RAFFAELE LENZI, C’È “IL SERENO” SUL LAGO DI COMO
Dall’insediamento di George Clooney sul Lago di Como, la meta che apre il romanzo del Manzoni è diventata una calamita per personaggi dell’élite globale, da imprenditori a star di Hollywood. Un susseguirsi di ville e palazzi da principesse si susseguono; lo sguardo raggiunge le Alpi, il blu dell’acqua si confonde con quello del cielo. Ma ad un tratto, ad interrompere il profluvio di luoghi romantici, appare la struttura de Il Sereno.
Hotel di lusso vincitore del World’s Best Awards 2023 come miglior Resort in Italia e in Europa, Il Sereno è una struttura moderna, con il design di Patricia Urquiola che impera, ma in maniera sobria.
Minimalismo da un lato, geometrie diverse in armonia tra loro dall’altra, colori caldi ed eccentrici; costruito su una darsena demaniale del paese di Torno, Il Sereno reinterpreta il razionalismo della Casa del Fascio di Giuseppe Terragni. Si insedia benissimo nel paesaggio, dal Lago, su una imbarcazione, si nota l’architettura palladiana della terrazza, incastonata tra elementi più rigidi, ordinati; i materiali usati, per lo più locali, sono la Pietra di Fossena per la pavimentazione e il Ceppo Lombardo per la facciata e alcuni interni.

Raffaele Lenzi
Quaranta le camere per circa un’ottantina di ospiti per la colazione, la metà per pranzo e cena. A gestire l’offerta food del prestigioso hotel c’è il napoletano chef Raffaele Lenzi, presente sin dall’apertura (avvenuta nell’agosto del 2016). Inquadrarlo è semplice: organizzazione, precisione, leadership e controllo dei processi, con uno sguardo attento ai costi, agli aspetti umani e al suo team di lavoro.

Don Vidura Nilaksha Colambage
A completare l’offerta anche un Cocktail bar dove Don Vidura Nilaksha Colambage, originario dello Sri Lanka, omaggia il suo paese con drink e poesie (d’autore o di proprio pungo), cocktail e mocktail, no alcool sempre più richiesti anche per ricette sacre come il Negroni, che diventa Negroni senza spirito.

Ricciola in ceviche, finocchio e codium
Dal giapponese “fai tu”, Omakase è l’ultimo menù ideato da Lenzi: rappresenta la summa delle sue passioni, il suo approccio alle materie prime, delicato e senza estremismi, sempre vivace, ricercato e pensato. Di fatto, si tratta dell’evoluzione del precedente menù Contraddizioni e contrasti.
Se è vero che le parole hanno un peso, esse si ritrovano negli accostamenti di ingredienti azzardati e nelle proposte degli stessi fuori stagione, come fermentati o in conserva. Piatti solo apparentemente semplici, in realtà complessi ma sempre comprensibili, con la trasparenza e gli obbiettivi nei raccontarli restano sempre in primo piano.

Cavolo cinese, prosciutto d’anatra e il suo garum
Appare chiaro che la mano di Lenzi è dotata di una sicurezza costruita nel tempo, come il suo amore per la cucina. Inizia dapprima in pasticceria, dove tecnica, rigore e il raggiungimento dell’equilibrio sono le basi con cui creare lo spazio per ricercare complessità ed estetica. L’ordine e la gestione di grandi numeri, nonché l’organizzazione dell’approvvigionamento delle materie prime, Raffaele la impara da giovanissimo quando inizia a lavorare negli alberghi: dopo un passaggio a Londra in quella che lui definisce “Osteria italiana buona” approda negli Stati Uniti, raggiunge Bruno Barbieri all’Arquade, poi Bulgari Hotel, Palazzo Sasso in provincia di Salerno, Villa Feltrinelli e Armani Hotels, cui seguono esperienze in stellati che ne completano il profilo, come Bo Innovation a Hong Kong e Manresa a Los Gatos, in California.

Dentice glassato e salsa chana dal
Oltre alla sua particolare luce negli occhi, quella di un bambino alla ricerca di novità, il suo attaccamento al lavoro e il suo senso di responsabilità hanno contribuito a far sì che la sua mente virasse verso un approccio alla cucina più imprenditoriale, più pragmatico, per il minor spreco possibile e la massimizzazione delle risorse. I più attenti noteranno che in bacheca mancano passaggi in Francia, un’assenza che, indubbiamente, caratterizza la sua cucina: non v’è ricerca di grassezza in favore di sapori diretti e in equilibrio, sebbene vi siano in qualche portata sapori più accentuati o in cui l’esaltazione di una singola materia prevale. Resta il ricordo di una cucina dalla modulazione precisa, nel percorso ci si trova dinanzi a preparazioni democraticamente sullo stesso piano, con qualche eccezione più marcata come nel piatto peruviano a base di Ricciola in ceviche, finocchio e codium, oppure negli Spaghetti al burro di anacardi, fava tonka e aceto di perilla, o, infine, nel Cavolo cinese, prosciutto d’anatra e il suo garum.
A lato di Omakase troviamo Omaggio alla tradizione – piatti della cucina italiana reinterpretati in chiave moderna – e Vegetali, tuberi e radici, senza proteine animali. Le materie prime provengono da fornitori di fiducia, come Riso San Massimo o Pasta Gentile, mentre spezie e aromi provengono da tutto il mondo.
In sala Eric Perego, Assistant F&B Manager, e il giovane Francesco Martinello, sommelier: due figure abili nell’interpretare i tempi dei clienti e i loro gusti, per mettere la cucina nelle migliori condizioni per operare. Carta vini profonda, grandi nomi dell’Italia enoica con una particolare attenzione alla vicina Valtellina e il vino Verdese prodotto sul Lago, affiancati da vini francesi e ovviamente Champagne di piccole e grandi Maison.