Martino de Rosa: l’innovatore che crea successo

Martino de Rosa, ideatore di format ristorativi di successo con atCarmen, interlocutore rilevante e innovatore nel settore del food&wine, è stato scelto come testimonial per l’area Taste Tourism del TTG Incontri di Rimini: nel suo intervento ha raccontato come creare format ristorativi, ospitativi e vitivinicoli vincenti, che sappiano “fare la differenza” coniugando visione, lusso, ospitalità di alta gamma, ristorazione e fantasia.

La sua storia è quella di un imprenditore che, partendo dal luogo che conosceva meglio, e forse proprio per questo più difficile da trasformare, che è la Franciacorta – il luogo in cui è cresciuto professionalmente – ha scelto di non vendere beni ma idee.

L’intervento di de Rosa è avvenuto venerdì 13 ottobre alle 14.00, nel corso della due giorni di seminari in cui si sono alternati momenti di confronto su 4 ambiti turistici di tendenza per il mercato nazionale: matrimoni, cinema, gastronomia e campeggio di lusso. Settori in grande espansione ma che, al momento, risultano essere ancora scarsamente organizzati.

A confrontarsi con de Rosa Loek Van De Loo, fondatore gruppo Viaselect e ideatore di strutture glamping. Il glamorous camping, da poco sbarcato nel nostro Paese, è un fenomeno che sta raggiungendo altissimi livelli di interesse a livello mondiale.

Il turismo legato al mondo della ristorazione e della vita all’aria aperta si incontrano e si declinano in soluzioni innovative che hanno al centro la voglia di distinguersi e di offrire esperienze uniche per clienti che sono in cerca di ospitalità, natura, charme e lusso.

 

Martino de Rosa: visionario, intraprendente, eclettico

«Mi hanno sempre detto che ho l’argento vivo addosso».

E, infatti, Martino de Rosa, guizzanti occhi azzurri, fermo proprio non ci sa stare. Non si spiegherebbe altrimenti come mai, alla tenera età di 50 anni, de Rosa abbia deciso di imbarcarsi in una nuova, entusiasmante avventura. Dopo anni alla guida prima di Contadi Castaldi, poi tra i vertici di Terra Moretti e in prima fila nella scena imprenditoriale con la società genovese Wiish, Martino de Rosa ha sempre lottato per portare avanti le proprie idee rivoluzionarie, intraprendenti e fuori dalla norma. Come lui, del resto: in quale altro modo potrebbe essere definita una persona che dopo aver scalato vette di importanti società sceglie di mettersi in gioco e fare tesoro delle proprie esperienze per creare qualcosa di assolutamente nuovo? Genova ed Erbusco, passando per la Toscana, sono stati i luoghi di formazione di de Rosa. Location forse insolite per un imprenditore italiano, ma che nella loro unicità hanno visto affiorare una stoffa e una classe inimitabile.

La storia di Martino de Rosa è una storia ricca di aneddoti, imprevisti, sconvolgimenti e sinergie. Come quelle che l’hanno portato a guidare e a rendere competitiva sul mercato nazionale e internazionale una delle più innovative aziende vitivinicole italiane, che ha fatto scuola a livello di proposta commerciale e comunicativa, oppure quelle che l’hanno trascinato da un settore d’eccellenza come quello dello shipping al mondo che oggi possiamo definire come uno dei settori trainanti del Made in Italy, del know how all’italiana: il mondo dell’agro-alimentare di qualità. La storia di de Rosa insegna che bisogna sempre fare tesoro delle esperienze e delle contaminazioni che possono arrivare dalle persone che attraversano la nostra vita, che si tratti della famiglia, dei colleghi di lavoro o della propria metà. La storia di de Rosa insegna che ogni piccolo passo fatto per la propria crescita umana e professionale non è solo uno spunto su di una ipotetica lista di cose da fare, ma che ogni piccola vittoria, ogni imprevisto, ogni scommessa, può diventare una grande opportunità. Una storia appassionante, una storia che vale la pena di essere raccontata.

 

L’altra metà della mela

Carmen Moretti e Martino de Rosa

Cresciuto professionalmente nel settore del brokeraggio marittimo, de Rosa trascorre a Londra gli anni fondamentali della propria formazione lavorativa:

«Sono stati anni importanti, di cui ho fatto tesoro e che mi porterò dietro per tutta la mia vita professionale. Crescere e lavorare in un ambiente aperto e internazionale è la migliore gavetta che posso consigliare ai giovani. L’importante è che alla base ci sia intraprendenza e tanta voglia di fare».

Torna in Italia per amore: quello per il proprio Paese e quello per la bella Carmen Moretti, che iniziava a muovere i primi passi nell’azienda di famiglia capitanata dall’energico, allora come oggi, Vittorio Moretti. Con Carmen, Martino scopre ben presto un’altra dimensione lavorativa:

«Da solo potevo fare grandi cose, ma ben presto abbiamo scoperto che in due potevamo farne di migliori, e più grandi. Carmen al contrario di me non è una di molte parole, ma quando parla lo fa con una forza e una schiettezza che negli anni le hanno fatto conquistare un peso comunicativo che invidio e che le ha garantito tra i dipendenti del gruppo Moretti una stima assoluta. Merito di quella che io chiamo “la sua gentilezza carismatica”. È il migliore modello a cui possa aspirare, granitica e costante come solo lei sa essere».

 

Vivere nella famiglia Moretti

Inizia così un sodalizio amoroso e professionale che porta de Rosa a lavorare a fianco della famiglia Moretti. Una famiglia grande e ambiziosa, composta non solo da parentele di sangue, ma anche da forti legami con i propri dipendenti. Vittorio Moretti chiama Martino de Rosa all’interno del suo entourage: l’obiettivo è quello di portare nel gruppo una persona di cui si fida e che stima professionalmente, un erede acquisito che potesse portare avanti e sviluppare le idee imprenditoriali che avevano reso grandi società che erano state create da zero. De Rosa, calato improvvisamente in un ambiente e in un contesto a lui estraneo, comprende immediatamente la necessità di muoversi con delicatezza, per non sbilanciare gli equilibri e le consuetudini costruitesi negli anni. Ma anche quello che inizialmente poteva sembrare un ostacolo alla fine si rivela una grande opportunità. de Rosa comincia infatti a cercare un proprio spazio operativo in una delle aziende minori del gruppo ed è proprio grazie alla sua voglia di fare e alla sua intraprendenza che prende il via il grande progetto di Contadi Castaldi.

 

Vendere vino in Franciacorta

La Franciacorta è sempre stata un territorio alieno al resto del mondo vitivinicolo. Come nel caso dello champagne, dove a fare il bello e il cattivo tempo sono le grandi case di fashion, anche nell’ambiente delle bollicine italiane quello che conta è il marchio. Le bolle sono un simbolo, da regalare e da esibire, forse anche perché quando si stappa una bottiglia di bollicine entra in gioco il sottile piacere di sapere quanto si sta spendendo. All’inizio degli anni Novanta dobbiamo immaginare una Franciacorta completamente diversa da quella che vediamo oggi in enoteca e nelle carte dei ristoranti. Erano anni in cui si lottava per affermare il mondo delle bollicine italiane di qualità, che nella distribuzione facevano ancora molta fatica per la grande concorrenza dello champagne d’Oltralpe. Lanciare una nuova azienda, soprattutto se legata a Bellavista, uno dei grandi nomi che dominavano la scena vinicola locale, poteva sembrare una follia. Ma le sfide sono sempre piaciute a Martino de Rosa.

«Anche se in quegli anni “Franciacorta” voleva dire Bellavista, ho deciso di scommettere su un’azienda che sembrava la sorella minore e meno popolare della più bella del liceo, e farla diventare la reginetta del ballo».

 

La rivoluzione Contadi Castaldi

L’operazione Contadi Castaldi è stata incredibile, soprattutto se si pensa agli anni in cui è stata concepita: «Abbiamo assoldato un ricercatore per dare progettualità e credibilità all’azienda e messo insieme un team straordinario. Le nostre parole d’ordine erano credibilità, innovazione e, ultima ma non meno importante, provocazione. Siamo stati, per esempio, tra le prime aziende in Italia a ottenere il certificato di qualità ISO 9001. Un risultato ottenuto da un team di giovani estremamente motivati. È stata un’esperienza intensa e coraggiosa: per sei mesi, durante la fase di ricerca e progettazione, la produzione si è bloccata. Abbiamo ritirato dal mercato tutte le bottiglie, licenziato i direttori commerciali e avviato una delle più grandi rivoluzioni della recente storia delle bollicine in Franciacorta».

Questo è il racconto di come tutto è iniziato e oggi Contadi Castaldi è un’azienda che continua a macinare incrementi. Il risultato di questo lavoro è una visibilità nazionale e internazionale in costante crescita, o per dirlo con le parole di de Rosa «alcuni dei miei migliori amici quando dovevano fare un regalo sceglievano Bellavista, ma a casa stappavano Contadi Castaldi».

 

Terra Moretti e l’arrivo di Gualtiero Marchesi all’Albereta

Dopo il successo dell’operazione Contadi Castaldi Martino de Rosa diventa definitivamente uno dei punti di riferimento di Vittorio Moretti, che decide di coinvolgerlo sempre di più nella gestione dei progetti futuri. L’incontro con Carmen avviene in un momento particolate, nel momento in cui la famiglia Moretti decide di sviluppare l’offerta enogastronomica realizzando in Franciacorta un grande resort che potesse competere con quelli francesi dello Champagne. Un luogo di incontro in cui convogliare la clientela che iniziava a scoprire questa bellissima regione vinicola, in alcuni casi con la volontà di investire. Un resort con nove camere di charme in mezzo alle vigne e, naturalmente, un ristorante gourmet.

Fare le cose in grande è sempre stata una caratteristica della famiglia Moretti, e per il nuovo ristorante non bastava trovare un bravo cuoco, bisognava coinvolgere il migliore in circolazione. Carmen Moretti ha un’intuizione vincente: qual era lo chef che aveva rivoluzionato la cucina italiana portandola ad altissimi livelli? La risposta era una sola: Gualtiero Marchesi, colui che ha dato il via a una corrente nostrana che nulla ha da invidiare ai cugini francese, la cui influenza è forte ancora oggi. Al suo fianco nelle cucine de L’Albereta, aperta ufficialmente il 23 settembre 1993, sono passati quelli che oggi sono i grandi nomi della cucina contemporanea, da Carlo Cracco ad Andrea Berton, da Enrico Crippa a Paolo Lopriore e Davide Oldani.

De Rosa respira l’energia e il potenziale del progetto e insieme a Carmen iniziano a gettare le basi di quello che diventerà at Carmen.

 

Un progetto tutto suo

Fermarsi a riposare non è mai stata un’opzione contemplata da de Rosa: unica strada possibile, andare avanti. Dopo il progetto Albereta inizia a prendere forma l’idea di uscire dalla Franciacorta e rilanciare con un format di successo in una regione in cui tanti avevano tentato la fortuna. Nel 1996 era stata creata Terra Moretti, una holding nata per raccogliere sotto un’unica insegna tutte le attività del gruppo, compreso il crescente settore enogastronomico, il contenitore perfetto per dare vita al suo grande sogno. Il sogno si chiamava Tenuta La Badiola, una realtà ottocentesca costruita nel sud della Toscana da Leopoldo II. Proprio come l’infaticabile Granduca, de Rosa e Moretti lavorano affinché quell’incantevole parte di Toscana, forse meno conosciuta e fuori dalle tradizionali rotte turistiche, sia riportata agli antichi fasti.

Così, a partire dal 2000, è iniziato il progetto di de Rosa e i Moretti, che come tutti i grandi sogni aveva un protagonista d’eccezione:

«Fin da subito ho capito che un luogo ricco di storia come La Badiola meritava solo l’eccellenza. Una volta deciso che per L’Andana, il resort della Tenuta, volevamo il meglio ho prenotato un volo e mi sono diretto dal numero uno del mondo. L’uomo che con le sue innumerevole stelle Michelin e i numerosi ristoranti stava dominando la scena gastronomica mondiale: Alain Ducasse. Sono atterrato a Parigi e sono andato a parlare direttamente con lui».

Martino de Rosa è riuscito in un’impresa già tentata da tanti imprenditori, facendo innamorare del suo sogno non solo uno dei migliori chef al mondo, ma soprattutto colui che aveva dichiarato più volte «Jamais in Italie!». Dalla collaborazione tra Vittorio Moretti, Martino de Rosa e Alain Ducasse è nata così nel 2004 L’Andana, resort a cinque stelle e cuore della Tenuta La Badiola, che unisce all’eccellenza enogastronomica tutta l’esperienza nella migliore accoglienza e ospitalità.

 

L’arrivo di Enrico Bartolini

Come tutti i sogni, a un certo punto arriva il momento in cui si sente la necessità di cambiare scenario.

Per L’Andana questo è conciso con l’arrivo di Enrico Bartolini: «Con Ducasse ci eravamo resi conto che dopo diversi anni di lavoro insieme il progetto aveva bisogno di una nuova spinta, così si è aperto un nuovo capitolo».

Fin da subito Bartolini ha saputo carpire l’atmosfera de L’Andana e realizzare qualcosa di innovativo. Ha messo in gioco la sua incredibile capacità di mantenersi nel solco della tradizione e della semplicità con La Trattoria, aperta da Pasqua a ottobre in quello che era l’antico granaio di Leopoldo II.

«Enrico l’ho pescato per un pelo, quando si dice avere fortuna. Arriva a L’Andana nel periodo della sua definitiva consacrazione: in breve tempo è diventato uno tra gli chef con il più alto numero di stelle Michelin in Italia. Non per questo il nostro rapporto è cambiato, anzi è migliorato: l’operazione Bartolini ha portato molti vantaggi anche dal punto di vista comunicativo. Tutti hanno esaltato la nostra intuizione e la capacità vedere oltre».

L’addio di Marchesi

Nel 2013 a L’Albereta c’è aria di cambiamento. Il contratto con Marchesi è in scadenza e ancora una volta bisogna scegliere se restare o rilanciare. «Perché cambiare e con chi? », questa la domanda che inizia a farsi strada piano piano nella mia mente. Sapevo che questo momento sarebbe prima o poi arrivato. Come si risponde a un quesito di questo tipo quando si ha a che fare con l’inventore della nuova cucina italiana, una persona che in vita è già inserita nei libri di storia e che sta lavorando per te? Ma avevo la piena consapevolezza che eravamo arrivati a un punto di svolta e che non potevamo continuare a riproporre un format di sicuro successo, ma senza una carica di novità. Marchesi aveva reso grande e immortale L’Albereta, ma era il momento di voltare pagina.

 

L’idea di atCarmen

Il dopo-Gualtiero non è stato facile da affrontare, ma è in momenti del genere che lo spirito imprenditoriale si risveglia e si impone sul flusso degli eventi. L’addio di Marchesi è stata l’occasione per ripensare l’assetto di un luogo di culto come L’Albereta, andando oltre il modello precedente e guardando al futuro.

«Tornato da Genova e finita l’esperienza con la società Wiish – fondata nel 1997 assieme ad altri soci – mi sono trovato libero da vincoli lavorativi, e soprattutto libero di tornare a dedicarmi alla mia vera, grande passione: il mondo dell’enogastronomia. Il settore vinicolo e quello dell’ospitalità, sia alberghiera che ristorativa, sono quelli dove sentivo di aver espresso al meglio me stesso, e non vedevo l’ora di buttarmi di nuovo nella mischia. È stato un momento perfetto, in cui si sono sviluppate sinergie uniche che hanno portato a una delle decisioni di cui più vado fiero: impegnare tutte le mie energie su un progetto totalmente nuovo».

L’idea di de Rosa, tanto semplice quanto rivoluzionaria e provocatoria, era quella di diventare un creatore di format ristorativi, ospitativi e vitivinicoli, e come tutte le grandi idee traeva forza dalla sua schiettezza e dalla sua semplicità. Ha deciso di partire dal luogo che conosceva meglio, e forse proprio per questo più difficile da trasformare: il luogo in cui è cresciuto professionalmente, la Franciacorta, la sua casa adottiva.

 

Ripartire da zero

«Metterci la faccia occupandomi in prima persona della gestione del dopo-Marchesi a L’Albereta significava non solo trovare un bravo cuoco, ma ripensare completamente il format per offrire sia ai clienti storici che ai nuovi che sarebbero arrivati un’esperienza totalmente rinnovata. Forte dei rapporti creati nel corso degli anni con gli chef che sono transitati da L’Albereta, de Rosa è giunto presto al nome di Fabio Abbattista, giovane chef di origini pugliesi che si stava facendo notare sulla scena milanese. Fabio, senza saperlo e senza conoscermi, ha fatto esattamente quello che deve fare una persona per conquistarmi: rendersi disponibile, dedicarmi il suo tempo. Quando mi hanno parlato di questo giovane chef, della sua voglia di mettersi in gioco, della sua etica del lavoro non ho esitato un attimo: ho alzato il telefono e l’ho chiamato. Era mattina, mi ha risposto entusiasta dicendomi che stava lavorando e che avrebbe finito il turno dopo un paio d’ore. Il tempo di cambiarsi e di fare il viaggio in macchina ed era a L’Albereta, seduto a un tavolo a parlare con me».

Non si può dire che la scelta non sia stata azzeccata: il nuovo ristorante LeoneFelice e il bistrò VistaLago si sono rivelati essere un format vincente perché hanno saputo rispondere in modo preciso e puntuale ai desideri e alle richieste del cliente, consentendo una crescita costante.

La sua cucina è unica e particolare, ma nella pulizia e nel rigore ricorda inevitabilmente quella del grande imperatore delle cucine de L’Albereta: Gualtiero Marchesi. Una scia di successi, e le sorprese non sono ancora finite.

 

atCarmen, il servizio che mancava

«Carmen è la mia vita, la mia metà, tutto quello che mi completa e di cui ho bisogno per esistere come professionista, come imprenditore, come uomo».

Dopo queste parole non c’è bisogno di spiegare come mai la nuova società da Martino de Rosa si fondi proprio sul nome della persona che ha avuto una così grande influenza nella sua vita.

«Siamo una squadra vincente: lei è tutto quello che io non sono, e io sono tutto quello che lei non è».

Che cosa c’è di più bello di trovare una persona che condivide con te valori, obiettivi e sogni? atCarmen nasce dalla volontà di rendere concreto un sogno, quello di una coppia che si è fatta le ossa nel mondo imprenditoriale e oggi è finalmente matura per imporsi agli occhi del mondo, facendo valere la propria expertise per aiutare i clienti a creare qualcosa di magnifico. E l’idea del nome nasce, come spesso capita alle grandi idee, proprio attorno a un tavolino:

«Eravamo a tavola con Oliviero Toscani e gli stavamo raccontando del nostro progetto. È stata sua l’idea di dedicare la società a Carmen: continuava a insistere sul fatto che lei fosse il punto di partenza di tutto: come dargli torto?».

 

Lo sguardo rivolto al mondo

«Oggi in Italia non esistono realtà che intendono investire su nuove idee di legate al mondo del food, ed è proprio in questo spazio che vogliamo inserirci. Le potenzialità sono infinite: dalle consulenze alla comunicazione, fino all’export di format nostrani che il mercato estero chiede a gran voce. Noi siamo ambiziosi e per questo guardiamo al mondo intero».

Sbaglieremmo se volessimo definire de Rosa come un restaurant man, sul modello che tutti negli ultimi anni abbiamo imparato a conoscere, ovvero quello dell’imprenditore che apre e gestisce decine di ristoranti. In questo caso la differenza è tanto sottile quanto fondamentale: non si tratta di aprire una catena di alberghi o ristoranti, o di ripensare e riproporre nuovi modelli legati al mondo vitivinicolo, ma di aiutare chi intende farlo a trovare l’idea vincente. Fare le cose bene, e farle nel momento giusto, potrebbe essere il motto di Martino de Rosa e Carmen Moretti. Individuare, quindi, quello che manca e che potrebbe funzionare in un determinato contesto per creare situazioni e scenari che calzino a pennello per i fruitori finali. È ciò che il mondo chiede all’Italia, ma che forse l’Italia non è ancora stata in grado di restituire al mondo.

 

Investire nelle idee

Quello dell’imprenditoria all’italiana, visto da fuori, sembra un sistema un po’ nebuloso, difficile da comprendere per chi arriva da Paesi in cui un imprenditore di successo è, semplicemente, un imprenditore di successo. Scegliere di non vendere beni, ma idee e format innovativi è una scommessa tanto difficile quanto coraggiosa, in cui Martino de Rosa e Carmen Moretti si sono lanciati con entusiasmo. Un progetto che coniuga visione, lusso, ospitalità di alta gamma, ristorazione e fantasia.

«Rendiamo concreto il vostro sogno, sviluppiamo un’idea, e lavoriamo sodo affinché questa idea sia vincente».