LA VALPOLICELLA DI SARTORI

Tra le tante, tantissime e meravigliose zone vitivinicole del nostro bellissimo paese la Valpolicella ricopre sicuramente un posto di assoluto rilievo. È una zona collinare che porta la piana veronese verso le Prealpi conservando una sua precisa connotazione con l’Adige a sud e i Monti Lessini a nord. Seguendo l’andamento orografico, tra le splendide ville, le chiese e le pievi di campagna, si distendono floridi vigneti che sono il simbolo di una tradizione di viticoltura antichissima. Tradizione che parte dall’Antica Roma a testimonianza di una storia importante per commerci e ricchezza.

La facciata di Casa Sartori

A Negrar, nel cuore della Valpolicella, c’è una bellissima storia da raccontare, tipica di quel Veneto operoso, serio e determinato. Narra di una famiglia che alla fine del diciannovesimo secolo nella persona di Pietro Sartori, per migliorare la gestione della propria trattoria, intuisce l’importanza di produrre il vino da servire ai propri clienti fondando un’azienda a tal scopo dedicata.

Luca e Andrea Sartori

Come per molte altre aziende, quelli sono anni pieni di vigore ma anche di enormi difficoltà. Superati i conflitti mondiali, a Pietro subentra il figlio Regolo, che con intuito e competenza dirige l’azienda verso la modernità. Passando per Franco e Pierumberto, oggi alla guida della società ci sono Luca Andrea. Ed è proprio a Regolo che l’azienda ha dedicato il Valpolicella Ripasso, il prodotto maggiormente rappresentativo, quello che dall’ Amarone prende uno stile assolutamente autentico e duraturo nel tempo. Le scelte sempre più orientate verso un prodotto di qualità e tradizione portano, con l’annata 2019, il Regolo a rivestire un ruolo di assoluto riferimento nel panorama della produzione del Ripasso Classico Superiore.

A Roma, nello scrigno di Alessandro Pipero, in una sala sempre perfetta sotto la guida di Achille Sardiello, l’azienda ha voluto mettere a confronto 3 annate del Regolo, distanti e diverse tra loro. La prima, la più vecchia, è stata la 2006. Nella descrizione dell’annata si deve necessariamente tener conto di un finale di primavera praticamente ideale con buona escursione termica, di un luglio secco e di un agosto particolarmente piovoso nelle prime settimane. Caratterizzata da grappolo spargolo, questa vendemmia ci regala dopo più di sedici anni un vino ancora in pieno vigore. Rosso granato, equilibrato, piacevole e di struttura, al naso è dolce di frutta matura con la percezione di un leggero residuo zuccherino. Al palato è suadente, abbastanza fresco con percezione netta di frutta rossa e sapidità.

La seconda è la 2012. Un’ estate calda e secca con episodici temporali e brevi ma intense grandinate, succeduta ad un inverno troppo mite e asciutto, ha costretto il team tecnico a intervenire con un’irrigazione di soccorso. Le piogge di fine agosto e il conseguente provvidenziale abbassamento della temperatura hanno comunque portato l’uva ad un ottimale maturazione. Si presenta secco, morbido e austero. Al naso ha chiari ricordi di visciola e frutti scuri. In bocca è fresco di ciliegia sotto spirito, sentori di marmellata di frutta rossa con un tannino vellutato. Al gusto si presenta secco, morbido e austero.

La terza annata è la 2019. Appena introdotta in commercio, è l’espressione di una primavera prima tendenzialmente secca e poi fredda e piovosa. Le altissime temperature estive non hanno compromesso il buon risultato finale grazie alle ultime settimane di maturazione dove pioggia ed escursione termica hanno compensato lo stress iniziale.  Tutto questo lo si ritrova nel colore granato lucente e nell’aspetto sobrio e rigoroso del primo impatto. Al naso sono percepibili le note alcoliche della frutta sotto spirito accompagnate nel tempo da liquirizia selvatica e mineralità. All’assaggio è già piacevolmente pronto, fresco e di grande personalità. Chiari i sentori di visciola e frutta rossa di bosco che si trasformano nel tempo in note terziarie di leggero cacao.

Immancabilmente, tra una tempura di cernia bianca e un manzo al ginepro, lo chef Ciro Scamardella con la sua famigerata carbonara di Pipero  apre la strada al principe della Valpolicella, l’Amarone. Ci viene presentata l’annata 2013. Un’annata difficile che ha visto il team agronomico dell’azienda particolarmente impegnato nel seguire lo sviluppo di maturazione delle uve. Il colore è rosso carico, con unghia vivida tendente al granato. Il tempo trascorso in bottiglia sembra non essere passato affatto. Al naso si presentano le classiche note suadenti di frutta matura, con un sentore finale di cacao. In bocca è ricco di frutta, dalle visciole alla frutta passita, per poi passare a note erbacee (tabacco) e speziate. Fresco e tannico trasmette in pieno vigore ed eleganza.

Come ogni bel gioco, anche questa splendida degustazione con pranzo volge al termine. Al tavolo il commiato giunge attraverso una buonissima brioche arance e zabaione che vuol essere degna accompagnatrice del nuovo Recioto Classico, annata 2018. I riflessi violacei del rosso granato, le note dolci di frutta e quelle cipriate di viola del pensiero ci dicono di un vino importante. Al naso è elegante, decisamente dolce. All’assaggio si presenta morbido, con un richiamo deciso all’uva passa (importante residuo zuccherino) e con un buon tannino leggermente duro come in ulteriore fase di maturazione.

Questo nuovo corso di Sartori è stato immaginato per poter dare, attraverso una crescente scelta qualitativa, ancor più lustro a Verona e alla Valpolicella, così come fu per Cangrande della Scala, ben raffigurato nel logo aziendale, che Dante rappresentò come il condottiero capace di gesta memorabili ed eroiche dal valore sacrale.

 

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