L’ENIGMA DE CHIRICO
“Ogni cosa ha due aspetti: uno corrente, quello che vediamo quasi sempre e che vedono gli uomini in generale; l’altro, lo spettrale, che non possono vedere che rari individui in momenti di chiaroveggenza, di astrazione metafisica”. È Giorgio de Chirico a suggerire una dimensione “altra” dell’arte invitando a superare le evidenze oggettive. Una predisposizione quasi magica utile per visitare la retrospettiva a lui dedicata nella sede di Palazzo Reale a Milano curata da Luca Massimo Barbero, promossa e prodotta dal Comune in collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa de Chirico.

Giorgio de Chirico, Le Muse inquietanti (1950 ca). Olio su tela, 97 x 66 cm. Macerata, Fondazione Carima – Museo Palazzo Ricci. © G. de Chirico by SIAE 2019
La mostra, aperta al pubblico dal 25 settembre fino al prossimo 19 gennaio, si snoda attraverso un percorso fatto di confronti e accostamenti utili ad accedere alla complessa visione del Pictor Optimus il cui immaginario ha preso in prestito “l’uso del vero per promuovere il falso” (J. Cocteau, Il mistero laico, 1928).

Giorgio de Chirico, La sala di Apollo (1920). Olio su tela, 70 x 65 cm, Collezione privata. © G. de Chirico by SIAE 2019
Si tratta di una narrazione sinuosa, certamente legata alla vicenda biografica, alla vasta produzione letteraria e ad una profonda riflessione filosofica di un autore che ha contribuito a rivoluzionare la cultura visiva del secolo scorso.

Giorgio de Chirico, Il figliol prodigo (1922). Tempera su tela, 87 x 59 cm. Milano, Museo del Novecento. Mondadori Portfolio / Archivio Mondadori Electa, Luca Carrà – Museo del Novecento. © G. de Chirico by SIAE 2019
Le opere in esposizione, provenienti da importanti musei internazionali e istituzioni culturali italiane, sono oltre 100 suddivise in otto sale dove muse, argonauti, manichini, filosofi, gladiatori, cavalli e mito predispongono il visitatore, come scriveva lo stesso de Chirico nel 1918, a sempre nuove partenze: dalla Grecia dell’infanzia alla Germania della Secessione, dalla Parigi delle avanguardie alle piazze d’Italia e agli interni ferraresi, fino ai successi newyorkesi che collocano l’artista fra i “Pionieri del ventesimo secolo” insieme a Chagall, Duchamp, Kandisky, Klee e Picasso.
L’apprendistato accademico di de Chirico (il culto per Raffaello, Michelangelo, Tiziano, Rubens e Renoir) nonché l’immaginario mitologico tratto dall’esperienza autobiografica, sono evidenti nel “Centauro morente” del 1909 esposto in apertura della mostra milanese accanto ai ritratti della madre nella versione del 1911 (Roma, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea) e in quella del 1919 (Parigi, Centre Pompidou).

Giorgio de Chirico, Ritorno al castello (1969). Olio su tela, 90 x 70 cm. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. © G. de Chirico by SIAE 2019
Centrale in questa sala è il tema delle piazze e delle torri, muta poesia delle architetture dell’invisibile in cui il tempo, immobile e immaginario, introduce un desolante senso di irrequietezza e di enigma. Saranno questi i tratti specifici della sfida Metafisica, approcciati dall’artista fin dagli anni parigini e sviluppati a Ferrara, dove nasceranno grandi capolavori, tra i quali la monumentale “Arianna” del 1913 (New York, Met) e “L’inquiétude de l’amie ou L’astronome” del 1915 (Huston, The Menil Collection).

Giorgio de Chirico, Il pomeriggio soave (1916). Olio su tela, 65,3 x 58,3 cm. Venezia, Collezione Peggy Guggenheim, Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York, foto David Heald. © G. de Chirico by SIAE 2019
La terza sala è dedicata al quadro nel quadro, alla scatola nella scatola, agli incastri ovvero ai giochi di prospettive aperte su finestre finte o sbarrate da accumulazioni di oggetti in primo piano, quegli “inciampi” visivi che fanno di de Chirico il riconosciuto antesignano del Surrealismo: “Le printemps de l’ingénieur”, 1914 (Milano, Pinacoteca di Brera) e “Interno metafisico (con faro)” del 1918 (Torino, Castello di Rivoli) sono espressione di un equilibrio instabile segnato dalla fine dell’esperienza ferrarese dell’artista.

Giorgio de Chirico, Genealogic du rêve (circa 1928). Olio su tela, 72 x 53,5 cm, Collezione privata, Courtesy Galleria Tega, foto Daniele De Lonti. © G. de Chirico by SIAE 2019
La mostra rende quindi omaggio ai temi iconici di de Chirico con le sue nature morte (per meglio dire, vite silenti), il mito, l’autoritratto nei panni di Ulisse e, soprattutto, il manichino. “Il figliol prodigo” del 1922 (Milano, Museo del Novecento) è un inquietante fantoccio metafisico dai rossi e i chiaroscuri rinascimentali. Più tardi assumerà le sembianze di Ettore nell’atto di stringere Andromaca in un abbraccio monco e pertanto negato (“Ettore e Andromaca”, 1924 Roma, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea) per poi divenire essere pensante nei panni dell’archeologo o del filosofo degli anni Venti.
Il percorso narrativo prosegue quindi attraverso stanze dai pavimenti sfuggenti, templi divenuti giocattoli, grandi nudi sovradimensionati e trasfigurati, insieme a pinete che crescono nella camera dell’artista che, proprio attraverso una realtà familiare, conduce ad una dimensione incomprensibile (“Ma chambre dans le midi”, 1927 collezione privata).

Giorgio de Chirico, Tempio greco (1928). Olio su tela, 116,9 x 89,5 cm. Collezione privata, © G. de Chirico by SIAE 2019
E di mistero si può tornare a parlare alludendo al ciclo pittorico dei “Gladiatori”, opera di difficile interpretazione (miti, dei o narcisi?) e forse per questo trascurata dai collezionisti dell’epoca e dalla critica successiva che preferì dedicarsi allo studio di soggetti altrettanto complessi ma meno ambigui come cavalli, marionette, architetture e scenografie. Le tele, commissionate dal mecenate Léonce Rosenberg sembrano anticipare la vena letteraria dell’Ebdòmero, romanzo surreale pubblicato a Parigi nel 1929 in cui Giorgio de Chirico scriveva: “Gladiatori! Questa parola contiene un enigma”.
Ermetica è anche la serie dei “Bagni misteriosi” del 1935 in cui il pittore continua nella sua ricerca di invenzioni e di fantasie a cui aveva comunque fornito una chiave di accesso ad un osservatore attento: “Viviamo in un mondo fantasmico con il quale entriamo gradatamente in dimestichezza”.

Giorgio de Chirico, Autoritratto in costume da torero (1941-42). Olio su tela, 80 x 60 cm, Firenze, Museo Casa Siviero. © G. de Chirico by SIAE 2019
Lo svolgimento della mostra si chiude con una sintesi del lavoro di de Chirico attraverso la ripresa della pittura pastosa degli anni Trenta fino al ripensamento della Metafisica che, nell’idea di replica delle “Muse inquietanti”, Andy Warhol intravede una vera e propria rivoluzione culturale.
de Chirico
25 settembre 2019 – 19 gennaio 2020
a cura di Luca Massimo Barbero
Palazzo Reale
Milano
dechiricomilano.it
palazzorealemilano.it
Cover: Giorgio de Chirico, L’enigma di una giornata (1914). Olio su tela, 83 x 130 cm. Museu de Arte Contemporânea da Universidade de São Paulo, Brazil. © G. de Chirico by SIAE 2019 (dettaglio)