PELAVERGA, “VERDUNO È UNO”
Silenziosa non significa inattiva. L’Associazione “Verduno è Uno” è riuscita in un’impresa rara in Italia: far parlare di un’uva di cui si conosce pochissimo. Sulla Pelaverga sono poche le tracce storiche, ignoti DNA e parentela. Sappiamo di certo che l’epicentro produttivo è appunto Verduno, uno dei luoghi già eletti per la produzione di Barolo.
Una bacca rossa speziata e sbarazzina ma di eloquenza rara nel manifestare i suoi tratti, diretti e coinvolgenti come quelli di una “ballerina di danza classica”, presentati lo scorso settembre in oltre venti espressioni in occasione di una degustazione comparativa quanto esplorativa, condotta nientedimeno che da uno dei massimi esperti mondiali quando si parla di vino, Ian d’Agata, medico prima che wine critic, impegnato nella promozione dei nostri vini in Cina a cui dovremmo tutti un “grazie!”. La sua preparazione scientifica lo ha portato a sottolineare come il Rotundone (C15H22O), molecola presente nel Pelaverga e responsabile dell’aroma speziato nei vini, sia presente in una concentrazione (40 ng/L) tale per cui il naso ne percepisca appieno la sensazione sebbene la soglia umana si fermi a 16 ng/L. Il che significa che quei vini che si presentano con concentrazioni di Rotundone più importanti non saranno percepiti come “più speziati”, ma certo è che la scelta stilistica di alcuni produttori di optare per il grappolo intero ne aumenta in qualche modo l’espressività, come vedremo nelle note di degustazione che seguiranno.
Un coinvolgimento per la mente che rende più appagante e sicura la percezione stessa del vino. Il richiamo speziato funziona perché è un qualcosa che conosciamo. Lo affermano i produttori della denominazione Verduno Pelaverga Doc che, rivendicata da circa venti cantine – approvata nel 1995 e successivamente modificata nel corso degli anni sino al 2015 – è cresciuta lentamente ma soprattutto gradualmente, creando quell’interesse sufficiente a garantire la vendita di tutta la produzione ed evitare esuberi di giacenze. Un’areale di produzione limitato, come detto, al comune di Verduno (25 ettari), Roddi (3,96 ettari) e La Morra (e 1,62 ettari). E, sebbene sia permesso l’impiego di un 15% di altre varietà a bacca nera ammesse in Piemonte, la stragrande maggioranza delle aziende vinifica e imbottiglia 100% Pelaverga piccolo, che si distingue dal Pelavergo grosso radicato nel salluzzese noto anche come Cari, antica varietà che dà vita a vini dolci prodotti nella collina torinese. L’uva che prendiamo in considerazione appartiene al gruppo dei “vitigni da vino leggermente aromatici” forse “da tavola” o parente stretta del Rossese, è indubbiamente riuscita ad aprirsi una strada in una regione in cui a regnare è il Barolo. Con bucce di medio spessore ricoperte di pruina, in vinificazione tende alla riduzione, lo si lavora per lo più in acciaio e in un singolo caso in anfora. Quanto al potenziale evolutivo, non è del tutto chiaro, manca una autorevole massa critica per poterlo definire con rispettabile certezza, ma possiamo tranquillamente dire che si aggira attorno ai 36 mesi. Con il suo germogliamento tardivo la vendemmia si spinge sino ad ottobre nonostante l’effetto del climat change imponga raccolti sempre più anticipati. Una denominazione bomboniera ha raggiunto il suo apice produttivo nell’annata 2022 con 204.000 bottiglie.
L’assaggio dei vini, poi, ha reso più comprensibile quanto spiegato dall’enotecnico e dottore in Scienze naturali Edmondo Bonelli: “la profondità dei terreni vitati nel territorio di Verduno si attesta mediamente intorno al metro e venti circa. Al di sotto si trova la roccia, che rappresenta la matrice di partenza da cui i terreni hanno avuto origine, e che per questo è definita roccia madre. Da essa il suolo eredita i componenti di base e quindi è importante approfondirne le caratteristiche perché a Verduno vi è una variabilità geologica che determina due mondi differenti. Tutte le rocce della zona hanno però una comune origine sedimentaria, si sono formate ovvero dall’accumulo di sedimenti, in ambiente marino o di lagune salate e risalgono a due fasi geologiche distinte, anche se appartengono entrambe al Miocene. La prima formazione è costituita dalle Marne di Sant’Agata fossili laminate (circa 8 milioni di anni, Tortoniano). Si tratta di rocce organizzate in strati molto sottili, composte da materiali fini come limo (60%) e argilla (30%) frammiste a poca sabbia (10% circa). Sono altresì ricche di calcare (carbonato di calcio) che deriva dalla precipitazione diretta dall’acqua di mare e dai piccoli gusci fossili di microorganismi marini. La vite risponde a questi terreni fini con una concentrazione delle sostanze nobili nei mosti, mantenendo però uno straordinario equilibrio spostato verso l’eleganza, frutto della combinazione col microclima, di cui parleremo dopo. La seconda formazione si estende dal crinale su cui poggia l’abitato di Verduno in direzione ovest, fino al fiume Tanaro. Si tratta di una particolarità geologica che prende il nome di formazione della vena del gesso, composta da marne alternate a bancate di cristalli di gesso (solfato di Calcio). I suoli che si sviluppano su questa formazione hanno una tessitura simile alle Marne di Sant’Agata arricchiti di una quantità importante di gesso che si comporta da fertilizzante naturale. Il risultato è una ricchezza superiore anche come capacità di trattenere acqua il che comporta una notevole spinta vegetativa per la vite, che si traduce in un vigore che si prolunga anche nelle fasi più siccitose. Lato clima, la zona di Verduno essendo vicino al Tanaro vanta un’umidità dell’aria superiore al resto della zona, che la vite avverte e che traduce nel frutto. Questo aspetto, unito alle diverse quote che variano da circa 200 metri a oltre 400 sul livello del mare, alle esposizioni che spaziano dal pieno sud del Monvigliero all’ovest del lungo versante verso il fiume, determinano il carattere dei vini di Verduno, in combinazione tra suoli fini e bianchi oppure scuri e ricchi di cristalli, in un rincorrersi tra spezia ed eleganza”.
E se l’approccio ai vini vede inevitabilmente un confronto coi Barolo si deve fare attenzione perché seppur si riscontrino delle aderenze e similitudini, poiché i suoli in cui si coltivano le uve sono i medesimi, vero è che le uve rispondo in maniera diversa.
I 2022 sotto la lente, annata calda con alte temperature e scarse precipitazioni, hanno dimostrato la stoffa dell’areale che, tra le più ampie del Barolo conferma come sia la Mega Massara a certificare la zona più eletta per il Pelaverga. Per aderenza e uniformità oggettiva di caratteristiche che i bicchieri raccontano.
Verduno Pelaverga 2022
Castello di Verduno
Nasce dall’unione di vigne, una in località Boscatto, una in località Massara impiantate nel 1989 e nel 1988/1972/2001 rispettivamente. Vigne esposte a sud-est a 340 e 240 di altitudine su suoli calcareo-argillosi. Vinificato in solo acciaio, il naso emana aromi di fiori, peonie e pesca prima del suo impattante profilo speziato. Sorso deciso, di buona avvolgenza, è dotato di armonia e tensione acida.
Gianluca Colombo Segni di Langa
Impantanato nel 2017, il vigneto su suoli composti da marne di Sant’Agata fossili laminate e marne Sant’Agata fossili, è esposto a sud e sud-est a 250 metri di altitudine. Il vino affina 100% in anfore di terracotta da 750 litri con porosità di 8 mg/litro di ossigeno/anno. Il grappolo intero da un lato e l’affinamento in anfora dall’altra, fanno di questo Pelaverga una delle più interessanti espressioni della varietà, per personalità e persistenza gusto-olfattiva ma soprattutto apertura al sorso e aderenza palatale con tannini sottilissimi e serici e ritorni fruttati e di spezie dolci.
Speziale Fratelli Alessandria
Unione di uve raccolte nelle Mega Riva Rocca (sud-est, a 320 metri), Campasso (est, 250/350 metri), Boscatto (est, 250/350 metri), Neirane (ovest 330/400 metri), Sotto Orti (ovest 270/310 metri), Galleria (ovest 250/280 metri). Vigne impiantate nel 1971 per un totale di 3,3 ettari. Oltre a un prezzo accessibilissimo se guardiamo il livello qualitativo, Speziale è la più dinamiche delle etichette di Pelaverga in circolazione: divertente, nitido e di buona potenza. Succoso, vibrante e di ritmo gustativo sempre impegnato nel restituire aloni di coriandolo e pepe ma anche di frutto rosso e scie iodate.
Commendator G.B. Burlotto
Prodotto in piccoli vigneti nei comuni di Verduno e Roddi in suoli calcarei con equilibrata presenza di argilla, limo e sabbia (Marne di Sant’Agata fossili laminate ed in parte alla Formazione di Cassano Spinola) tra 250 e 350 metri di altitudine. Grappoli diraspati per questo vino, fermentazione in rovere francese e vasche di acciaio inox aperte; rimontaggi e follature durante la macerazione. Il risultato è un sorso di eleganza e solidità incredibili, una fibra ampia e succosa si lascia guidare dalla sua energia dai sapori orientali.