automobile chiamata, non a caso, Diamante. Già perché Ponti è nato prima di tutto creatore di “oggetti” di uso quotidiano per poi esprimersi al meglio, ad esempio, sulla casa “esatta”.

Casa al Quartiere Harar Dessié Milano 1950-55, © Gio Ponti Archives

Il tutto narrato al MAXXI in otto sezioni con i materiali archivistici, i modelli originali, le fotografie, i libri, le riviste, i progetti, in un allestimento immersivo e scenografico, dinamico e colorato, una panoramica su una città “alla pontiana” dalla a alla zeta: probabilmente sarebbe piaciuto al maestro.
Da non perdere l’ascolto goloso alle sue interviste grazie ad appositi tv sparsi qua e là, per conoscere Ponti ancora più da vicino. Un Ponti che, davanti ai contesti urbani dei suoi tempi (tanti e tanti anni fa), cresciuti in modo selvaggio e disorganizzato, parlava di “un caos nella mente di chi amministra la città”: una bella modernità, non c’è che dire.

Casa di Via Giovanni Randaccio Milano 1924-26, © Gio Ponti Archives

Aggirandosi nelle sale, si può capire la “lettura” che egli proponeva nei suoi lavori, con protagonisti spazi domestici flessibili e adattabili alle esigenze di chi li abita, una sensibilità antica che oggi è (dovrebbe) essere la normalità.
Lasciando al visitatore la piacevole scoperta di Gio Ponti in ogni variegato aspetto della sua attività, da ricordare il focus sui Classicismi progettuali, con la Scuola di Matematica alla Sapienza di Roma, del 1934, o i due Palazzi Montecatini a Milano, del 1936 e del 1951. Oppure la relazione osmotica tra architettura e natura esplorata in Abitare la Natura, dove trovano posto i progetti realizzati lungo le coste del Mediterraneo (Villa Marchesano a Bordighera, 1938, l’Hotel Parco dei Principi di Sorrento, 1959) per arrivare a progetti più organici e quasi intimi, come la casa detta Scarabeo sotto la foglia e la villa per Daniel Koo in California.

Gio Ponti. Villa Planchart a El Cerrito, Caracas. 1953-1957.

Una commistione di arte, architettura, natura molto moderna, da cui si può prendere spunto. E senza dimenticare il grattacielo Pirelli a Milano (affettuosamente chiamato Pirellone dai suoi abitanti) o la cattedrale di Taranto. Facciate leggere, praticamente decorate dai materiali, con una mirabile aspirazione alla leggerezza e alla verticalità, in cui colpisce l’essenzialità che, per Ponti, “è un valore che non si può superare”.

 

GIO PONTI

AMARE L’ARCHITETTURA

 

27 NOVEMBRE 2019/13 APRILE 2020

 

a cura di Maristella Casciato, Fulvio Irace con Margherita Guccione, Salvatore Licitra, Francesca Zanella

MAXXI

Museo nazionale delle arti del XXI secolo,
Via Guido Reni 4 A, Roma

 

maxxi.art

 

Cover: Montecatini 1 del 1935 – 38 e Montecatini 2 del 1947 – 51 © Gio Ponti Archives (dettaglio)