ANDREA ANTONINI, LA LUCE DEL NEOECLETTISMO
Il nuovo corso stilistico ideato dall’executive chef Andrea Antonini intercetta emblematici assoluti di stagione, elevandoli alla rivelazione attraverso la polifonia di contrasti ed assonanze aromatiche. Supera l’eclettismo, traspare oggi una libertà compositiva ispirata all’introspezione degli ingredienti, costellata di genialità associativa, valorizzando l’edizione del Nuovo Gusto Italiano.
Inedite armonie, nuove dimensioni, concetti spaziali che delineano un menù che sarebbe amabile e godibile anche degustato dal verso opposto, avendo ideato un oltremare e oltre assoluto degli ingredienti, attraverso architetture narrative che assimilano nella stagione corrente, toni fruttati, profondità balsamiche, acuti speziati e agrumati, legandoli all’umami dei legumi freschi, coniugando toni vellutati ad iridescenti clorofille salmastre, stagionature da meditazione dei formaggi a rimandi di Armagnac, tessiture e strutture che definiscono il Neoeclettismo fine dining.

Acetosella, fragoline e mandorle
Il nuovo menù edito dal laboratorio creativo, è l’undicesimo atto di Andrea Antonini, anche nella mise en place, la sala apre gli orizzonti a citazioni, dipingendo anche con le nuances delle murrine e delle porcellane, un’allusione a ecosistemi ed esperienze estive, nella metrica perpetua della raffinatezza. Le connessioni tra design del gusto, valenza artistica – tratteggiata dalla tecnica magistrale – e innata attitudine all’eleganza, trovano nell’ironia audacia ed allure, celebrano gli ingredienti di ricerca, rendono protagonisti di valenza esperienziale.

Piselli e caviale
Il nuovo menù degustazione, a cui si affianca il percorso dei Classici, si apre con l’espressività degli emblemi della tarda primavera, acetosella, fragoline e perlage di granita di mandorla, ouverture di soave grazia, nitida nelle cremosità variegate. Piselli e Caviale spiralizzati nelle molteplicità delle texture, livelli espressivi che si sommano, nel dualismo delle intensità dei due titani del gusto, tra spessore iodico e croccantezze verdi. Cetriolo di mare in salsa verde pil pil come manifesto della quintessenza dei mariscos, nell’intorno della voluttuosa salsa ottenuta dalle pelli dei molluschi, che riporta ai cocktail anni Ottanta, abbinato ad un Viognier di Linguadoca, in blend a cultivar rare, che ne esaltano la screziata aromaticità.

Cetriolo di mare in salsa verde
Riconoscersi “a pelle”, percepire affinità tra la croccante lamina e le salse al fieno che ispessiscono la tartare d’agnello delle Dolomiti Lucane. Un assaggio che dipinge il microcosmo dei prati e le ombre fumé sussurrate, un rimando alle grigliate augurali. Come fosse un “miele” dai sentori di anice e liquirizia, il compendio al burro salato per il pane, è più di un esercizio di stile, è l’approccio prospettico al pane di recupero, ridotto ad un elisir balsamico.

Raviolo, lievito, patate e cipolle
I primi piatti sono edizioni inedite dell’antologia del Parmigiano e delle sfoglie ripiene: il raviolo al lievito, patate e cipolle della semplicità enunciata ha solo le tenui cromìe, è l’allegoria che lega i cinque continenti attorno a patate e cipolle, trovando nell’inaspettata nota agrodolce il cosmopolitismo. I ditalini burro e Parmigiano centoventi mesi, cedro e polline accarezzano le golosità maltate, hanno l’eco dei distillati barricati e la dolcezza aromatica screziata dal reset filologico esperidato.

Agnello, latte di pecora e fieno
Spigola d’amo nell’evocazione molecolare della porchetta, la cotenna micronizzata, aromatizzata al finocchietto, si fa perlescente craquelin per i filetti di pesce, sottolineando anche in questa stagione le sinestesie tra carne e pescato. Manzo, il menù cita semplicemente manzo, ma l’assaggio rivela la valenza dell’affinamento e delle selezioni delle carni italianissime, anche se simili al Kobe nipponico. Albicocche, con la punteggiatura della senape, a definire nel dressage un viaggio memorabile tra Asia e Mediterraneo. L’anguria, nella monumentale espressione di un dessert che ha l’anima di mandorla, olive di Taggia e foglia di cappero, riporta l’attenzione sull’utilizzo della frutta fresca nei menù fine dining, atto rivoluzionario di rifondazione del gusto e lungimirante scelta nutraceutica.
Senza confini, senza dogmi, il nuovo menù Project II del ristorante Imàgo all’Hassler dona la gioia totalizzante dell’estate, tra parallelismi enologici internazionali e juice pairing che amplificano ogni sfumatura sensoriale. L’head sommelier Alessio Bricoli ha rivoluzionato le convenzioni, regala respiro con gli Chardonnay dell’Oregon e istoria amabilità coi rosati di Nebbiolo e i muffati, arrivando non di rado alle note eclettiche della miscelazione, arricchendo la drink list di memorie espressive.

Anguria, mandorle e olive
Imàgo è il laboratorio di ricerca del gusto, dove il fine dining trova respiro e inedita leggibilità nella visione dell’executive chef Andrea Antonini, dettando le tendenze dall’empireo di Roma. Marco Amato negli anni, ha saputo dare luce ad un servizio di sala di leggiadra professionalità, atta ad esaudire con estrema grazia ogni desiderio. Essere oggi restaurant manager significa anche far germogliare nell’anima dei Collaboratori la cultura dell’ospitalità italiana, che all’ultimo piano dell’hotel Hassler, affascina più ancora del più bel panorama del mondo.
HOTELHASSLERROMA.COM
Photo credits: Rossana Brancato