DIECI ANNI PER RÉVA: RESORT, VINI E CUCINA STELLATA
A una decade dalla scelta dell’imprenditore ceco Miroslav Lekes di acquistare terra e vigneti a La Morra, l’intero gruppo di lavoro, giovane ed affiatato, ha accolto lo scorso 7 giugno i migliori sommelier d’Italia e la stampa del settore per fotografare il percorso di Réva.

Miroslav Lekes
Un esempio virtuoso in Langa per capacità, in pochissimi anni, di inserirsi nel mercato con vini che riflettono le caratteristiche dei vigneti in cui nascono, con una propria cifra stilistica, eloquente all’assaggio per frutto, carnosità e scioltezza: Barolo serbevoli e non sprovvisti di buon potenziale evolutivo. L’obiettivo raggiunto di un’eleganza al sorso – che potremmo definire neoclassica – lo si deve sia agli aspetti strutturali (dalle presse, tini d’acciaio e botti) voluti da Lekes, che al know how messo in campo dagli enologi che gestiscono, e hanno gestito, i protocolli di vinificazione, una squadra oggi capitanata da Gabriele Adriano. L’impostazione dei vini nasce dall’obiettivo che si vuole raggiungere: “Cerchiamo di avere chiaro in mente quale vino ci piacerebbe bere, e poi indirizziamo il lavoro in vigna e la vinificazione in modo tale da portare a compimento quanto voluto inizialmente” ha commentato Daniele Gaia, brand manager di Réva.
Acquisiti nel tempo, la cantina possiede circa 25 ettari vitati, di cui 15 in zona Roddino, Barolo (Cannubi), Novello (Ravera), Grinzane, Monforte d’Alba e Serralunga d’Alba (Lazzarito) a cui si è recentemente aggiunto l’ultimo, singolo, ettaro nella collina di Cerretta. Non solo rossi, la Casa propone anche una particolare versione di Sauvignon Gris, una bollicina Metodo Charmat (presto si aggiungerà un’Alta Langa 100% Pinot Noir), Dolcetto, Barbera,
Barolo Classico e 3 MeGa. Su tutti, da parte del team Réva c’è un bel trasporto per il Barolo Ravera, protagonista della verticale condotta da Gianni Fabrizio in occasione dei festeggiamenti dei primi 10 anni dalla nascita del progetto. In batteria troviamo un 2012 complesso, elegante, con note di finocchietto selvatico e tannini ancora ben affioranti nel fin di bocca; un 2013 con una floreali più decisa, una persistenza salace e balsamica che accompagna il sorso, che spinge a sostenere di essere di fronte a un bicchiere che indice tempo prima di aver raggiunto il suo apice qualitativo; un 2015 che gioca sul frutto maturo, note di legno più dolci, il palato è puntellato da tannini sottili che rincalzano la beva; un 2016 in fasce, chiuso nella sua materia, nella sua opulenza in cui intravedere un percorso lunghissimo, vino di grande volume e potenza, quasi indecifrabile per quanta ricchezza emana; un 2017, per noi, il migliore per espressività, precisione e piacevolezza, di tensione su note di eucalipto e anice, erbe officinali, il sorso si prolunga accompagnato da una bella acidità.
In chiusura, prima di un assaggio della cucina stellata di Francesco Marchese, executive chef del ristorante FRE, che realizza ricette piemontesi in stile francese, c’è un sorso del Barolo Riserva Lazzarito 2016 (450 €), mille bottiglie prodotte che esprimono, con carattere, la potenza e la struttura della vigna; il corpo è composto da un frutto serico, di grande densità incasellato da una matrice tannica che suggerisce la presenza di una sorta di retropensiero di questo vino, da scoprire solo con l’attesa in vetro.
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