“CUCINARE IN BARCA” CON GIANFRANCO PASCUCCI
La carta d’identità di Gianfranco Pascucci riporta Cuoco di Mare come “segno particolare”. Uno chef che diventa interprete rispettoso e al tempo stesso creativo dell’universo territoriale che lo circonda, fatto di mare nella sua accezione più ampia, dalla terra della macchia intrisa di sale fino al profondo delle acque. Pascucci al Porticciolo di Fiumicino è il suo regno, luogo in cui esprime l’estro e la passione per una materia che diventa creta tra le sue mani, capaci di trasformarla in mille forme senza mai andarne a toccare l’essenza più pura. Come non immaginarlo capitano di una barca, sia essa una piccola imbarcazione o un’enorme vela, intento non a cazzare la randa ma a marinare una seppia o a bollire un polpo, immerso nell’elemento a lui più affine. I suoi racconti di isole e luoghi scoperti dal mare su un catamarano, con solo il vento a fare rumore, sono poesie di gusto e di appartenenza, di libertà e ascolto, di un palato pronto ad essere inondato dallo iodio e dal salmastro dell’aria e dell’acqua. Seguirlo in questo viaggio straordinario è un privilegio.
TRA FUOCHI E CAMBUSA, LA MAGIA DELLA CUCINA IN BARCA
Un mare calmo e silenzioso, oppure inasprito dalle onde, blu intenso o celeste. Una barca che lo attraversa. Il cielo, il vento e quello sciabordio che diventa la melodia più bella al mondo. In questo navigare, alla scoperta di realtà sempre nuove, chef Pascucci non vuole certo rinunciare alla sua più grande passione, la cucina, rendendola parte viva dell’esperienza. La barca è intesa come viaggio nel suo immaginario, strumento che offre la possibilità di conoscere luoghi affascinanti anche da un punto di vista gastronomico, scrigno di prodotti peculiari del territorio. Salina, Capri, Ischia, Ponza, Ventotene: solo alcune delle isole che Pascucci ha raggiunto, conoscendo in ognuna di esse un artigiano, il proprietario di una piccola vigna o di un modesto orto, un produttore di formaggi. E i pescatori, che sono l’anima di queste perle avvolte dal mare. Partire dunque dalla cambusa è la cosa più importante in queste esplorazioni, riempirla di territorio. Scendere dalla barca e fare la spesa, al mercato, nelle piccole botteghe, al porto. Una stiva ben fornita è la base per poter cucinare su un’imbarcazione, che solitamente ha spazi ridotti da dedicare alla realizzazione delle ricette. Qualche fuoco, un lavandino e organizzazione, pulizia e idee chiare.
Portarsi in cambusa il territorio è il valore più grande che accompagna la navigazione. Prodotti semi lavorati o lavorati, le bottarghe, i formaggi, l’olio. Lo spazio in frigorifero è poco, questo diventa materiale prezioso e funzionale. Tutto attraverso una rete di piccoli produttori e artigiani che animano le coste e vivono di terra e mare. E poi naturalmente il fresco che si acquista al mercato. Il pesce, elemento principe. Gli ortaggi, l’origano, le erbe aromatiche, il timo, il finocchio marino, i capperi. Una cambusa straordinaria, che cambia di isola in isola, di posto in posto e che porta con sé l’unicità di ogni angolo d’Italia. Ed è poesia, quando si consuma un ingrediente in rada, ha un sapore particolare, riporta ai profumi del luogo, ne svela i segreti. Il pesce sa più di pesce, mangiato su una barca con i piedi nell’acqua. È come respirarlo nel suo habitat naturale, con una percezione di iodio più accentuata., quasi ad avere il mare in bocca.
Il contatto con i pescatori è fondamentale, al porto così come in mare. Fare la spesa ai banchi del pesce, parlare con chi torna dalla pesca, attardarsi a bere un caffè per capire quando rientrano le barche, che bottino portano. Discutere di reti, di nasse. Respirare a pieni polmoni la vita di quelle persone che ogni giorno solcano le acque, sapendo che ci sono giornate migliori e peggiori, ma che nulla si può fare di fronte ai ritmi della natura e ai cicli del mare. Si compra il pesce, freschissimo, a terra o al largo a volte, per poi pulirlo direttamente in acqua di mare, dalla barca. Il sogno di ogni cuoco di mare, dice Pascucci. Un contatto potente e assoluto.
La cucina del mare segue i ritmi della natura, e deve anche confrontarsi con il possibile maltempo. Ecco perché la stiva è un elemento essenziale, per aiutare a realizzare un piatto gustoso in qualsiasi circostanza, anche quando l’uso della fiamma non è consigliato. “In Italia siamo felici con pane e olio”. La frase di Gianfranco che con estrema semplicità vuole raccontare la grandezza del patrimonio gastronomico del nostro paese. Pane, olio, aglio, pomodoro, origano, bottarga. E le conserve, i barattoli ripieni di leccornie che si trovano nelle botteghe o preparati dalle mogli dei pescatori con cui si parla al porto. Prodotti naturali e straordinari, che raccontano un tessuto sociale fatto di tramandi e tradizioni, visibili in gesti quotidiani passati di generazione in generazione.
SEMPLICITA’, VALORE AL CENTRO DI UNA CUCINA IN MARE
La bellezza della navigazione è quella di condurre a ritmi lenti, al gusto delle piccole cose, all’essenzialità. Anche la cucina segue questi dogmi e vede nella semplicità l’elemento chiave. Un buon pane casareccio, magari scaldato, un pezzo di formaggio, olio locale, pomodoro. Il pesce. Una tavola minimale apparecchiata in poppa, una bottiglia di vino, musica di sottofondo e il mare intorno. Il momento perfetto. E la condivisione del cibo come parte vibrante dell’esperienza, tra racconti e chiacchiere a cielo aperto. Parlando di ricette, per chef Pascucci è importante che siano semplici e veloci. Valorizza la pasta, specie quella corta, condita con gustosi sughetti di pesce e cotta in metà acqua normale e metà acqua salata.
Il pesce crudo, fresco, lavorato pochissimo. In barca non c’è la necessità di fare ricette complesse e lunghe, importante è che siano ispirate al territorio che si sta attraversando e che portino sapori e odori marini. La materia prima è la protagonista assoluta. L’uso sapiente delle erbe aromatiche, dei pomodori, del vegetale, dell’olio e del pesce: ecco la cucina tipica italiana di mare. Se si ha a disposizione un piccolo forno, può essere utilizzato per cuocere qualche pesce a verdure, mentre ai fuochi ci si dedica ad altro. Ampio spazio al crudo, alle cotture veloci, che permettono una gestione pratica della cucina. Durante le sue traversate ha anche utilizzato delle piastre di sale, realizzate da lui, come base per appoggiare crostacei freschi, da portare in tavola in maniera divertente e gustosa. O le pietre laviche, sull’isola di Vulcano, servite come mezzo per ripassare un polpo bollito. Il territorio si palesa anche negli strumenti utilizzati nella realizzazione del piatto, come se tutto concorresse a parlare la lingua autoctona di ogni singolo posto. Stando in barca, si ha voglia di mangiare il mare e nessuno meglio di Gianfranco Pascucci potrebbe interpretare e soddisfare questo desiderio. Ecco due delle sue ricette realizzate in barca.
I PIATTI DI GIANFRANCO PASCUCCI
Misticanza di orti isolani, finocchio marino, palamita scottata, colatura di alici, emulsione di mandorle e capperi. Un piatto fresco, perfetto per la preparazione in barca. Le insalatine raccolte negli orti isolani, dal lieve sentore marino e il finocchietto, accompagnano dei bocconcini di palamita passati nel pane raffermo grattugiato. Basta una veloce scottata in padella per preservarne il cuore rosa e poi l’incontro con la misticanza, insaporita con un filo di colatura di alici e condita con un’emulsione di mandorle e capperi. Un dialogo continuo tra ingredienti di terra e di mare, che anche in questo piatto semplice, porta l’inconfondibile firma dello chef.

Misticanza di orti isolani, finocchio marino, palamita scottata, colatura di alici, emulsione di mandorle e capperi
Seppia marinata con arachidi, limone, arance e finocchietto selvatico. A Salina chef Pascucci ha realizzato una rivisitazione più rapida di un piatto amatissimo al Porticciolo. Seppie freschissime e ingredienti mediterranei a regalare profumo. La carne della seppia viene marinata in sale e zucchero, con aggiunta di finocchietto delle Eolie, per circa 15 minuti. La marinatura rende la carne ancora più croccante. Si prepara a parte una citronette, con succo di limone, olio, zenzero (leggermente profumato, piccantino), pepe, zest del limone e una punta di miele. La seppia viene poi sciacquata e asciugata, affettata come fosse un lardo, sottilissima, condita con zest di arancia, qualche arachide salata per la croccantezza e a finire con la citronette. Un piatto che profuma di mediterraneo.
Gianfranco Pascucci porta sempre il territorio nella sua cucina di Fiumicino, quale protagonista indiscusso della sua filosofia gastronomica. Questa volta ha portato la sua cucina nel territorio, direttamente in barca. Una virtuosa incursione, a dimostrazione di come l’universo mare sia scritto nel suo DNA e di come lui riesca ad interpretarne con grande sensibilità e passione ogni sfumatura, anche la più nascosta. Un vero “cantore” del mare, come avrebbero detto in altri tempi.
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