CALABRIA, UNA TERRA DA SCOPRIRE

Wild wild chic. Ovvero quel fascino un po’ ruvido che ha portato quest’estate molti a scegliere la Calabria come meta per le proprie vacanze. In cerca di qualcosa di nuovo, di spazi aperti e angoli incontaminati, ma anche di natura, tradizioni antiche, mari e monti.

Abbiamo visitato un piccolo angolo di questa regione troppo poco conosciuta, la costa ionica da Cirò Marina a Capo Rizzuto, alla ricerca di giovani imprenditori dinamici che stanno organizzando ecotour alla scoperta delle lavorazioni più antiche – il vino, il pane, la seta – e del territorio. Abbiamo scoperto scorci incantevoli ma anche strutture di livello che hanno tutto per accogliere il viaggiatore più esigente e ristoranti raffinati e innovativi.

Sulla costa ionica l’hotel da appuntarsi in agenda è il Praia Art Resort, un buen retiro affacciato su una spiaggia bianca al confine con l’area marina protetta di Isola Capo Rizzuto. Un labirinto di basse costruzioni per una trentina di camere, ognuna con un angolo dedicato allo studio-relax – un piccolo giardino zen, una veranda, un terrazzo. Gli arredi, in materiali naturali, pietra, legno e ceramica, sono stati lavorati dalle sapienti mani degli artigiani crotonesi. Il resort contiene anche una gradita sorpresa: la stella Michelin del ristorante Pietramare Natural Food di chef Nicola Annunziata. La sfida, quest’anno, è rimanere aperti anche nella stagione invernale, in una località normalmente frequentata solo per vacanze. La cucina, creativa e che fa un uso elegante dei magnifici prodotti locali, di mare e di terra, lo merita.

Il resort è in posizione strategica per visitare quella che è probabilmente la realtà più dinamica e interessante della zona, l’azienda vinicola Librandi.

La Calabria orientale è da sempre terra di vini, coltivarono per primi la vite i greci – per loro era Enotria Tellus, la terra dei vini – e riscoprire e catalogare i vitigni autoctoni dimenticati o perduti è la missione che si è data questa realtà. La loro sede, come è giusto che sia, per il maggior produttore ragionale, è a Cirò Marina, l’antica Krimisa, che dà il nome al vitigno più noto e rappresentativo della Calabria.

Il simbolo del grande lavoro che i Librandi stanno facendo da vent’anni con il supporto di enologi, ampelografi e docenti universitari va però cercato nell’entroterra, nel cuore della Tenuta Rosaneti – la più estesa delle sei dell’azienda, tra i comuni di Rocca di Neto e Casabona – ed è il “giardino varietale”, uno spettacolare vigneto di due ettari a spirale che contiene più di 200 tipologie di vite. Affascinante, anche se non semplicissimo, è il percorso in e-bike (ma per chi si trovasse in difficoltà con lo sterrato ci sono i pick-up). Inerpicandosi sulle colline più alte infatti si ha un colpo d’occhio su questa terra particolarissima, con la vista che abbraccia il mar Ionio e le cime spesso innevate delle montagne della Sila.

Il risultato di tanta ricerca sono vini identitari e rappresentativi del territorio che riprendono il Gaglioppo, uno dei vitigni più antichi d’Italia e il Greco Bianco, il Magliocco e il Mantonico, genitore di diversi vitigni italiani, ma anche alcuni vitigni internazionali che qui si sono ambientati a meraviglia. I Librandi si sono dati l’obiettivo di portare la Calabria nella mappa vitivinicola mondiale. E ci stanno riuscendo, tanto che il loro Critone 2018 è finito nella Top 100 di Wine Spectator.

Loro, i Librandi, azienda attiva dagli anni ‘50 e guidata fino al 2012 dai fratelli Antonio e Nicodemo, hanno accolto dopo la scomparsa di Antonio la terza generazione. Raffaele, Paolo, Francesco e Teresa ci accolgono con grazia e competenza. Hanno studiato – chi filosofia chi economia, in fondo è questa la culla della Magna Grecia in Calabria – a Milano e sono tornati con le idee assai chiare. È un piacere ascoltarli come lo è visitare il piccolo ma interattivo museo del vino e dell’agricoltura, ricavato nel casolare di primi Ottocento della tenuta, dove si può anche, ça va sans dire, degustare sul lungo tavolo di legno gli spesso sorprendenti vini dell’azienda.

Terra e mare si alternano in connubi spesso riuscitissimi. Se amate più la sostanza della forma, fate tappa Da Ercole a Crotone dove il pesce è freschissimo e trattato in maniera mai scontata. È un ristorante di pesce dal look assai tradizionale dove provare gli spaghetti aglio e olio con gamberi e scorza d’arancia di Ercole Villirillo ma anche, semplicemente, lasciarsi accompagnare nel percorso di mare costruito col pescato del giorno.

Quest’angolo di Calabria è il luogo giusto dove testare un teorema: la Calabria è terra non facile, ricca di tradizioni perdute da recuperare, sfidante ma ammaliante. La dimostrazione la troviamo nei giovani che hanno deciso di restare, riprendendo antiche lavorazioni e prodotti quasi scomparsi con modalità 4.0.

Una nuova piccola via della seta etica e sostenibile, interamente Made in Calabria, è ciò che propone Nido di Seta. Punto di partenza è il piccolo Museo della Seta allestito nel quattrocentesco Castello Caracciolo a San Floro, borgo arroccato in cima a un colle, vista campagna. Ce lo presenta Domenico, laurea in Sociologia a Napoli e tra i promotori del progetto: “Fino al ‘700 il catanzarese era la capitale europea della seta. A Catanzaro già nel 1519 fu creato un disciplinare per tutta la filiera e i damaschi prodotti qui erano esportati in tutta Europa”. Poi tassazione, malattie e il cambio di colture segnano la decadenza, con la lavorazione limitata in famiglia per preparare i corredi.

Abbiamo rilevato un terreno comunale in disuso, creato una cooperativa di ragazzi e ricucito il percorso, piantando 3000 gelsi e coinvolgendo una rete di artigiani sul territorio”. Dalla pianta alla filatura ai vestiti, passando per tinture e stampe naturali, gioielli, marmellate e cosmetici tutto, viene fatto a partire da quel voracissimo animaletto bianco dalle piccole corna nere e dall’unica pianta di cui si ciba: il gelso.

Sempre a San Floro, 722 abitanti, è partito grazie al crowdfunding nel 2016 il progetto di Stefano Caccavari Mulinum. In terreni abbandonati si è tornato a coltivare in biologico varietà di grani esclusivamente locali, con i quali si producono farine integrali macinate a pietra e trasformate in pane secondo antiche ricette e con l’utilizzo di lievito madre. Il mulino produce anche ottime pizze – tra cui quella firmata da una “local” eccellente, la cheffe stellata Caterina Ceraudo: il suo Dattilo non è lontano da qui.

La terra antica, che qui a tratti appare quasi ancestrale, torna e si rinnova. Forse è proprio ciò di cui abbiamo bisogno, adesso. Ed è ciò che la Calabria ci può offrire. Il lusso, ora, passa anche da qui.

 

 

praiaartresort.com

mulinum.it

librandi.it

ristorantedaercole.com