Il caffè, un successo “mondiale”

È bevuto in tutto il mondo, ma in Italia è un vero è proprio rito. Stiamo parlando, ovviamente, del caffè.

Dopo la recente notizia secondo la quale il consumo di tre tazzine al giorno comporterebbe dei benefici per la nostra salute,  riscopriamo la storia che ha portato il caffè sulle nostre tavole.

 

Come il vino d’Arabia è diventato un rito occidentale 

Per quanto il caffè possa essere caro a noi italiani, dobbiamo il suo arrivo agli Arabi e ai Turchi. Noto anche come il vino d’Arabia, si diffuse in Medio Oriente come sostituto del vino, proibito dalla religione islamica. Fu poi l’espansione dell’Impero Ottomano a portare questa bevanda in Europa: gli studiosi hanno ancorato l’ingresso ufficiale del caffè alla seconda metà del Seicento. In occasione della sconfitta dei Turchi che assediavano Vienna, i soldati in ritirata lasciarono sacchi di caffè: erano sconosciuti ai più, ma non al polacco Kolschitzky, che aveva vissuto in Turchia e fu l’artefice della diffusione del caffè in Austria. In Italia, il caffè fece la sua compara a Venezia alla fine del 1500, portato dal noto medico e botanico padovano Prospero Alpino. Come altre specialità provenienti da Oriente, inizialmente il costo rese il caffè una bevanda consumata dai ceti abbienti. Nel tempo, da bene di lusso divenne accessibile alla popolazione, tanto che nel ‘700 la Serenissima vantava 218 caffetterie e l’invito a prendere un caffè era diventato emblematico di affetto. A lungo bollato come bevanda del diavolo dalla Chiesa, l’approvazione di Papa Clemente VIII ne determinò ulteriore diffusione in tutto il mondo e il caffè divenne talmente apprezzato dai letterati del Settecento da guadagnarsi l’etichetta di “bevanda intellettuale”.

 

Dalla Moka alle cialde: una storia tutta italiana

Sinonimo di caffè di casa, la Moka nasce come evoluzione funzionale tutta made in Italy della caffettiera napoletana, perfezionamento dell’invenzione francese di Morize. Una macinatura dei chicchi di caffè più grossolana e tempi di bollitura inferiori furono i pro della Moka, che giunse nelle cucine degli italiani negli anni ’30 del Novecento grazie all’imprenditore Alfredo Bialetti. Sebbene resti un’icona, un’altra evoluzione funzionale ha decretato negli ultimi anni la supremazia di un nuovo modo di preparare il caffè: dalla Moka si è passati alla macchina da caffè in cialde. Nate per portare l’aroma del caffè negli ambienti di lavoro, hanno determinato un nuovo modo di vivere il rito del caffè anche a casa. La comodità di preparazione, la bontà dell’espresso e i materiali compostabili di cui si compongono sono alcuni dei fattori ad aver decretato il successo delle cialde di caffè; a testimonianza del quale si può citare l’aumento degli shop online che vendono il caffè in cialde dei più noti brand del settore. Come per la Moka l’invenzione è nostrana: fu l’italianissima Illy a creare le prime monoporzioni di caffè, era il 1974 e i destinatari erano i bar. Negli anni Ottanta, sempre in Italia, Nespresso produceva la prima macchina da caffè in cialde destinata al grande pubblico. Da allora si sono susseguiti numerosi modelli e aggiunte varianti aromatiche delle cialde, ma il caffè monodose sotto forma di cialde e, ultimamente, di capsule pronte all’uso è ormai diventato il nuovo rito casalingo per degustare un buon caffè.