VEUVE CLICQUOT, LA “RIVOLUZIONE” DI DOMINIQUE

La Storia ci ha insegnato una lezione indiscutibile, ovvero che le “rivoluzioni” non nascono in un giorno, ma molti anni prima. Albergano negli animi di coloro che poi le porteranno a compimento, iniziando come un piccolo rivolo e trasformandosi alla fine in un fiume impetuoso che stravolge tutto.

Oggi siamo di fronte a una rivoluzione in carne ed ossa, che si è consumata presso la Maison Veuve Clicquot. E sappiamo bene come le “rivoluzioni” non siano all’ordine del giorno in un mondo, quello degli champagne, dove le regole sono cristallizzate nel tempo e a dominare è la ferrea legge della tradizione. Cambiare “una tradizione” qui è difficilissimo. Ma accade. E colei che ha dato il nome a questa storica Maison ne sa certamente qualcosa.

Madame Clicquot ha sfidato il suo tempo, le sue convenzioni, le idee allora imperanti e i preconcetti che tentavano di dominarle la vita. Ma ha cambiato, per sempre, la storia della Champagne con la sua audacia e il suo ingegno.

Se è arduo sovvertire l’ordine costituito in Champagne, esempi come quelli di Madame Clicquot hanno dimostrato che c’è una regola suprema, che sovraintende qualunque precetto: l’eccellenza e la coerenza alle proprie idee. Madame Clicquot ha impresso nella roccia questo principio, con il suo esempio e la sua tenacia. Da allora, chiunque è succeduto alla sua leggenda ha avuto l’ingrato compito di cercare di essere al suo livello, almeno vicino alla sua geniale capacità imprenditoriale.

Calarsi nei panni di Chef di Caves della Maison Vevue Clicquot non deve essere agevole. Non basta essere un grande tecnico, non è sufficiente conoscere centimetro per centimetro la Champagne. E’ fondamentale avere qualcosa in più, che gli altri non hanno. Bisogna essere dotati di una cultura assoluta della Maison, per saper perpetrare all’infinito un mito molto più grande dei singoli uomini che sono chiamati a interpretarlo. E’ fondamentale avere quella scintilla che sa illuminare un pensiero, avere quell’intuizione che si rivela unica, inimitabile. Come fece e dimostrò Madame Clicquot.

A Milano, pochi giorni fa, un uomo che conosciamo bene per la sua irreprensibile bravura, ci ha dimostrato cosa significa “rivoluzione” alla Maison Veuve Clicquot.

Dominique Demarville è lo Chef de Caves della Maison. L’ultimo, assoluto interprete dell’eredità di Madame Clicquot. E non potrò mai immaginare con quanta fierezza viva quotidianamente il suo lavoro, al pari di Charles Delhayes e Jacques Peters, i due uomini che l’hanno preceduto in quel ruolo.

Dominique Demarville ha “firmato” la sua prima Grande Dame, annata 2008. Quando ci lavorò, dieci anni fa, ebbe quella “scintilla” di cui parlavamo. Decise di aumentare in maniera significativa la percentuale di Pinot Nero che storicamente caratterizzava la Grande Dame.

Dal 1962, dall’anno della prima creazione dell’etichetta icona della Maison, nella Grande Dame il Pinot Nero non ha mai superato il 60%, con lo Chardonnay a colmare la differenza. Demarville decise allora di spingersi oltre il 90%. Perché?

Chi conosce bene la Champagne sa bene che una cosa del genere assomiglia molto ad una “rivoluzione”. I tecnici, gli amanti dei “numeri” sono saltati sulla sedia. E una ragione, a ben vedere, c’è sicuramente, considerando quanto incidono nello stile di uno champagne le scelte di assemblaggio tra Pinot Noir, Chardonnay e Meunier.

In realtà, la vera rivoluzione di Dominique non risiede affatto nella percentuale altissima di Pinot Noir della sua Grande Dame. Sarebbe stata la stessa cosa se avesse scelto lo Chardonnay al 100%.

La “grande” rivoluzione di Dominique è quella di aver stravolto una abitudine, obbedendo al suo destino, perpetrando il mito. E i miti si aggiornano, si adeguano ai tempi, pur rimanendo intatti e idealmente fedeli a sé stessi. Il mito l’ha creato Madame Clicquot. Dominique ha intuito che per mantenerlo vivo, reale come allora, era necessario un cambiamento. Doveva creare uno Champagne dal carattere unico, e per farlo ha ricercato quella finezza e quell’eleganza che da sempre è disegnata nella Grande Dame. Ha cercato la tensione, la lunghezza e l’energia dei Grand Cru di Verzy e Verzenay, nella parte Nord della Montagna di Reims, e di Bouzy ed Ambonnay dalla parte sud. Poi è andato ad Ay, per un tocco più “floreale”. Ha comunque capito che la strada era il Pinot Nero, l’unica arma che aveva per vincere la sua sfida.

Una ricerca che abbiamo deliziosamente indagato in un percorso a ritroso nel tempo, attraverso alcuni millesimi leggendari della Maison come il 1990, il 1989 e il 1979. A questi si aggiunge questo incredibile 2008.

Le leggende sono tali per due semplici motivi: l’immortalità e l’unicità. Barbe-Nicole Ponsardin, Veuve Clicquot è stata la prima a capirlo, Dominique Demarville, cronologicamente, l’ultimo.

Dopo di lui ci sarà un altro, e poi ancora un altro, in un infinito scambio di ruoli. Ed ognuno di essi cambierà gli schemi, le formule, i concetti. Ma il risultato sarà sempre identico al primo, quello concepito da una straordinaria Signora, rimasta vedova presto, che non si rassegnò ad un destino già scritto da altri.

 

Degustazione d’autore firmata da Manlio Giustiniani

La Grande Dame 2008

92% Pinot Noir, 8% Chardonnay

98/100

Un aroma complesso e ammaliante di frutta rossa e nera, fleur d’orange, mandarino, susina Mirabelle tipica dei Pinot Neri della parte nord della Montagna di Reims. Piacevolissime anche le note di cacao. Al palato una purezza vertiginosa grazie all’acidità data dall’annata, una bella struttura, tannicità e un finale minerale di agrume scuro che regala un’affascinante salinità. La Grande Dame 2008 è uno champagne complesso, fine, elegante, dinamico, piacevole da bere oggi oppure tra 20 anni.

 

La Grande Dame Rosé 2008

92% Pinot Noir (di cui il 14% vinificato in rosso), 8% Chardonnay

96/100

Champagne per pochi fortunati, ne sono state prodotte solo 1000 bottiglie… Il Pinot Nero vinificato in rosso è quello di Clos Colin: solo un 1,5 ettari a Bouzy, considerato lo Chambolle Musigny della Champagne. La Grande Dame Rosé 2008 sembra ancora più giovane della versione in bianco, grazie ai tannini che rafforzano la freschezza del vino. Il colore è un ramato brillante e l’aroma esprime una ciliegia iconica, ma non matura, bensì acidula, che si sposa alla perfezione con il lampone e la fragolina di bosco. Il palato è ancora ammantato da frutta rossa, le note di una splendida mineralità salina rendono la beva piacevole e continua.

 

La Grande Dame 1989

60% Pinot Noir, 40% Chardonnay

95/100

Il 1989 fu assemblato dal predecessore di Demarville, Jacques Peters, che fece un lavoro straordinario in una delle annate più calde di fine XX secolo, ricercando la freschezza nei Pinot Noir di Verzy e Verzenay. Aroma con lieve riduzione iniziale, ma in evoluzione si apprezza una nota fumé e a seguire frutta secca, confettura, miele. Al palato è cremoso, ci sono note di caffè moka, tensione con un finale minerale.

 

La Grande Dame 1979

67% Pinot Noir, 33% Chardonnay

97/100

Assemblata da Charles Delhayes, predecessore di Jacques Peters, è stata fonte d’ispirazione per Demarville, poiché nella storia era quella che aveva la percentuale di Pinot Nero più alta, con dégorgement nel 2018, quindi ben 40 anni sui lieviti. Aroma di tartufo, note salmastre e di salamoia, l’albicocca in confettura, agrume, pompelmo, lieve ossidazione, nuance speziate. Al palato ancora una bella struttura e freschezza nonostante l’età, con una mineralità crayeuse lunghissima che lo mantiene giovanissimo.

 

La Grande Dame 1990

61%Pinot Noir, 39% Chardonnay

99/100

Ed eccoci ad un “capolavoro” assoluto di Jacques Peters, degustato in magnum. Aroma strepitoso, con note fumé, nuance tostate, sottobosco, tartufo, caffè in torrefazione, frutta secca, nocciola e tabacco biondo. Al palato si apprezza pienamente una struttura setosa, di una mineralità salina eccellente e con un finale lunghissimo.

 

 

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