LUDMILLA RADCHENKO, SUSSURRI E GRIDA

Colori in movimento, linee, strappi, sovrapposizioni, gioia e rabbia, antico, moderno e futuribile, semplice e complesso, banale e profondo, schiaffi virtuali, sorrisi e provocazione; urla. L’arte di Ludmilla Radchenko dal 2008 va ben oltre la grande bellezza della sua persona. Nulla è come lo si può immaginare. Le sue 60 opere sono state ospitate nel corso dell’Art Show Don’t Look Up – The Way to The Future, nella casa dello scenografico e austero Ex Saponificio, spazio industriale di Milano: ognuno può aver avuto sensazioni diverse, ma di certo non può non esserne stato colpito. Noia e indifferenza non erano previste.

Ludmilla Radchenko

Un impatto, non solo visivo, forte e importante, tra consumismo, rapporti sociali, moda e design, ma che soprattutto rimanda all’attualità degli ultimissimi anni, tra pandemie e contemporanei conflitti bellici, e che muove vissuti e respiri mentali, a volte contraddittori, mai banali. Occhio e cervello di chi guarda (e scrive) trovano rimandi estetici a Mimmo Rotella, Andy Warhol, Mario Schifano, il primo Enrico Baj, Maurizio Cattelan, Tano Festa fino a spingersi fino a Giosetta Fioroni; ma è Ludmilla Radchenko, è il suo DNA, 60 opere di emozioni condivise, di interazione tra i mille mondi che l’artista siberiana interpreta con la sua Pop Art.

The last dinner of love (140×200)

Un incontro che stimola con decisione la visione e il cammino verso il futuro, utopico o meno, quasi distopico. É un dialogo tra chi guarda, respira e somatizza le sue opere, e l’artista pop e art designer stessa, che lascia libero ognuno di noi di leggere ciò che vuole. Un dialogo che non restituisce risposte perché non c’è nessuna domanda: a ciascuno la sua emozione, senza limiti né vincoli. Fedele e coerente con la sua idea di comunicazione non solo visiva e la sua arte Ludmilla Radchenko porta per mano fino all’esperienza: nulla qui è immobile, neppure tele, disegni e schizzi che si muovono tra colori via via diversi a seconda di quando lo sguardo li incontra.

Fake True (180×130)

Un’esperienza circolare, punteggiata da performance artistiche, futuristiche e allestimenti immersivi, per accompagnare emozionalmente in un viaggio tra arte, light design e dj set, in un’unione coerente e identificativa, che conferma che l’innovazione è una delle caratteristiche fondamentali della ricerca di Ludmilla; nelle sue parole “15 anni fa ho trovato la mia strada. L’arte mi ha fatto crescere a 360 gradi, mi ha resa completa ed indipendente. Ho sempre sognato di poter mettere a nudo le mie opere, per condividere con gli ospiti il mio percorso artistico attraverso un vero e proprio viaggio in cui le mie visioni del mondo avranno spazio per respirare, parlare e vivere il mio momento di libertà”.

Le sue tele, urla per comunicare con il pubblico, e per provocarlo, sono racconti narrativi di sperimentazione attraverso il collage e tutti gli elementi che acquisiscono dei precisi significati. Sono tecnica e comunicazione, la prima come identità artistica che distingue dagli altri, la seconda come contenuto, come e cosa lo spettatore può percepire per un risultato riconoscibile. È concretezza senza filtri, al limite dell’arroganza al femminile perché, nei pensieri di Ludmilla “a volte per avere attenzione bisogna alzare la voce”.