SAVINI TARTUFI, L’ORO DI TOSCANA

Ai gourmand più avvezzi ed esigenti la prima parte del nome dirà molto, simbolo di una gastronomia di alta qualità: non solo Savini è un celeberrimo e iconico ristorante meneghino ma, in questo caso, associato alla parola tartufo rappresenta un’eccellenza altrettanto importante della bonne cuisine. È una storia antica che si tramanda da ben quattro generazioni a partire dal 1920, quella di Savini Tartufi, e che trova casa in Toscana, tra Pisa, Firenze e Siena, zona particolarmente vocata per le differenti tipologie di tartufo che cambiano durante l’anno. Diverse le varietà, dal nero pregiato a quello nero uncinato, dal bianchetto al nero scorzone estivo, fino ad arrivare al tartufo bianco per eccellenza, il Tuber Magnatum Pico.

Tutto ha inizio quando nonno Zelindo, allora guardiacaccia della Tenuta di Villa Saletta, nei pressi di Palaia, porta in tavola quello che si può anche definire “il diamante del bosco” per arricchire i banchetti degli ospiti della tenuta. In breve tempo quella che era una passione diviene un lavoro a tempo pieno: a Forcoli, la provincia è quella di Pisa, nasce la bottega di Zelindo, che affianca all’attività di tartufaio quella di commerciante.

Successivamente il figlio Luciano, dotato di talento e fiuto per gli affari, comprende il potenziale di crescita del negozio del padre e amplia l’attività, iniziando anche a ideare ricette per poter consumare il celebre fungo (perché di fungo si tratta) in ogni momento dell’anno. È, questo, il periodo dello sviluppo del marchio Savini Tartufi, che vede la creazione di una linea gastronomica di prodotti a base di tartufo, che vengono commercializzati, grazie anche al figlio Cristiano, sia in Italia sia oltre confine. Si arriva ai giorni nostri per una produzione, e un procedimento, tutt’ora rigorosi e interamente artigianali: è un ciclo completo che va dalla raccolta alla selezione, dalla pulizia alla lavorazione, dal confezionamento alla consegna.

Oltre al tartufo fresco, i prodotti conservati rappresentano un’ampia gamma e sono raccolti in differenti linee. E oggi, per un’esperienza di conoscenza ancor più immersiva, Savini Tartufi, ormai vero e proprio brand nel mondo food, è anche un museo, luogo di memoria, di cultura e conoscenza di questo celebre fungo ipogeo, ristorazione (il Mercato Centrale di Firenze, Milano, Roma e Torino e, dal 2012, Tartufotto, il primo bistrot milanese dedicato al tartufo) e, soprattutto la Truffle Experience. Sono i cani i veri protagonisti di questa originale caccia: i più indicati appartengono alla razza Lagotto, di taglia media, intelligenti, affettuosi e particolarmente abili a scovare il pregiato fungo.

Lasciati liberi, affidano al loro fiuto l’esplorazione del terreno nel quale cresce la trifola che vive in simbiosi con le radici di alcune piante come la quercia, il tiglio, il nocciolo, il carpino e il pioppo. Una volta individuato il fungo (che cresce sotto terra) il cane inizia a scavare ed è in quel momento che entra in gioco il tartufaio: se infatti il cane graffiasse e rompesse con le unghie il tartufo stesso questo perderebbe di valore. Le mani di Cristiano Savini e dei suoi uomini termineranno quindi il lavoro di caccia e scoperta, estraendo con delicatezza il fungo dal terreno, dopo aver premiato con un goloso biscotto il cane. Senza di lui, infatti, la caccia avrebbe ben altro esito, inutile e infruttuoso.

 

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