HAVELI, L’INDIA NEL PIATTO: IL VIAGGIO DI GIOTTI SINGH TRA MEMORIA, SAPORI E RADICI

Non è soltanto un ricettario né un semplice libro di cucina: Haveli, l’India nel piatto – opera prima dello chef Giotti Singh, titolare del più antico ristorante indiano di Firenze e protagonista dei maggiori matrimoni dei suoi connazionali in Italia – ha un obiettivo che guarda ben al di là della mera parte gastronomica: far attraversare un Paese intero restando seduti a casa.

Giotti Singh

Il volume, edito da Il Forchettiere, suona come una lettera d’amore alla propria terra, un ponte tra mondi diversi, un invito a scoprire i mille diversi volti del subcontinente asiatico. Intrecciando la storia personale dello chef originario del Punjab con le vicende (gastronomiche, certo, ma anche storiche e geografiche) dei diversi Stati indiani, Haveli, l’India nel piatto è un viaggio narrativo raccontato da un interprete appassionato della tradizione indiana in Italia: la voce di Giotti è calda, autentica, e restituisce la sensazione di essere accolti nella sua casa (il nome “Haveli” indica proprio le grandi case che, oggi come in passato, sono legate a doppio filo all’impronta del proprietario).

Sin dalle prime pagine, infatti, Singh mette in scena un racconto che unisce memoria, cultura e sapore, illustrando anche materie prime, tecniche di cucina e utensili spesso lontani dalla nostra quotidianità. Suddivise per area di provenienza, le 25 ricette più una (il classico pollo Tandoori, comune a tutto il Paese) non sono presentate solo come “istruzioni” ma come tasselli identitari, ognuna accompagnata da consigli e variazioni per adeguarle ai tempi frenetici dell’Occidente contemporaneo e ai regimi alimentari più diversi.

Dal Punjab al Kerala, da Goa fino al Bengala, il libro offre una panoramica sulle cucine tradizionali che spaziano dagli Stati del nord, al confine con l’Himalaya, fino a quelli del sud che risentono delle influenze britanniche e olandesi. Millenni di storia e di dominazioni hanno portato a piatti caratteristici come le Samosa, i Naan, il Biryani o il Butter Chicken, e la struttura del volume alterna gli evergreen indiani con numerose preparazioni meno note al pubblico europeo, offrendo un quadro ampio e sfaccettato della cucina indiana. Le ricette sono spiegate con chiarezza, pensate anche per chi si avvicina per la prima volta a queste tecniche e ai loro profumi. L’attenzione agli ingredienti e alle loro varianti dimostra una sensibilità che non vuole semplificare a tutti i costi, ma rendere accessibile senza tradire l’essenza.

Uno dei punti di forza del libro è la sua capacità di raccontare l’India non come stereotipo, ma come un mosaico di culture e sapori. Singh descrive la cucina come linguaggio emotivo e collettivo, con un equilibrio riuscito tra rispetto della tradizione e adattamento creativo, parlando tanto agli appassionati di cucina quanto a chi desidera approfondire la cultura indiana attraverso il cibo. Dal punto di vista estetico, l’opera è curata e invitante: le fotografie sono luminose e narrative, capaci di evocare atmosfere domestiche, botteghe di spezie, riti conviviali. Ogni immagine aggiunge valore al testo e incoraggia alla sperimentazione, come testimonia il capitolo dedicato agli abbinamenti con il vino, la birra e le bollicine.

Accompagnato dalla moglie Rubel, nel suo ristorante fiorentino Giotti continua rinnova ogni giorno la sua dichiarazione d’amore per le radici e per il viaggio. Perché, come ricorda un antico detto del Punjab riportato nelle pagine finali del libro, “Puoi allontanare un indiano dall’India ma non potrai mai allontanare l’India da un indiano”.

 

 

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