DEGUST, FORMAGGI (E VINO) ALL’OMBRA DELLE DOLOMITI
Al British Museum di Londra, si può ammirare ‘Il Fregio della latteria’, bassorilievo sumero del III° millennio avanti Cristo, nel quale alcuni sacerdoti sono assorti nella lavorazione del formaggio, come era tradizione nell’antichità. Un oggetto dal valore inestimabile che mette d’accordo gli storici su dove si sia originato il primo prodotto caseario al mondo: le provincie fertili che lambiscono il Tigri e l’Eufrate, in Mesopotamia. Tuttavia, si tratta di una specialità artigianale a base di latte che anche in Italia ha radici profonde e rappresenta un alimento tutt’altro che marginale, tanto che quasi ogni località italiana ha uno o più caci tradizionali, con profumi e sapori agli antipodi uno dall’altro. Un universo caseario che racconta di territori impervi, tratturi in quota innevati per buona parte dell’anno, radure verdi e inaccessibili, prati di fieno croccante a ridosso di coste a picco sul mare, dove ovini, caprini e mucche di molteplici razze, possono pascolare liberi e a seconda dell’acqua e dell’erba di cui si nutrono trasferire al latte e al formaggio peculiarità diversissime uno dall’altro. Una golosa schiera di caci, si stima che siano circa seicento le diverse varietà, ognuno con una sua storia, che riporta a leggendarie vicende e a storie di sussistenza, protagonisti monaci di antiche abazie, cavalieri erranti, pastori solitari dediti alla transumanza, per arricchire indistintamente le tavole nobili ed essere sostentamento per i meno abbienti.
Piccole produzioni di minuscoli artigiani che arrivano a noi grazie al lavoro dell’affinatore, un professionista, che acquista il formaggio fresco e sceglie gli ambienti più idonei dove stagionarlo (una cantina, una grotta, una malga), aggiungendo erbe, spezie, vino, cioccolato, trasferendo al cacio una personalissima impronta, che arriverà in tavola quando questo sarà finalmente pronto. Una professione che richiede fiuto, talento e tanta passione, a cui Hansi Baumgarten si è dedicato dai primi anni Novanta, quando ha lasciato il ristorante di famiglia e ha riposto in un cassetto la stella Michelin che aveva faticosamente conquistato. E oggi possiede un’avviata azienda di selezione e affinatura formaggi chiamata ‘Degust’: l’abbiamo incontrato per chiedergli come si è originata questa attività cosi atipica. “Tutto è nato dalla ristorazione quando ancora gestivo il ristorante stellato Pichler a Rio di Pusteria, un locale che avevo aperto nell’80 insieme ai miei fratelli che tutt’ora proseguono con il ristorante stellato Schöneck. In quegli anni, lavorando al locale mi accorsi che non c’era una vera e propria cultura sui formaggi e quasi nessuno poteva ritenersi esperto, mentre a me incuriosivano molto. Iniziai a fare ricerca esplorando l’Alto Adige, l’Italia, ma anche l’estero, mi appassionai a valorizzare i formaggi più ameni e sconosciuti, l’artigianalità delle piccole produzioni vaccine, di capra, d’alpeggio, dedicando un esteso carrello a particolari selezioni casearie da proporre ai clienti, percorsi che prima di tutto entusiasmavano me, ma che poi condividevo con gli ospiti raccontando loro la provenienza, le caratteristiche organolettiche, le storie appassionanti che si celavano dietro ad ogni produttore e ad ogni formaggio”.

Marlies, Hansi e Edith Baumgartner
Malgrado l’Alto Adige sia una provincia di montagna con una notevole produzione di latte e di formaggio e un’antichissima tradizione casearia, in quegli anni non si sapeva molto sull’argomento e Hansi inizia a dedicare più tempo a selezionare i produttori, andando a trovarli, conoscendoli di persona e assaggiando tantissimo, mentre forma il suo palato, aumenta la conoscenza e si accorge che i formaggi grazie alla stagionatura, possono migliorare notevolmente con il passare del tempo. Nel 1994 inizia a commercializzare formaggi, ma non prima di averli fatti stagionare e affinare, in modo che abbiano un particolare timbro che li renda ancor più unici e nel 2002 conclude la sua esperienza al ristorante. È un passaparola, appena viene a conoscenza che c’è qualcuno che alleva capre va a conoscerlo e lo guarda negli occhi, cercando di capire se si può fare un pezzo di strada insieme, cerca di motivarlo perché inizi una produzione sul maso con latte crudo, cimentandosi nella stagionatura e nella sperimentazione provando nuove vie. E ora sono diversi i produttori che perseguono questa filosofia e lavorano sulla qualità e sull’identità territoriale. “Il mio primo fornitore di formaggio di capra è di Braies” ci racconta Hansi “e quando abbiamo iniziato aveva solo le vacche. Poi trent’anni fa, andando contro tutti, ha comprato alcune capre che fa pascolare a oltre mille metri, nutrendole con particolari erbe aromatiche e riuscì a proporre produzioni di altissima qualità diventando uno dei primissimi produttori di formaggio caprino. È affascinante il lavoro dei produttori in alpeggio, una tradizione ancestrale che si ripete da secoli, sono luoghi dove c’è un particolare benessere animale e si trovano botaniche uniche. Spesso si tratta di associazioni tra contadini con un responsabile dell’alpeggio che cambia ogni anno, deve organizzare il casaro, il pastore, i contadini che sono una quarantina e portano su le vacche, verifica se le strutture sono a posto o sono da ristrutturare. Poi a fine agosto tocca a noi andare a ritirare i formaggi, occorre trattare, assaggiare il formaggio, si misura quanto latte il singolo produttore produce con i suoi animali, perché possano ricevere una certa quantità di formaggio, che possono decidere di tenere o vendere. A questo punto è il momento della stagionatura in un bunker di Rio Pusteria che risale alla Seconda guerra mondiale e abbiamo ristrutturato. In Alto Adige lavoriamo con una trentina di produttori. Tra i più interessanti ne ricordo sicuramente uno in Val D’Ega a 1400 metri con cui lavoriamo da una quindicina d’anni che alleva mucche di razza Grigia Alpina, dove i genitori seguono gli animali, la stalla, il nutrimento e la mungitura per poi vendere il latte al figlio che gestisce la parte casearia. Poi c’è una signora di origini austriche del Tirolo del Nord, che si è stabilita in Valle Aurina zona tipica di produzione del Graukäse e insieme al suo compagno in un maso alleva razze Simmenthal pezzata rossa con cui produce il formaggio grigio, una specialità locale che si distingue per due varietà, quella con maturazione accelerata che è più gelatinosa e vetrosa, e quella lenta che al palato è più granulosa e di colore chiaro”.
Hansi Baumgartner, oltre alla commercializzazione nella sua attività ha molto a cuore anche la cultura del prodotto e per questo motivo nel corso dell’anno tiene corsi e degustazioni di formaggio per appassionati anche on-line. Ma la sua cifra stilistica è il rigore con cui sceglie i propri fornitori di formaggio che devono avere elevati standard qualitativi ed etici: “l’alimentazione degli animali è al primo posto ed è concepita in modo tradizionale, assolutamente non intensiva, sono piccole stalle e produzioni minime che prevedono sempre l’utilizzo di tre tagli di fieno che corrispondono alle tre stagioni in cui è reperibile. Quello dei formaggi è un mondo, dal latte si origina un’estesissima varietà di prodotti tutti diversi per consistenza, concentrazione, sapore, profumo, dove naturalità e tradizione devono essere al primo posto. Ogni formaggio ha caratteristiche ben precise e si ottiene grazie a particolari tecniche di produzione. Una volta prodotti non vanno solamente conservati, devono essere seguiti, sono molto esigenti, hanno bisogno della giusta umidità, temperatura e circolazione d’aria, ogni formaggio richiede tanta manualità, devono essere coccolati, hanno bisogno di attenzione, ma questo è anche molto bello”.
Alla Degust c’è un assortimento di oltre duecento formaggi di cui il 70% viene affinato da Hansi con il suo staff, affidandosi a tecniche che vengono dalla tradizione ma non solo, si usano erbe aromatiche, spezie, carbone vegetale, fieno, paglia, cera d’api, fiori, vinacce, distillati, foglie (vite, ciliegio, castagno, fico, noce), raccolti a mano nell’orto accanto all’azienda o nei dintorni, oppure arrivano dalla collaborazione con l’Orto botanico, ci sono lavorazioni che hanno una certa complessità, le foglie ad esempio richiedono la pulizia, il lavaggio, la marinatura con il distillato. Tra le eccellenze del territorio altoatesino anche il celebre Graukäse, un cacio storico tipico, prodotto in alpeggio con produzione e trasformazione esclusivamente estiva. “Il nostro impegno quotidiano va nella direzione della biodiversità, della naturalità dei prodotti e del benessere animale, un tema che ci sta molto a cuore, dedichiamo particolare attenzione alla produzione di formaggi a latte crudo, una lavorazione che rispecchia molto di più il territorio, rivela caratteristiche inaspettate mentre evolve durante la maturazione, può arrivare fino a cinque anni ed è decisamente identitaria. Anche la mia famiglia è coinvolta nell’attività, mia moglie Edith fin dall’inizio e in seguito mia figlia Marlies, che dopo aver studiato Arte a Firenze, si è preparata diventando assaggiatrice di formaggi e ora collabora con me curando la Comunicazione”.
Dall’estesa varietà di formaggi firmati Hansi Baumgartner, ne abbiamo selezionati sette di particolare pregio, che hanno peculiarità uniche, a cui ho abbinato sette vini, per uno spuntino o una portata davvero fuori dal comune.
DEGUSTAZIONE
GrauMoar speckig Graukas
Tipicità e territorio in questo formaggio grigio a pasta acida della Valle Aurina. La sua composizione magra ottenuta dalla coagulazione acida del latte senza aggiungere caglio, a dispetto del suo aspetto untuoso e senza crosta, lo rende ideale per i ripieni della tradizione altoatesina, come kasnocken e krapfen salati. Con il latte di sole 8 mucche che pascolano nei prati adiacenti alla cascina a 1300 metri di quota si ottiene questo formaggio grigio di eccezionale qualità. Al naso animale e vegetale, in bocca gelatinoso, friabile, rustico, acido, amarognolo, con note di stalla, cuoio e cera d’api.
Un formaggio locale sud tirolese che abbino volentieri al Gewurztraminer Pfitscher riserva Rutter, che si origina nella zona di Egna, un vino di grande armonia e persistenza, nato dalla passione della famiglia Pfitscher da un secolo e mezzo impegnata nella coltivazione vitivinicola della Bassa Atesina. Si caratterizza per note tropicali e una spalla acida più importante rispetto al classico è molto morbido e gioca una bella partita con il Graukas, restituendo un contrasto piacevole attenuando la spinta speziata del formaggio, che grazie al corpo sontuoso del Gewurztraminer rende il morso più cremoso e soffice. L’invecchiamento che si protrae fino ai 12 anni e oltre, lo rende uno dei Gewurztraminer più interessanti.
pfitscher.it
CaRuBlú
Un erborinato vaccino, di provenienza austriaca, che viene stagionato nelle fave di cacao e nel rum. Deliziose formaggette di 300 grammi affinate al rum e cioccolato, da abbinare armoniosamente alla selvaggina, ideale come dessert da meditazione. Al naso vegetale, tostato, animale, al palato burroso, solubile, di sapore dolce con note piccanti e aromi intensi di funghi secchi, cioccolato, cuoio.
L’abbinamento va su una Naturale Nurah Malvasia di Pantelleria Cantine Colosi, 10 ettari di vigneto, con un microclima fatto di vento, luce, temperature costanti e suoli vulcanici, da quarant’anni coltivati dalla famiglia Colosi, su terrazzamenti a picco sul mare. Una produzione che si concentra su vini esclusivamente autoctoni. Il fondatore Pietro Colosi Senior, negli anni ’70, lavorò al fianco di Carlo Hauner, consolidando un rapporto di stima che lo portò anche a dirigere la famosa cantina. L’assaggio prende il formaggio di petto e offre un divertente gioco tra sapidità e dolcezza, che contribuisce a far emergere la parte speziata del vino, in contrasto con le note ricorrenti di albicocca matura e albicocca disidratata.
cantinecolosi.it
Formaggio d’alpeggio
Un vaccino della Valvenosta, pasta dura e semidura, stagionato in un bunker della Seconda guerra mondiale per 12 mesi. Un formaggio che acquista particolari caratteristiche organolettiche di intensità e pungenza, grazie al periodo trascorso dagli animali in alpeggio oltre i 2000 metri, tra metà giugno e metà settembre, che consente di sfruttare i pascoli migliori e produrre latte e formaggi di notevole concentrazione. Un crosta lavata marrone-nocciola, in forme di 4 kg, pasta giallo intenso compatta, dal gusto sapido, leggermente amarognolo, con note di frutta matura, nocciole ed erbe alpine fresche ed essiccate.
La scelta cade sulla straordinaria Barbera La Court di Michele Chiarlo, importante, tra le più significative, frutto dell’operosità e del carisma del celebre vignaiolo, guida autorevole della storica cantina monferrina. 20 ettari vitati, distribuiti su due colline dai suoli argilloso-calcarei, ricchi di limo e sabbia, che esprimono l’essenza di questo vino antico. Intensità eleganza, corpo, ma anche freschezza e finale persistente. Stagionatura e grassezza del formaggio ci portano a giocare d’affinità con il tannino che ben si combina alla parte saporita/grassa del formaggio, mentre l’acidità sostiene la combinazione e arriva esplosiva la frutta del Barbera e un finale salato.
michelechiarlo.it
Silentum
Una capra pasta molle, prodotta a Vallelunga in Alto Adige, stagionata 50 giorni nelle foglie di fico, che grazie al particolare affinamento rilascia note vegetali e aromi unici oltre a proteggere le formaggette di 400 gr. in un packaging naturale che le preserva fino al loro consumo. Al naso note fruttate, vegetali, animali, con texture morbida-burrosa e gusto dolce-salato leggermente acidulo, a cui si aggiungono note lattiche, di cocco e foglia di fico.
In abbinamento scelgo il Dolfo Spirito Brut Natura 2014, un vino che si origina a Ceglo, in prossimità del confine sloveno-italiano, dove vive e lavora Marko Skočaj. 14 ettari di vigneti, fra le Alpi Giulie occidentali e il Golfo di Trieste, sui tipici terreni della ponca slovena, ricca di strati sedimentari, minerali e sali. Un brut di grande piacevolezza, che si ottiene da un uvaggio di Chardonnay e Pinot Noir vendemmiato a mano, sottoposto a pigiatura veloce, fermentazione a temperatura controllata con aggiunta di lieviti indigeni. La croccantezza del formaggio e l’acidità rilevante, ne fanno un perfetto apetizer da sposare a un brut elegante e di carattere come il Dolfo Spirito, che gioca di affinità, ben integrandosi alla parte leggermente pungente del cacio, ‘bevi tanto e mangi tanto’.
dolfo.eu
Noagnlailich
Una capra a pasta dura stagionata sei mesi, di provenienza veneta, lavorata con caglio vegetale, poi affinata con fieno, erbe, fiori, per poi riporla all’interno di barrique, un’usanza quella del fieno che in origine si impiegava per proteggere le forme durante il trasporto. Dopo il passaggio in legno le piccole forme da 500 gr. e un kg. saranno avvolte nuovamente nel fieno e infine confezionate in un morbido telo di lino. Al naso sprigiona interessanti note vegetali e animali, al palato il morso è compatto e friabile, con gusto delicato, dolce-salato e note erbacee, caprino, cannella, noce moscata.
La Schiava Mirum Kandlerhof è ideale con questo cacio. Un’interessante interpretazione della Schiava che esprime la tradizionale morbidezza e sensualità di questo vino che nasce nella zona di Santa Magdalena e troppo spesso non viene valorizzato come dovrebbe. Bevuto insieme a questo formaggio, lo sposa magnificamente, risultando avvolgente e conferendo al sorso rotondità e speziatura, valorizzando tutta la parte di frutti di bosco che ritroviamo nella Schiava e una notevole piacevolezza di beva.
kandlerhof.eu
AlpLagrein
Un cacio sopraffino che si origina dal latte di mucche al pascolo in alpeggio tra Alto Adige e Austria. Forme di 2,5 kg. che stagionano fino a quindici mesi affinando nel vino e nelle vinacce di Lagrein rilasciando alla texture una consistenza elastica e friabile. Una tecnica quella dell’ubriacatura che sembra sia stata scoperta durante il primo conflitto mondiale per nascondere le forme sotto le vinacce e proteggerle dalle razzie dei soldati austriaci. Al naso vegetale, fruttato, tostato, con gusto sapido, intenso, dalla lieve sensazione alcolica, con note di erbe aromatiche, noce, vino, cioccolato.
Un formaggio dalle note vinose, che abbinerò al Merlot MR17 di Pitzner, un rosso di notevole intensità, che si origina su terreni collinari profondi, sabbiosi e ben ventilati, grazie a vigne di trent’anni. Al naso esprime profumi di frutti di bosco, sentori di vaniglia, tabacco, cuoio, caffè, mentre in bocca è tannico, complesso, ma anche morbido, elegante, persistente. Rotondità e piacevolezza sono evidenti fin dal primo sorso e accentuano e valorizzano la sapidità del formaggio e il mix di speziato, salato, dolce, caratterizzando una beva piacevole e stuzzicante.
pitzner.it
Latemar Gigant
Un formaggio a pasta dura di montagna, stagionatura minima 12 mesi, ottenuto con latte di vacche di razza grigia alpina e un telo che avvolge la cagliata, piegato e cambiato ripetutamente. Forme del peso di 35 kg. dalla crosta arancione e pasta giallo paglierino, di un piccolo produttore della Val D’Ega, dal profumo lattico e vegetale, dal morso friabile, scioglievole, con gusto armonico, elegante, dolce, salato, finale pungente e note di burro, nocciole, frutta matura e noci.
Le caratteristiche organolettiche di questo formaggio d’altitudine mi portano verso una bollicina prettamente emiliana, il Quinto Passo Rosé di Chiarli, una delle ultime nate dalla storica cantina modenese, che è la più antica dell’Emilia-Romagna. La selezione manuale di ogni grappolo, la pressatura soffice che conserva le nuances aromatiche delle uve, l’accurata fermentazione del mosto fiore, le selezioni dei vini e la rifermentazione in bottiglia per 36 mesi, seguiti da una sboccatura e un dosaggio accurati, ne fanno un metodo classico 100% Sorbara di grande struttura e carattere. Al naso frutti rossi, lampone, mora, ribes nero, liquerizia, al palato una bella acidità condita da note fruttate e minerali.
quintopasso.it
Photo credits Roberto Carnevali