Viaggiare è uno stato d’animo. C’è chi è acrobata della strada, in un cammino flessuoso e continuamente ricomposto da frammenti di eternità in un tragitto infinito, erede della razza di Caino amata da Baudelaire (O razza di Caino, o cuore ardente, attenta a questi grandi appetiti […] O razza di Caino, su, arrampicati al cielo) e chi preferisce lo stato sedentario, lo stare rinchioccito nella tana abbracciato alle radici. E poi c’è chi non si appassiona di spostamenti ma neanche desidera rimanere statico, chi misura le distanze e arriva al senso delle culture usando la tavola, consumando il tragitto attraverso il tempo del gusto e delle appaganti sensazioni regalate dal momento. La narrazione che concilia l’una e l’altra disposizione ci conduce a Palazzo Concini a Firenze, negli spazi del restaurant cocktail bar Locale Firenze saturi di un respiro cosmopolita permeato dagli avventori e dalla cucina orientata a un approccio sperimentale dello chef Simone Caponnetto, in stretto dialogo con i cocktail ideati dal Bar Manager Fabio Fanni. Una cucina, quella di Locale Firenze, aperta al mondo come stato d’animo, alimentata dai viaggi di Caponnetto in America e Asia, ma anche Francia, Spagna e Italia, fulminato sulla via del fine dining a Sidney, e sempre più appassionato nella tessitura di connessioni fra patrimonio culturale locale, ingredienti e cibo, in un esercizio trasposto dal 2021 nel ristorante fiorentino. Qui le architetture originarie del XIII secolo fondono Rinascimento e visioni lontane evocate da luci, materiali, forme. Il lucernario vertiginoso e la parete di verde vero e ossigenante del Cocktail bar introducono alle sale del ristorante nate intorno all’antico colonnato che originariamente delimitava il quadrilatero del cortile dove giungevano le carrozze (il viaggio, ancora) e allestite con uno stile originale, dai contorni sfumati tra antico e contemporaneo, locale ed esotico nel quale si fondono neon color indian pink, brocante e broccati, marmi venati come nelle Cappelle Medicee ed eteree mongolfiere trattenute dallo spiccare il volo. Tutto è collocato per suscitare meraviglia, desiderio, curiosità. Come la cena a sei mani di una sera di primavera calda come l’estate nella quale lo chef Caponnetto accoglie due protagonisti della gastronomia internazionale: Jaime Pesaque dal Perù e Janaína Torres dal Brasile. Galeotta dell’incontro la World’s 50 Best Restaurants, che negli stessi giorni attira a Torino i più celebrati chef del mondo per scoprire la nuova classifica 2025. Al momento della cena a 6 mani Locale Firenze è al numero 36, Jaime Pesaque al numero 41 con il Mayta di Lima (oggi salito al numero 39) e Janaina Torres al 27 con A Casa do Porco. Firenze-Torino, due ex capitali d’Italia, è un tragitto breve per chi arriva dall’altra parte del mondo, e per chi ama viaggiare a tavola un’occasione davvero ghiotta.
Burratine e pinoli
Il percorso inizia con gli scintillii degli amuse bouche; sapori affatto eterei, anzi un crescendo di sensazioni nelle quali la vellutata carezza delle burratine e pinoli si alterna al morso pungente dei molluschi, dalle ostriche fritte ebbre di un fondo speziato, alle cozze in estasi con Caciocavallo e burro piccante. Morsi che offrono il destro per centellinare il cocktail Negroni Bianco e indugiare con lo sguardo sulla tavola destinata ad accogliere le creazioni dei tre chef, su mise en place che mescolano l’eleganza solida del marmo alle linee delicate dei piatti a forma di margherita di Rosenthal o delle scodelle odorose di brodo di rabarbaro dove tuffare il sinuoso cucchiaio Sambonet sul quale è spalmato un velo di formaggio vegetale la cui affusolata acidità è accesa da bergamotto, fragola e miele d’acacia. Sollevato il sipario sugli antipasti, è un susseguirsi di sensazioni neurotoniche.
Tuorlo, Caviale, Bottarga
Caponnetto rende omaggio all’uovo in tutte le sue sfaccettature, con una personale trilogia che lo incornicia in tre versioni: Tuorlo, Caviale, Bottarga. “Il piatto nasce dall’idea dell’uovo come protagonista” – racconta lo chef di Locale – “e la prima variazione lo vede svuotato e servito con una salsa verde iniettata al suo interno” ottenendo un boccone tutto giocato su armonia e amabilità. “Il caviale poi è un elemento che ho sempre impiegato in cucina e questa proposta lo vede unito a yogurt fatto in casa e cetriolo sottaceto su una base simile alla preparazione di pasticceria sablé breton”. Poca lavorazione nell’ultimo, fresco atto della trilogia, “per offrire alla bottarga la possibilità di esprimersi, valorizzata da limone e pan brioche”.
Fusilloni su dripping di zafferano e seppia
Altri suoi piatti della serata sono i Fusilloni sparsi su un colorato dripping di zafferano e seppia, la cui cottura involontariamente prolungata non compromette la godibilità di un piatto confort dal morso materico e gusto orticolo prolungato in maniera magistrale dal cocktail Cipolla. Sapori freschi e stagionali ripresi dal pre dessert, un sorbetto dalle piacevoli note estive di fragola e pomodoro sorrette da mosto cotto e grue di cacao sul fondo.
Cannolicchi con latticello e noci amazzoniche
Jaime Pesaque nasce e cresce in Perù. Diploma alla scuola Cordon Bleu, Master in Cucina all’Istituto Culinario Italiano per Stranieri e poi viaggi in Europa in ristoranti stellati di Italia e Spagna, tra cui El Celler de Can Roca, per formarsi e iniziare a delineare uno stile cuciniero personale. Nel 2008 apre il suo ristorante Mayta a Lima dove disegna una cucina peruviana contemporanea che a partire da ingredienti locali, tradizione e tecnica moderna lancia uno stile fra i più rappresentativi della nuova cucina latinoamericana e lo fa divenire ambasciatore della gastronomia peruviana nel mondo e capostipite di altre aperture e progetti anche fuori dal Perù, negli Stati Uniti, nei Paesi Bassi e in Italia (nei ristoranti di “cucina Nikkei” Pacifico). Alla cena a sei mani al Locale Firenze lo chef Pesaque presenta Cannolicchi con latticello e noci amazzoniche, un piatto straordinario per texture, sapori e consistenze, un gioco di colori e aguzze acidità paragonabili a un ceviche ma con infinite sfumature e penetranti percezioni sul palato completate da una chips simile a un ventaglio di corallo percorsa da sapide venature di alga codium.
Dessert Macambolo
Suo anche il dessert accostato a un cocktail allo yuzu e maggiorana, una nuvola bianca con cuore da scandagliare a fondo per scoprire l’omaggio alla biodiversità del Perù e dell’Amazzonia attraverso i frutti pregiati e ricchi di proprietà benefiche del Macambo e del Copoazú, alberi del cacao e del cacao bianco dell’Amazzonia; dell’Arazá, pomo silvestre dalla polpa carnosa con una pronunciata acidità nonché superfood inserito nell’Arca del gusto Slow Food ormai in pericolo nella selva peruviana anche a causa dei cambiamenti climatici e infine del Miele di Melipona, una fluida dolcezza con virtù nutrizionali e curative, trasparente oppure ambrata a seconda dei fiori sui quali si sono posate le api senza pungiglione del genere Melipona che la producono nei favi sugli alberi ma anche sottoterra, fondamentali per l’impollinazione di numerosi ecosistemi tropicali e la cui sopravvivenza è messa in pericolo dalla distruzione antropica delle foreste che la loro presenza contribuisce a salvaguardare.
Janaína Torres
Janaína Torres viene nominata Miglior Chef Donna del Mondo 2024 da The World’s 50 Best Restaurants. Come Julie, la compagna di Benjamin Malaussène nel ciclo di romanzi di Daniel Pennac, Janaina ha la pelle tigrata da un tatuaggio che le percorre un braccio annunciandone la fierezza. La chef, autodidatta e attivista con base a São Paulo, risalta come una delle voci culinarie più autorevoli dell’America Latina, impegnata a favore di una cucina accessibile, radicata nelle tradizioni brasiliane e basata sugli ingredienti locali. Tra i suoi progetti sociali spiccano l’educazione pubblica a favore di pasti scolastici sani e la ricerca culturale À Brasileira, che celebra la diversità del patrimonio gastronomico del Brasile. Come eco della cucina del ristorante
Gamberi Carabineiros, tucupi, mais e maiale
A Casa Do Porco fondato insieme a Jefferson Rueda e in classifica nella lista dei World’s 50 Best, alla cena a sei mani arrivano i suoi Bife a cavalo, un drappello di piccole tartare di manzo finger food sormontate da uova di quaglia nella cui delicatezza si insinua la saporosità decisa della cipolla, e poi un piatto ricco di simbologia che predispone alla condivisione: Gamberi Carabineiros, tucupi, mais e maiale, irrorato dalla chef Torres a tavola con il succo estratto dalla radice della manioca selvatica, ingrediente base della cucina amazzonica sia per l’uso in numerosi piatti tipici sia per l’abilità nella manipolazione che prevede l’eliminazione delle parti tossiche dalla radice. Il viaggio nelle cucine di queste grandi personalità della cucina internazionale si conclude con una consapevolezza più positiva di se stessi e degli altri, un esercizio dell’amicizia, dello svago e della condivisione. Una mente più aperta ed empatica verso le esperienze portate a tavola e un rispetto nuovo per le culture delle quali sono ambasciatrici.