Ci sono luoghi che rimangono nel cuore per quello che hanno significato in un dato momento della nostra vita, per l’accoglienza che abbiamo ricevuto, per un incontro, per la bontà del cibo che è stato cucinato per noi, Manuelina è tutte queste cose. Era il 1885 quando l’insegna apriva i battenti a Recco, grazie a una figura simbolo per questi luoghi, che dette il via a un’attività capace di diffondere fuori dai confini locali la celeberrima focaccia di Recco, insieme a un certo modo autentico di fare ristorazione fatto di semplicità e accoglienza, che vorremmo sempre incontrare. Mentre nasce lo Stato Libero del Congo. Arriva a New York la Statua della Libertà, donata dai francesi. Louis Pasteur sperimenta con successo il vaccino antirabbico. Gottlieb Daimler inventa la prima motocicletta. Nascono i poeti Dino Campana, Aldo Palazzeschi, Ezra Pound, il romanziere Edmondo De Amicis, il maratoneta Dorando Pietri.
A Recco nel 1885, Manuelina apre e dà un suo personale contributo al territorio, puntando tutto su quel ristorantino che accoglie i marinai, gli operai dei cantieri, i commercianti di passaggio, la gente della zona. Apre ed è subito un successo, con essa Recco entra nella storia della cucina. Fondata dai Romani sugli antichi insediamenti del popolo dei Casmonati, che abitarono Ricina e Casmona, gli odierni Recco e Camogli, l’antica Reccum, nasce lungo la strada fatta costruire dal console Emilio Scauro intorno al 670. Dopo la dissoluzione dell’Impero Romano, verrà dominata dai Vescovi di Milano e poi dall’Arcidiocesi di Genova. Intorno al 1100, mentre imperversa Federico Barbarossa, tutta la riviera ligure, compresa Recco, diventa feudo della Repubblica genovese, che avrà il compito di designare i consoli per amministrarne la giustizia. Nel 1223, per porre fine a contrasti che impedivano l’amministrazione della cosa pubblica, viene nominato da Genova il Podestà, che alternandosi con altri guiderà la cittadina fino al 1606, quando il Senato di Genova proclama Recco un Capitanato che comprende anche i paesi di Sori e Bogliasco. Con la caduta della Repubblica genovese, sul finire del 1700, seguirono i moti e l’illusione di una nuova libertà. Arrivarono i francesi che occupano Recco e la Liguria, per dividerla in quattordici dipartimenti, cantoni e municipi, fino a quando con la rinascita della Repubblica ligure, il trattato di Vienna fece perdere forza ad ogni sogno indipendentista, assegnando l’intera Liguria al Regno sabaudo. Siamo nel 1885 e mentre si vive di agricoltura e dei cantieri navali, tenuti in gran conto dagli armatori, per la competenza degli artigiani recchesi, a Recco apre una semplice trattoria dove si cucinano i piatti liguri e i sapori sono quelli di casa.
Un luminoso domani attende Manuelina, ma va guadagnato giorno dopo giorno, dedicandosi anima e corpo a quell’insegna che entra nel cuore dei recchesi. Poi nei primi anni del Novecento, Manuelina intuisce che il futuro è nello street-food e si ingegna nel reinterpretare le focaccette fritte farcite di formaggio tipiche della zona, amate da Cavour, Mameli e Stendhal, creando quello che diventerà uno dei piatti più celebri della cittadina e forse della regione, ispirandosi a una focaccia di antica memoria, che potrebbe essersi originata al tempo delle invasioni saracene, o forse risalire ad epoca romana, con il nome di Scribilita. A Recco, il paese di Luigi Tenco, Paolo Villaggio e Maurizio Crozza, Manuelina prepara una focaccia a cui pochi riescono a resistere. È un’impasto con farina, acqua, sale, olio, con cui si ottengono due sfoglie sottilissime farcite con prescinsêua, una sorta di stracchino con una marcata parte acidula, che conferisce quel sapore caratteristico e viene impiegato anche nella preparazione dei pansoti, della torta pasqualina, delle torte salate tipiche liguri e dei barbagiuai (ravioli di zucca fritti). Da allora, grazie al passaparola l’insegna aumenta la propria notorietà in modo esponenziale, rimanendo sempre di proprietà della stessa famiglia, che oggi è ben rappresentata nella conduzione di Cesare Carbone, pronipote di Manuelina.
Gli estimatori di Manuelina non si contano, chi l’ha frequentata, almeno una volta, puntualmente ritorna. La focaccia di Recco di Manuelina – anche nella sede attuale, dove si trova dal 1960 – si assaggia e non si dimentica, non per niente ha entusiasmato le più grandi menti del Novecento, che ne hanno tessuto le lodi, da Eugenio Montale a Gabriele D’Annunzio, da Albert Einstein a Umberto Eco, il quale ne scrive nel suo romanzo Il pendolo di Foucault. “Se dovessi scegliere la mia ultima cena, sicuramente la focaccia di Recco sarebbe nel menu” ha scritto Fred Plotkin, critico gastronomico del New York Times. Nel frattempo la celeberrima specialità tipica si è diffusa anche in altre insegne di Recco, ha ottenuto il marchio IGP, ha un Consorzio di Tutela e oggi ha addirittura un’intera giornata dedicata, solitamente in maggio, in cui viene celebrata con una grande festa. Ieri e oggi, tradizione e riconferma dei valori di una famiglia operosa, che non accenna a battute d’arresto, con ospiti che vengono e ritornano, come Jerry Scotti, Maurizio Crozza, Antonella Clerici.
Un’insegna viva, che grazie a Cesare Carbone mantiene alta la guardia da pericolosi revisionismi, ma senza opporsi alla contemporaneità, mentre si inaugurano sempre nuovi progetti. Nel 1983 accanto al ristorante nasce la Focacceria Manuelina, un fast food tipico a base della celeberrima focaccia; nel 2014 il brand sbarca a Milano; nel 2019 il Ristorante diventa Gourmet, per un’esperienza ancora più immersiva e di gusto e si aggiunge a pochi metri il Taste Hotel a quattro stelle e un efficiente e rinomato catering. “Farina di primissima qualità, stracchino, olio EVO e una sapienza secolare nel trattare l’impasto affinché non si ‘arrabbi’. Il tutto messo in forno ad altissima temperatura in tegami di rame. – Ecco il nostro segreto” – conclude Cesare Carbone. A tavola si sa, il vino ha un ruolo importante nel rendere completa l’esperienza e ogni piatto ha il vino che meglio si associa ad esso. Di seguito ve ne descrivo tre che ho trovato sublimi in abbinamento alla superba focaccia, che porta la firma di Manuelina.
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Montepulciano d’Abruzzo Riserva Doc
Non è una pizza, ma gli amanti della specialità partenopea, potranno ritrovare quei sapori e quelle suggestioni che solo una buona ‘Margherita’ sa dare, scoprendo che la focaccia di Recco può spingersi anche oltre il limite, osando un po’. Non è una napoletana, non è una pizza tirata, è una focaccia di Recco, ma che ha molto in comune con il Vesuvio. Ma quale vino associare a questo succulento cibo tipico? Mi porto senza troppe incertezze verso il Montepulciano d’Abruzzo riserva, di Torre dei Beati, una cantina che conserva un approccio sostenibile, attento all’ambiente e non vuole saperne di mettere in campo prodotti chimici di sintesi, mi piace il pensiero virtuoso che anima il lavoro di questa famiglia. Il grande affresco del 1400, che raffigura il Giudizio Universale conservato nella locale chiesa di S. Maria in Piano è stato fonte di ispirazione per il nome dell’azienda e ha un significato ben preciso, sottolinea le difficoltà che la vita ci pone davanti e dobbiamo superare, per proseguire verso un obiettivo più alto. Un parallelismo con i patimenti del viticoltore che sotto il giogo del meteo e dei mille imprevisti che possono verificarsi, cerca di portare a termine la vendemmia. Un lavoro scrupoloso che dal 1999, ogni giorno impegna Adriana Galasso e Fausto Albanesi nella gestione dell’azienda di Loreto Aprutino (Pescara), puntando sul biologico fin da subito, la prima bottiglia uscirà nel 2000, mentre si cominciano ad affiancare al Montepulciano, Pecorino e Trebbiano. Terreni calcareo argillosi, altitudine circa 250 mt., Raccolta manuale in piccole cassette, cernita accurata delle uve sul tavolo, vinificazione in acciaio, maturazione per 20 mesi in barrique di rovere francese con batonnage sulle fecce fini, per un Montepulciano 100% che è nato per sposare il cibo e si presta in modo particolare ad essere bevuto con la focaccia di Recco pizzata. Al naso scopriamo un’ampia trama olfattiva, ricca, piena, ampia, con sentori di frutta rossa matura, note di chiodi di garofano e piccole spezie. Al palato un bell’impatto, grazie a un sorso godibile, persistente, agile, energico, corposo, di struttura e tannini levigati ben definiti. Tanta piacevolezza e note di amarena, ciliegia sotto spirito, cacao, vaniglia, cannella.
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