4 CALICI X 4 RISOTTI FIRMATI MAURO BUFFO
Luca Bonacini ed Eros Teboni
Foto risotti di Roberto Carnevali
Vi sono insegne che raccontano un territorio e ne incarnano i valori e le tradizioni, come il XII Apostoli, sempre lì nel cuore di Verona, dal lontano 1921. Una bella storia di famiglia, fatta di lavoro e passione, che si scopre ripercorrendo la vicenda imprenditoriale della celebrata insegna, tanto amata dagli scrittori, che ogni anno ne celebrano i fasti con il prestigioso Premio letterario ‘Dodici Apostoli’. Tutto inizia nel 1919 quando Antonio Gioco che è portiere in un albergo di Verona accarezza un sogno, rilevare l’osteria storica di Vicolo Corticella S. Marco. Vi riuscirà grazie all’aiuto finanziario di Arnoldo Mondadori, che ha gli uffici della casa editrice poco lontano e conosce il suo valore. La taverna veronese del 1750 che ospitava puntualmente dodici mercanti provenienti dalla vicina piazza delle Erbe, diventa il ristorante XII Apostoli, dove poter gustare la tradizionale cucina veronese di Rosella, moglie di Antonio. Nel Dopoguerra toccherà al carismatico figlio Giorgio, continuare sulle orme del padre affermandosi a livello internazionale come ambasciatore della cucina veronese apprezzata da scrittori, attori, musicisti, scultori, pittori, filosofi, imprenditori, statisti e arrivano le prime due stelle Michelin italiane. Una consacrazione alla convivialità e all’alta cucina che continua con Antonio, figlio di Giorgio, che nel ’68, su suggerimento di Orio Vergani, darà vita con Enzo Biagi, Indro Montanelli e i veronesi Giulio Nascimbeni e Cesare Marchi, al Premio letterario 12 Apostoli, un evento annuale con personaggi di chiara fama, che diverrà un appuntamento culturale internazionale. Poi nel 2014 la svolta, con l’ingresso in azienda di Filippo Gioco, 25 anni, laureato in storia e antropologia culturale, figlio di Antonio e Simonetta, che prende le redini della storica insegna e infonde alla cucina un nuovo corso, puntando sulla contemporaneità, insieme allo chef Mauro Buffo e arriva nuovamente la stella Michelin.
Il locale storico è una vera e propria istituzione cittadina guidata dalla stessa dinastia da quattro generazioni, che conserva antiche sale a volte affrescate e nelle cantine suggestive fondamenta romane. Un luogo dove sono passati davvero tutti, Gabriele D’Annunzio, Ernest Hemingway, Ezra Pound, la Callas, i Reali di Svezia, Guareschi, Fellini, Jean Gabin, David Bowie, Barbra Streisand, dove è possibile ammirare un’estesa collezione di libri con dedica e preziose stilografiche conservate in una teca, di proprietà dei numerosi intellettuali che hanno voluto lasciare un ricordo alla famiglia Gioco, premiandone la dedizione alla cultura, dimostrata fin dai primi anni dalla fondazione. Ma non si tratta di un museo è un’insegna dove il passato si fonde con la contemporaneità e si cena divinamente grazie alla tecnica e alla creatività di Mauro Buffo che interpreta la cucina veronese e immancabilmente il riso, rileggendone i dogmi con maestria.
Sono secoli che la ristorazione veronese ha a che fare con il riso e non sono poche le ricette tradizionali che prevedono il prolifico cereale, cucinato nelle più ampie interpretazioni, tanto che ogni anno il riso è protagonista a Isola della Scala (Verona), nella celeberrima “Fiera del Riso”, di cui Antonio Gioco fu tra i fondatori, un evento di notevoli proporzioni che in 26 giorni di festa e 150 espositori, richiama più di 500mila visitatori e in settembre celebrerà la ripartenza e l’antico legame con la città scaligera, dopo la nefasta pausa Covid. Un rapporto antico che riporta alla prima metà del 1500 e all’importate azione di bonifica delle terre paludose intorno a Verona, che favorì le prime coltivazioni di riso, grazie alla presenza di canali di acqua pura originati da risorgive, che creavano le condizioni ideali per le risaie. La varietà tipica è il riso Nano Vialone Veronese Igp, il primo a livello europeo, che nel 1996 riuscì ad ottenere il prestigioso marchio d’Indicazione Geografica Protetta. Un chicco bianco, di dimensioni medie, forma tonda e semilunga, con dente pronunciato e testa tozza, che si caratterizza per l’assorbimento dei condimenti e per la tenuta in cottura, ed è regolamentato da un disciplinare che impone la produzione a soli 24 comuni scaligeri, attraverso procedimenti rimasti di molto simili alle primissime coltivazioni. Lo chef Mauro Buffo originario di Soave, con esperienze in importanti insegne internazionali, tra cui El Bullì, dove ha lavorato per quattro anni con Ferran Adrià, ha realizzato nella cucina del Dodici Apostoli 4 risotti, a cui abbiamo abbinato 4 bottiglie.
4 CALICI X 4 RISOTTI
Riso nano Vialone mantecato alla Zucca e grana della Lessinia, servito con ‘tastasal’ di cinghiale, salsa al Valpolicella cotto, cipolline in agrodolce
Pinot Nero Riserva Fenja Hinz 2019
Due sole riserve in produzione, un Pinot nero e un Pinot bianco, ma tanta qualità, frutto delle riflessioni e delle esperienze dell’enologa Fenja Hinz, originaria della Franconia, la regione tedesca famosa per il vino e per la maggior concentrazione di birrerie al mondo. Classe 1988, nativa di Erlagen in Germania, costruisce il suo percorso formativo con il diploma di viticoltrice e successivamente con gli studi in viticoltura ed enologia alla Geisenheim University. Da sempre è innamorata dell’Alto Adige e nel 2019 fonda la sua cantina a Montana (Bolzano). I terreni calcareo-argillosi di un piccolo vigneto a 600 mt., la vinificazione in acciaio, la macerazione, la pigiatura soffice, e l’imbottigliamento, senza affinare e filtrare, lasciando riposare il vino in bottiglia per un anno, esprimono personalità, eleganza e grande impatto gustativo. Una leggera riduzione al naso, piccoli frutti di bosco, grande acidità, lunghezza, persistenza, si completano di contrasto, con le molteplici sfumature del piatto. Capacità di invecchiamento vent’anni.
Riso nano Vialone all’ Amatriciana di oca, servito con salsa di pomodoro, petto di oca affumicato, ricotta affumicata e puntarelle condite
Sauvignon Blanc Rachtl Tiefenbrunner 2019
Un’altra perla enoica del produttore Tiefenbrunner, precursore nelle produzioni di montagna, capace di ideare vini assoluti oltre i 1000 metri, come il pluridecorato Feldmarschall Von Fenner. Qui è il Sauvignon blanc a colpirci e ad entusiasmarci, grazie a ciò che hanno saputo fare Sabine e Christof Tiefenbrunner, quinta generazione cresciuta all’ombra di Castel Turmhof, una preziosa area vocata alla viticoltura sin dal 1200, posta tra Niclara, Cortaccia e Magrè, dove i terreni calcareo argillosi e il delicato equilibrio geoclimatico favoriscono la nascita di vini straordinari. Un Sauvignon che fa un piccolo passaggio in botte grande ed esprime un’interessante persistenza. Rotondo, pieno, verticale, minerale, si caratterizza per l’acidità e per il florilegio di profumi, dai fiori alla frutta, dal fieno alla frutta esotica e ricorda decisamente i grandi Sauvignon della Loira.
Riso nano Vialone mantecato al Grana della Lessinia e salsa verde. Guarnito con lumache di S.Anna d’Alfaedo stufate al Trebbiano di Soave, crema di sedano rapa, ruta e scalogno
St. Maddalena Pitzner 2017
Un piccolo gioiello enoico prodotto dai fratelli Markus e Thomas Puff responsabili dei vigneti nella tenuta Pitznerhof di Cardano, un maso di armaioli alle porte della Valle Isarco con 700 anni di storia, per lunghi secoli dediti a forgiare armi per il castello di Karneid, prima della riconversione in cantina. Tre ettari di vigneti che si sviluppano su ripidi terreni porfirici e sabbiosi, a 700 metri di altezza, dove vige una rigorosa attenzione alla naturalità. Uvaggio 95% Schiava (Vernatsch) e 5% Lagrein, macerazione, vinificazione in acciaio e invecchiamento in Tonneau francesi. Un sorso tutto frutta e piacevolezza, con un buon gioco tra acidità e tannino, al naso amarena, ribes rosso, mirtillo e note fumè, al palato morbido, suadente, con tannini delicati, sentori di cioccolato e finale lungo. Un vino versatile nel food pairing, con una spiccata predisposizione all’invecchiamento.
Riso nano Vialone mantecato al Grana della Lessinia e Carciofi, astice tiepido, emulsione di bisque ridotta all’olio extravergine d’oliva Leccio e polvere di liquirizia
Gewürztraminer Brenntal Kurtatsch 2019
190 ettari vitati e 190 soci, che si impegnano in una produzione dagli elevati standard di sostenibilità, come non di rado avviene in Alto Adige, dove le cooperative sono tra le più virtuose d’Italia. Una realtà consortile tra le più antiche della regione che esprime un lavoro corale in vigna e cantina nella direzione della qualità. Un’area dove nascono vini bianchi di carattere fortemente identitari, come il Gewürztraminer, che si origina sui terreni argillosi, dal microclima temperato e dalla notevole escursione termica, posti a nord ovest di Cortaccia. Una grande riserva che denota eleganza più che potenza, dove il sorso è intenso, complesso, minerale e si connota per un’ampia trama aromatica, fiori, agrumi, litchi, rose rosse, frutto della passione, che ben si sposano alle note di liquerizia e alla complessità del risotto. Si presta a un invecchiamento pluridecennale.