LUIGI BARTOLINI. ATTRAVERSO IL COLORE

Dal 29 ottobre 2023 al 7 aprile 2024 i Musei Civici di Palazzo Buonaccorsi di Macerata presentano la mostra Luigi Bartolini attraverso il colore, un approfondimento sulla produzione pittorica di Luigi Bartolini (1892-1963), poliedrico maestro cuprense di cui si celebra quest’anno il 60° anniversario della scomparsa.

Luigi Bartolini, Paesaggio (1922). Collezione privata

A cura di Manuel Carrera, l’esposizione si inserisce nel programma di eventi promosso dalla Regione Marche per celebrare il sessantenario della morte di Luigi Bartolini, che coinvolge cinque comuni: Cupramontana, Macerata, Urbino, Osimo e Camerino con capofila il Comune di Macerata. Un omaggio dovuto per riscoprire i legami con le Marche e far conoscere anche alle nuove generazioni un grande artista marchigiano. Il comitato di studio presieduto da Vittorio Sgarbi e sostenuto da Luciana Bartolini, figlia dell’artista, ha dato vita a un importante momento di analisi e valorizzazione i cui risultati saranno presentati nel fitto calendario di iniziative in programma fino al 7 aprile 2024.

Luigi Bartolini, prolifico anche nell’incisione, nella letteratura e nella critica d’arte, si è espresso in pittura con un linguaggio originale e moderno, in grado di coniugare i soggetti della tradizione con la forza del colore e l’impeto del gesto propri del Novecento.

Luigi Bartolini, La grande conchiglia (1960). Collezione privata

Dalle tangenze con gli stilemi secessionisti alla propensione tonalista, le oltre 60 opere in mostra, provenienti da musei e prestigiose collezioni private, documentano la profonda cultura figurativa del Bartolini pittore, figura d’artista tra le più interessanti del secolo scorso. Personalità eclettica e dalla vivace vena polemica, con la sua figurazione si contrappose al recupero della tradizione promosso dalla pittura italiana durante il ventennio fascista, suscitando, alle esposizioni del tempo, da un lato lo scetticismo dei conservatori, dall’altro l’entusiasmo della critica più attenta. Un raffronto con l’opera grafica evidenzia inoltre la pluralità di indirizzi della sua ricerca, con l’obiettivo di restituirgli il posto che gli spetta nella storia della pittura del Novecento italiano.

 

Il percorso espositivo

Luigi Bartolini, Spatola e martin pescatore (1937). Collezione privata

Arricchito di documenti inediti e fotografie, il percorso espositivo si snoda attraverso quattro sezioni tematiche. La prima affronta un aspetto nodale della produzione di Bartolini: quello dell’intimismo domestico. In linea con i soggetti prediletti dai pittori italiani del primo ventennio del Novecento, l’artista realizzò a partire dal 1914 una serie di dipinti a olio raffiguranti interni e ritratti di familiari e amici. Tuttavia, nonostante l’atmosfera rassicurante e il delicato lirismo che li caratterizza, Bartolini rinuncia a quel realismo di ricordo impressionista allora apprezzato dal collezionismo borghese, preferendo ad esso una spiccata tensione espressionista. Opere come Armanda (1914, collezione privata) e La camera di Anna (1914, collezione privata) presentano evidenti affinità con le ricerche delle nuove leve delle “secessioni” italiane, in particolare Gino Rossi, mentre la predilezione per linee essenziali e colori vivaci, resi con pennellate larghe e cariche di materia, rivela una profonda conoscenza della pittura internazionale. L’attitudine fauve di Bartolini si riscontrerà anche nei dipinti eseguiti nei decenni a seguire, a riprova da un lato di un’ostinata ricerca di coerenza, dall’altro di una curiosità verso la figurazione moderna, dai pittori della “Scuola di via Cavour” negli anni Trenta a De Pisis e Guttuso dal dopoguerra.

Luigi Bartolini, Il tavolo dell’artigiano (1955). Collezione privata

Il percorso prosegue con la seconda sezione dedicata alle nature morte che, per sua stessa ammissione, rivestono un ruolo di assoluto rilievo all’interno della sua vasta produzione: “[…] ho sempre goduto e nel modo il più sottile, profondo, grande, ineffabile quando ho fatto dell’arte. Ho goduto anche quando ho inciso i topolini morti, le spine di pesce, le farfalle imbalsamate: le cose le più maldestre per gli altri, per me costituirono dei poemi che, ripeto, mi sollevarono in paradiso”. Così Bartolini affermava nel testo introduttivo alla personale di incisioni alla Quadriennale del 1935. Un confronto con la produzione su carta mette in risalto analogie e contraddizioni nell’affrontare lo stesso tipo di soggetti – che talvolta riprende utilizzando media diversi – pur nell’ambito di un percorso di assoluta coerenza. Comune alle nature morte incise e quelle dipinte è l’accento lirico e introspettivo conferito alla rappresentazione degli umili oggetti d’uso quotidiano: diversa è invece la loro interpretazione, istintiva, essenziale e gioiosa in pittura, contemplativa e velatamente malinconica nell’incisione.

Luigi Bartolini, Periferia (1957). Musei Civici Palazzo Buonaccorsi, Macerata

Si continua poi con il paesaggio, spostando idealmente lo sguardo al di là della finestra dell’abitazione di Bartolini, immortalata nel grande disegno su carta La famiglia giovane (1928, collezione privata). L’evoluzione del suo linguaggio si ripercorre così attraverso i paesaggi, nei quali dimostra di privilegiare una visione compendiaria della realtà, tutta luce e colore, di forte impatto emotivo. Tale modus operandi si esprimerà appieno soprattutto nella fase matura della sua carriera, meritevole di una riscoperta: nel 1957, con il dipinto Periferia (Macerata, Palazzo Buonaccorsi) si aggiudicò il prestigioso “Premio Nazionale Scipione”, allora alla sua seconda edizione.

Luigi Bartolini, Ragazza alla toletta (1946/49). Museo Palazzo Ricci, Macerata

La sezione conclusiva della mostra, intitolata Brani di vita prende infine in esame quelle scene di genere che, lungi dall’avere carattere aneddotico, documentano l’interpretazione interiorizzata che Bartolini offre della realtà. Brani di vita quotidiana, resi con cromie talvolta ardite, nei quali sono ravvisabili tangenze con la sua raffinata produzione letteraria. A questa produzione appartengono opere come Il romitorio del 1942 (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea) e le Mietitrici realizzate per la raccolta di Giuseppe Verzocchi attorno al 1949 (Forlì, Pinacoteca Civica), opere eccezionalmente concesse in prestito.

  

Luigi Bartolini

Luigi Bartolini nel soggiorno. Collezione Luciana Bartolini

Luigi Bartolini nasce l’8 febbraio del 1892 a Cupramontana. Ottiene a Siena il diploma in composizione decorativa e l’abilitazione all’insegnamento del disegno. Si trasferisce prima a Roma, dove tra il 1910 e il 1912 frequenta l’Accademia di Belle Arti e l’Accademia di Spagna, poi a Firenze, dove frequenta i corsi di architettura, di anatomia e di nudo. Sono questi gli anni della sua formazione. Conosce Ardengo Soffici e Dino Campana e collabora con il Fieramosca, ma soprattutto, frequentando gli Uffizi, “incontra” le acqueforti di Rembrandt, Fattori e Goya. A questo periodo risalgono i suoi primi quadri a olio e le sue prime incisioni. Nel 1914 si stabilisce a Macerata e si dedica all’incisione. Lo scoppio della Prima guerra mondiale e la chiamata alle armi interrompono bruscamente la sua attività artistica. Come ufficiale di artiglieria combatte sul Carso, sul Piave e in Cirenaica e gli viene assegnata la medaglia di bronzo al valor militare. Nel 1919, rientrato a Macerata, si trasferisce in un piccolo studio e inizia la sua attività di insegnante: nel 1920 insegna a Sassari, nel 1921-22 ad Avezzano, nel 1923-24 nuovamente a Macerata, l’anno dopo a Camerino, nel 1926-28 a Pola, dove conosce Oskar Kokoschka, e infine nel 1928-29 a Caltagirone.

Nel 1928 è chiamato a esporre le sue opere alla Biennale di Venezia, manifestazione alla quale prenderà parte regolarmente fino al 1962. Nel 1929 conosce Giorgio Morandi. Dopo i primi anni di stima e amicizia, con scambio reciproco di corrispondenza e acqueforti, il rapporto s’interrompe bruscamente e rimarrà sempre difficile. Il 1930 è l’anno della sua affermazione come scrittore. Pubblica per Vallecchi di Firenze Passeggiata con la ragazza, illustrato con sue acqueforti, e per Mondadori Il ritorno sul Carso. Si moltiplicano le collaborazioni ai principali giornali e riviste dell’epoca. Nel 1931 espone cinque acqueforti alla Prima Quadriennale d’Arte Nazionale di Roma, rassegna a cui parteciperà nelle edizioni successive e che nel 1965, a due anni dalla sua morte, gli dedicherà una mostra retrospettiva.

Nel 1932 ottiene il primo premio ex-aequo con Giorgio Morandi e Umberto Boccioni per l’incisione Fonte San Gennaro alla Galleria degli Uffizi. In dicembre, alla Galleria del Milione a Milano espone quaranta acqueforti assieme a guazzi e disegni di Fernand Léger e Jules Pascin. A Osimo, nel 1933, con l’accusa di “mantenere segreti rapporti epistolari con i fuoriusciti” viene arrestato e trasferito nelle carceri di Ancona, “carcere d’una bellezza Piranesiana”. Dopo un breve periodo di confino a Montefusco, viene trasferito come sorvegliato politico a Merano, dove rimane fino al settembre del 1938. Sarà un periodo di grande sofferenza ma tra i più fertili della sua attività artistica. A Merano incontra Anna Stickler, musa ispiratrice protagonista di numerosissime incisioni, poesie e racconti.

Nel 1935 la II Quadriennale Nazionale d’Arte gli dedica una sala personale e gli conferisce il primo premio per l’incisione. Nel 1936 inizia l’amicizia con Sebastiano Timpanaro che lo presenterà al gruppo del caffè delle Giubbe Rosse di Firenze, al quale apparteneva Eugenio Montale. Nel 1937 viene premiato con medaglia d’oro e di bronzo all’Exposition Internationale des Arts et des Techniques a Parigi. Nel 1938, terminato il confino, rientra a Roma e insegna presso il Museo Artistico Industriale. Mentre il ministro Alfieri lo invita a non dare giudizi favorevoli sugli ebrei, pubblica il saggio su Modigliani “Modi” (Edizioni del Cavallino, Venezia), definendolo “un angelo”.

 Luigi Bartolini nello studio. Collezione Luciana Bartolini

Nel 1939 partecipa alla III Quadriennale Nazionale d’Arte con una sala personale, ricevendo il primo premio per l’incisione. Nel 1941 Cipriano Efisio Oppo presenta la personale “Luigi Bartolini, pitture e acqueforti” con 25 dipinti e 60 incisioni alla XLVIII Mostra della Galleria di Roma. Nel 1942, alla XXIII Biennale Nazionale di Venezia, ha una sala personale con 30 dipinti e 60 incisioni e ottiene il Gran Premio per l’incisione. Lionello Venturi pubblica un entusiastico saggio su Bartolini pittore e incisore, saggio che analizza in maniera nuova e originale l’artista Bartolini. Negli anni a seguire s’intensificano le mostre personali, i riconoscimenti e la pubblicazione di libri.

Nel 1946 pubblica per Polin, un piccolo editore romano, il suo libro più famoso, Ladri di Biciclette, dal quale Cesare Zavattini e Vittorio De Sica trarranno il film che vincerà l’Oscar nel 1948. Nonostante la polemica con Zavattini per aver stravolto il senso del racconto, Bartolini otterrà un grande successo personale e il libro avrà oltre venti edizioni straniere. Nel 1947 inizia l’intensa collaborazione con la Promotrice delle Belle Arti di Torino e nel 1948 riceverà un premio a Nancy al Musèe des Beaux Arts per la sua partecipazione, in rappresentanza dell’italia, alla “Mostra Internazionale dell’ex libris e della illustrazione del libro”.

Innumerevoli le mostre personali e collettive all’estero, tra cui Londra, Stoccolma, Parigi, Zurigo, New York, Lugano, Lisbona, Bruxelles, Anversa, Varsavia, Bordeaux, Barcellona, Tolosa, Atene, Monaco, Rio de Janeiro, Pittsburgh, San Paolo del Brasile. Nel 1949 il Gabinetto delle stampe di Parigi acquista sue acqueforti.

Nel 1952 inizia l’amicizia con Leonardo Sciascia che sarà suo ammiratore e collezionista di sue incisioni. Nel 1954 a Firenze vince il premio del Presidente della Repubblica e nel 1958 a Venezia il Gran Premio per l’incisione. Ancora a Venezia nel 1959 alla III Biennale dell’incisione il premio del Presidente del Consiglio. Intensissima, fino ai suoi ultimi giorni di vita, l’attività letteraria. Riprende la collaborazione con l’editore Vallecchi di Firenze, con il quale, tra il 1951 e il 1963 pubblica sette titoli. Con la casa editrice Scheiwiller di Milano pubblica sei titoli nel 1948 e con Mondadori tre titoli. Il bilancio finale della sua attività letteraria conta oltre ottanta titoli pubblicati e centinaia di collaborazioni a giornali e riviste. Nel 1960 viene nominato Accademico di San Luca ed insignito della medaglia d’argento per i Benemeriti della Scuola, della Cultura e dell’Arte. Muore a Roma il 16 maggio del 1963.

 

  

Luigi Bartolini

Attraverso il colore

 

29 ottobre 2023/7 aprile 2024

 

a cura di Manuel Carrera

 

Musei Civici Palazzo Buonaccorsi

via Don Minzoni 24

Macerata

 

 

musei.macerata.it

 

Cover: Luigi Bartolini, Spatola e martin pescatore (1937). Collezione privata (dettaglio)