MATELICA E IL “SUO” VERDICCHIO

Il fiume Esino nasce dal monte Cafaggio e per un tratto, contrariamente a tutti gli altri fiumi marchigiani, scorre parallelo alla costa formando una vallata, la Valle Camertina, del tutto particolare rispetto alla geografia marchigiana essendo posizionata da nord a sud e non da est a ovest.

In questa valle trovano dimora i vigneti del verdicchio che hanno il loro fulcro in Matelica, città che dà anche il nome alla Denominazione. Una vallata soleggiata tutto il giorno grazie alla sua disposizione e con dolci colline che ne ondulano il tracciato. A proteggerla, a sud i monti Sibillini, a est l’Appennino Umbro-Marchigiano e a ovest il Monte San Vicino che blocca le correnti calde dal mare.

I rilievi la cingono in un abbraccio che ne influenza il clima, molto più continentale che mediterraneo; è una zona fredda che determina anche una ritardata maturazione delle uve rispetto alla vicina Jesi. In inverno le nevicate sono abbondanti e grazie alla ricchezza di acqua non si hanno, almeno per il momento, fenomeni siccitosi.

Terreno di medio impasto è magro e permeabile e deriva da sfaldamenti marnosi argillo-silicei e calcarei. Nel lontano passato qui vi era un antico lago salato; non è difficile trovare ancora conchiglie fossili.

Sul Verdiccio di Matelica insistono due Denominazioni: Verdicchio di Matelica Doc e Verdicchio di Matelica Riserva Docg.

La Doc, istituita nel 1967, prevede anche le tipologie Spumante e Passito; fino al 2010, anno in cui è stata creata la Docg, comprendeva anche la tipologia Riserva. Questa tipologia, oggi appannaggio esclusivo della Docg, si caratterizza dalle rese più basse (95 qli/ha contro i 130 della Doc), dal tenore alcolico più elevato (12,5% minimo contro l’11% della Doc) nonché dalla ritardata la messa in commercio: almeno 18 mesi di maturazione in cantina. Otto i comuni di produzione: Matelica, Esanatoglia, Gagliole, Castelraimondo, Camerino e Pioraco in provincia di Macerata; Fabriano e Cerreto d’Esi in provincia di Ancona. L’80% della produzione si concentra su Matelica, Castelraimondo e Cerreto d’Esi.

Il Verdicchio di Matelica, nonostante sia normato da oltre cinquant’anni, solo nel recente passato ha visto un aumento di interesse e di notorietà tanto che negli ultimi due decenni sono sorte più della metà delle aziende oggi presenti sul territorio. L’Istituto Marchigiano di Tutela Vini riserva alla denominazione numerosi progetti: dalla zonazione alla possibilità di mettere in etichetta solo l’indicazione “Matelica” fino al tentativo di diventare un’intera Doc pienamente sostenibile.

Una profonda verticale, che ha spaziato dal 2022 al 2004, organizzata all’interno del Matelica Wine Festival dall’Associazione Produttori Verdicchio di Matelica, che raccoglie una buona parte delle cantine che rivendicano la denominazione, ha permesso di apprezzare le sfumature del Matelica e le sue grandi capacità di evoluzione nel tempo.

Il Verdicchio – vale la pena ricordarlo e le analisi del DNA ne danno conferma – è lo stesso vitigno che in Veneto e Lombardia prende il nome, rispettivamente, di Trebbiamo di Soave e Trebbiamo di Lugana (ora Turbiana) da cui si ricavano vini dalla notevole capacità di durata negli anni.

Fattore comune a tutti i prodotti assaggiati è il colore caratterizzato da riflessi verdolini che rimangono inalterati anche quando l’elemento cromatico di base, per via dell’evoluzione, vira verso il dorato. Il naso è elegante e fragrante di frutta (pesca, mele renetta e golden, frutti tropicali) e di agrumi (lime, cedro); seguono le note vegetali e balsamiche (finocchietto, anice) e floreali bianchi e gialli (sambuco e tiglio). L’eventuale passaggio in legno conferisce note burrose mentre accenni di idrocarburo si percepiscono nei vini dalla maggiore evoluzione, nei quali anche i riconoscimenti fruttati si fanno più maturi.

Ma è all’assaggio che il Matelica trova la sua identità. Raffinato e di carattere, si esprime attraverso le durezze: sapidità gustativa e minerale e freschezza declinata nelle note agrumate. Volume, profondità di beva e persistenza guidano il sorso fino a un finale leggermente amaricante (di liquirizia) che, in caso di maggiore evoluzione, diviene di frutta gialla.

All’interno della verticale, meritano una menzione il Cambrugiano 2010 di Belisario, cantina cooperativa che da sola produce circa il 50% dell’intero Verdicchio di Matelica. Un vino che dopo tredici anni dalla vendemmia mostra ancora un’acidità e una sapidità elegantissime; dalla grande persistenza, ha una spiccata propensione all’abbinamento gastronomico grazie anche a un olfatto complesso che spazia dalla pesca alla mela cotta, dal miele di castagno alle note di tabacco fresco, dalla nocciola al burro.

Il Maccagnano 2004 di Gagliardi si porta sulle spalle diciannove anni ma sembra non sentirli. Un bottiglia che entra morbida nonostante sapidità e mineralità in evidenza, bellissima presenza gusto-olfattiva con un lungo finale che si rivolge verso la nocciola. Al naso l’evoluzione è ben lontana dalla stanchezza: mela annurca, fiori gialli e poi ancora miele, accenni tostati e di idrocarburo. Una grande identità di territorio.