Carezza, carretta, carrettiera, strada. Bella, grande e, forse, manutenuta. Ecco l’origine del nome della località Carezzabella. Dove passava una strada un po’ più bella rispetto alle altre, dove il passaggio era meno difficoltoso, più facile e dove le ruote dei carri o delle carrozze avevano meno scossoni. Siamo nel 1700, in provincia di Rovigo, a pochi passi dall’Adige che, lasciata l’irruenza delle montagne, scorre placidamente verso il mare. Fondata negli anni Venti del Novecento, con il nome di “Il Frutteto di San Martino”, dal 2000 Corte Carezzabella prende nuova vita grazie alla famiglia Reato.
Gli iniziali proprietari, torinesi, furono colpiti dalla fertilità del terreno adatto alla coltivazione di ortaggi. Crearono un’azienda di grandi dimensioni, sia in termini di superfice, 150 ettari, sia di ambienti necessari per stoccare grandi quantità di frutta e accogliere le numerose persone che vi lavoravano. La sua grande corte poteva essere considerata alla stregua della piazza del paese, un luogo dove i bambini si ritrovavano a giocare mentre le madri erano impiegate nei magazzini e i padri in campagna. Nel 2000 una sorta di risveglio, di recupero. La famiglia Reato si trova dinnanzi a una grande sfida: da una parte rendere nuovamente agibili gli edifici che si erano deteriorati nel tempo e poi riportare agli antichi fasti la tenuta diversificando le attività e ricondurla a un concetto di naturalità e di convivialità che nel passato le era appartenuto.
Francesco Favaretto
Quindi non solo azienda agricola ma anche winery, agriturismo con camere, scuola dell’infanzia Agriasilo, fattoria didattica e negozio per la vendita dei prodotti della terra trasformati nel laboratorio alimentare. Nel 2008 i primi ospiti iniziano ad animare le stanze dell’agriturismo, l’azienda agricola si converte totalmente al regime biologico e le coltivazioni spaziano dal vigneto all’orto, dagli alberi da frutta al seminativo. Un importante intervento di agroforestazione prevede la piantumazione di oltre 5000 alberi di essenze autoctone lungo la fascia perimetrale della proprietà e degli appezzamenti coltivati.
Nei 22 ettari destinati a vigneto trovano posto la Turchetta, vitigno a bacca nera autoctono della provincia di Rovigo, il Pinot Grigio, il Manzoni bianco, il Merlot, il Carmenere e il Trebbiano, tutti coltivati in regime biologico e all’insegna della sostenibilità. E la sfida è, un’altra volta, grande: fare un vino di qualità in un territorio storicamente non dedicato alla viticoltura.
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