PREMIUM WINE, TORREVILLA C’é

Così come per il mondo del calcio, dove il prestigio di una squadra o di un giocatore deriva non solo dalla partecipazione ai campionati nazionali ma anche alle più autorevoli kermesse internazionali, anche nel mondo vino l’ambizione per qualunque realtà produttiva è giocarsi le proprie carte nella categoria premium wine, tra calici di una certa fattura e di un certo pregio.

È Torrevilla, realtà di viticoltori associati con una storia centenaria alle spalle, nata in Oltrepò Pavese nel lontano 1907, a trovare risorse e capacità per spendersi in campionati più autorevoli. Raccontando l’autentico senso di appartenenza e il legame indissolubile con il territorio, ambisce ad elevare nell’olimpo dei sorsi più significativi e identitari, il player Pinot Nero Riserva 110. Vitigno si sa, di non facile gestione in vigna e in cantina, ma che con buona dose di ricerca e innovazione sa regalare riscontri in valore e peculiarità.


Storie di cooperazione, dicevamo, lunghe ben quattro generazioni, nate in un tempo, quello di inizio Novecento, dove per i piccoli agricoltori associarsi significava mettere insieme problemi, necessità, uve e mercati, con la volontà di ottenere prezzi più alti per prodotti agricoli oggetto di forti speculazioni. Molti e significativi i cambiamenti sino ad oggi: dagli ottocento soci per settecento ettari, si è giunti oggi a duecento produttori su un territorio leggermente più piccolo (600 ha). Negli anni ‘80, attraverso una notevole modernizzazione, si è passati invece alla produzione di vino in bottiglia e non più in damigiana.

Ebbe così inizio un ciclo virtuoso indirizzato alla qualità concretizzatosi con la nascita di un gruppo di lavoro con l’Università di Milano, che con il Prof. Leonardo Valenti, Luigi Mariani, Simone Parisi e il Dott. Gabriele Picchi, ha portato ad una precisa indagine agronomica ed enologica della cantina. “Torrevilla vuole essere un primato nel contesto dell’Oltrepò Pavese per i percorsi di qualità, per l’individuazione di vigneti Cru grazie a una dettagliata mappatura del territorio che ha permesso di indagare suoli, decretarne l’origine e la composizione chimica, così come le caratteristiche ambientali. Delineare quindi aree omogenee per conoscere le attitudini vocazionali di ciascun vigneto e parcella” riferisce Gabriele Picchi. Un progetto che si può definire inoltre come un “manuale d’uso del territorio” capace di guidare scelte di gestione del vigneto e di tracciare ogni grappolo e acino che giunge in cantina.

Si sono ottenuti inoltre un monitoraggio meteorologico continuo attraverso l’installazione di quattro centraline, l’individuazione dei vigneti in posizioni ideali e di cinque classi varietali: precoci, medio – precoci, medie, medio – tardive, tardive. “Non c’è una maturazione ideale, il Pinot Nero che comunque si colloca tra i varietali precoci, va seguito passo – passo, secondo l’areale e la vocazionalitá” illustra il Prof. Leonardo ValentiTorrevilla, proiettata sempre di più nel futuro, si confronta. Come? Con i grandi brand del mondo enologico, in un blind tasting in cui il Pinot Nero non ha paura di misurarsi. “Le criticità, qualora ve ne fossero” riferisce il Presidente Massimo Barbieri  “saranno necessarie per capire il punto in cui siamo arrivati”. Sei calici vendemmia 2016, da vigneti coltivati in contesti importanti, in purezza e con un affinamento in botte.

Comparazioni che portano in evidenza una Borgogna che stupisce sempre: il miglior calice per equilibrio, finezza e completezza è infatti Hautes Cotes de Nuits Dames Huguettues, Domaine Bertagna. Colpisce ancora di più del calice di Chambolle Musigny Village, Domaine Bertagna, che non riesce interamente a convincere. Fine, sapido, in piena sincronia con il luogo di origine, invece il Blauburgunder di Falkestainer. Strizza l’occhio alla Francia, assume atteggiamenti seduttivi ma ben presto stanca, il Pinot Noir Greywacke della Nuova Zelanda. Così come il Santaney Rouge “Charmes” del Domaine Roger Belland, troppo sbilanciato sulle durezze per poter essere apprezzato. Dulcis in fundo, Torrevilla Pinot Noir Riserva 110. Sicuramente un calice che racconta la volontà di emergere nel panorama vitivinicolo dell’Oltrepò. Il Re Nero è probabilmente ancora in cerca di un suo preciso identikit. Le potenzialità ci sono, anche se per scalare la classifica di campionato sarà necessario vincere ancora qualche partita.

 

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