DOM PÉRIGNON, FINE DINING E AFFINITÀ ELETTIVE

Un legame etereo di sofisticata armonia, un legame estatico come il flusso perpetuo delle setose bollicine dello Champagne, inserisce i Dépositaires Dom Pérignon nell’orbita divulgativa più autorevole della storica Maison di Épernay.

Un circuito, quello dei Dépositaires, che affina le sinergie tra Dom Pérignon ed il fine dining, un laboratorio artistico permanente che vede evolvere la visione prospettica dello Chef de Cave alla luce dell’ambizione di ridefinire nella contemporaneità l’amabilità dei Millesimati: trascendono i vincoli dell’annata, perpetuando l’ideale stilistico-enologico della Maison.

Depositari delle selezioni più esclusive degli Champagne ma soprattutto ambasciatori ed interpreti, gli Chef dei ristoranti selezionati da Dom Pérignon, evidenziano una poliedrica attitudine, definita dall’ispirazione che li proietta nell’avanguardia.

Tensione all’espressività sensoriale, nitida rivelazione di sapori e strutture, sensibilità artistica, ricercatezza e dedizione ad elevare ogni dettaglio ad icona, si traducono in una esaltazione biunivoca di champagne dosati per aver sì immediata leggibilità, ma soprattutto per narrare nell’evoluzione, perpetua giovinezza.

Andrea Antonini

Andrea Antonini è forse il più giovane executive chef tra i Dépositaires Dom Pérignon, interpreta nell’etica, nell’estetica, nella definizione stilistica e creativa i valori fondanti e la filosofia della Maison, soprattutto nella lettura e nella sua raffinatissima interpretazione onirica degli ingredienti italiani stagionali di ricerca.

Identità, autorevolezza, incisività, visione, ironia, leggiadra eleganza e sublimazione tecnica sono la metrica esecutiva dei menù del ristorante stella Michelin Imàgo all’Hassler, enclave dello stile più iridescente dell’alta cucina italiana. Ospiti d’eccezione della serata dedicata agli Champagne Dom Pérignon sono stati Roy Caceres, la sua brigata ed il team di sala del ristorante Orma, insieme per trasmettere la loro autorevole visione sulle contaminazioni del gusto. Indivia come emblema di identità vegetale per lo chef Caceres, nella partitura screziata di mandorla, mou di albicocca ed olive taggiasche: toni taglienti, tannici ed amaricanti d’apertura del menù, leggibili nell’ottica tellurica del dualismo di due visioni artistiche tanto distinte, quanto legate dalla memoria degli esordi.

La tradizione italiana per Andrea Antonini è orgoglio culturale e patrimonio di sapori da perpetuare, focalizzando essenza e purezza. Su questa linea stilistica trova inedita e seducente enfasi lo Scampo al pepe verde, vivace degli agro-dolci-piccanti, della sfrigolate panure che eleva ad esperienza emozionale l’eloquenza del crostaceo, esaltato dalla delicatezza della cottura. Al compendio di fondo bruno l’emblematica memoria e l’ironica prospettiva del classicismo contemporaneo.

Dom Pérignon Vintage 2012 espone amabilità biscottate, una perla lattica che vira al fiore di cappero e candito di bergamotto, un idillio espressivo che ritrova nell’assaggio del Raviolo ostrica proposto dallo chef Roy Caceres, la clorofillica essenza del cetriolo della salsa d’accompagnamento.

Il Rosé Vintage 2008, sebbene sia oggi ancora distante dal suo potenziale climax, mantiene la paradigmatica audacia che lo sdogana dai cliché dei rosati e lo pone nell’espressione complessa del Pinot Noir, come deus ex machina. Sottolinea la trama speziata di cardamomo e cipriata della violetta candita, nella sottigliezza tannica ed esperidata del pompelmo rosa e dello zenzero. Nell’abbinamento al Calamaro alla milanese di Antonini, supporta la rotondità floreale dello zafferano, la sontuosa petit brunoise di calamaro si fa ologramma del perlage, nitida espressione di tecnica magistrale.

L’evento dell’8 luglio scorso è stato caratterizzato dal cooking show dell’executive chef Antonini, che ha coordinato insieme al sous-chef Riccardo Romolo, il servizio dell’Aragosta alla catalana, allestendo per l’occasione una scenografica fucina BBQ sul rooftop panoramico dell’Hassler. Le note fumé del Vintage 2004 Plénitude 2, hanno tratteggiato la iodica opulenza dell’aragosta, esaltata dalla costellazione pickled dei vegetali.

Anche la portata scelta dallo chef Caceres ha idealmente espresso nel pairing l’eclettismo della Plénitude 2. L’Arrosto di pecora abruzzese laccata alla ‘nduja ha rapito i sensi come fosse uno stargate per i Balcani. Lodevoli la scelta aromatica mediterranea dell’olio di lentisco e la tessitura fermentata dello yogurt e della lattuga alla senape, a donare accenti salini e acidulati.

Il capitolo dei dessert si è aperto con un ricercato fuori programma dell’head sommelier Alessio Bricoli, un adamantino Eiswein da Goldmuskateller di Basserman Jordan, azienda del 1700 che ha sede a Deidesheim: “durante la nostra visita in Renania-Palatinato, Basserman fu l’ultima azienda del nostro tour, ha vigneti di proprietà certificati bio, alcuni condotti in biodinamica. L’Eiswein fu l’ultimo vino degustato. Rimanemmo impressionati tanto da pressare l’importatore affinché importasse questo nettare per noi in Italia. È un vino dallo straordinario spettro olfattivo, che apre con sentori agrumati, un richiamo al limone candito e al bergamotto, per poi virare su note più floreali come la rosa. All’assaggio l’attacco è dolce ma al tempo stesso sorretto da una marcata verticalità ed acidità, si susseguono sensazioni di miele, un accenno erbaceo ed una corrispondenza esperidata tra percezioni olfattive e degustative”.

Stile ed eleganza nella selezione enologica che in sala si amplificano e trovano il massimo esponente dell’accoglienza istrionica ed adorabile in Marco Amato, Restaurant manager da vent’anni all’Hassler, fiero oggi più che mai del team di collaboratori di sala che ha formato, nutrendoli di significative esperienze estere, per mantenere sempre acceso quel riverbero sul mondo che si scorge unicamente dalla prospettiva Imàgo, qui dall’empireo di Roma.

Una serata conviviale che anche quest’anno pone l’Hassler Roma ai vertici dell’esclusività degli eventi dell’estate della Capitale, nell’ordine ideale dell’eccellenza perpetuata da generazioni dalla Famiglia Wirth, che mira a proiettare al futuro il proprio patrimonio artistico, storico e culturale dell’ospitalità.

L’eleganza è una complessità risolta nell’evocatività del perlage, che, come una carezza, tatua un’emozione: Valeria Righetti – Brand manager Dom Pérignon – ha saputo divulgare anche al pubblico amatoriale dell’evento, la proiezione stilistica della Maison che affina da sempre l’allure della mitologia enologica.

 

 

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