IL VINO ALLA SVOLTA TECNO-CULTURALE

Il mondo del vino è a una svolta? Questo è il quesito che sta alla base del convegno organizzato dalla Fondazione Olmo. A indagare l’argomento nelle sue mille sfaccettature esperti e docenti universitari. La Fondazione Olmo nasce nel 2025 per volontà della famiglia e in ricordo di Giuseppe Olmo, famoso ciclista degli anni Trenta che acquista, a fine anni ’70, la Tenuta di Artimino, uno dei luoghi storici in cui il vino si produce sin dal 1600. La Fondazione, che ha lo scopo di promuovere la cultura e l’arte non poteva iniziare il suo percorso se non partendo dalla cultura del mondo del vino. Un modo per celebrare il Genius loci della Villa costruita a fine Cinquecento e di tutto ciò che è avvenuto in questa terra. Storia è passata da qui. Occorre appunto partire dalla storia, da quella che spesso viene chiamata tradizione. Riccardo Cotarella, presente di Assoenologi, apre il convegno instillando il dubbio sulla bontà, a tutti i costi, della tradizione “La tradizione è un inganno per il consumatore. La tecnica e la tecnologia vanno avanti. Chi andrebbe da uno sciamano anziché da un medico?

Tenuta di Artimino

Il termine “tradizione” deriva da “traditio” ovvero trasmettere, trasferire, tramandare ma anche da “tradere”, tradire, venir meno a un impegno. Ecco allora come la tradizione riesce a farci comprendere il valore dell’innovazione; si dice infatti che l’innovazione è una tradizione ben riuscita, ricorda Attilio Scienza, professore di viticoltura all’Università degli Studi di Milano, esperto di genetica della vite e innovazione vitivinicola. Ciò che oggi è tradizione è stata un tempo innovazione: la formula del Chianti come definita dal Barone Ricasoli è stata una innovazione che è diventata tradizione ma è stata stravolta, forse tradita, dai Supertuscan.

Attilio Scienza

Si può anche riflettere sul concetto di autoctono: cosa lo è veramente? Secondo il prof. Scienza, la gran parte dei vitigni che vediamo in un luogo non sono autoctoni propriamente detti, ovvero non sono nati in quell’area. Autoctono quindi non si deve riferire alla nascita ma alla possibilità che il vitigno presenta di esprimersi in un luogo. Il sangiovese ha radici tra Calabria e Sicilia ma la Toscana è il posto nel quale si esprime al meglio. Un altro aspetto riguarda il “tradimento” della tradizione enologica per fare nuove scoperte. Oggi il principale problema è il cambiamento climatico che potrà essere contrastato solo con un uso sapiente della genetica, della sensoristica avanzata e dei sistemi intelligenti. In questo contesto si inseriscono i vitigni PIWI, anche se il vero progresso si raggiungerà con l’adozione delle TEA (Tecniche di evoluzione assistita) che porteranno alla selezione di vitigni e portinnesti più resilienti nei confronti delle malattie e del cambiamento climatico. L’intelligenza artificiale consentirà, inoltre, di trovare forme di allevamento capaci di gestire al meglio le alte temperature e di ridurre i tagli di potatura, allungando così il ciclo di vita dei vigneti. Storia e futuro si intersecano nella relazione del dott. Luca Toninato, esperto di viticoltura di precisione e remote sensing che ha evidenziato come il contadino abbia sempre piantato la vigna nei territori che riteneva migliori. Oggi l’utilizzo di rilevazioni satellitari consente pratiche di viticoltura 4.0 basate su strategie differenziate per singolo appezzamento, sino a livello pianta per pianta. Una viticoltura di precisione permette trattamenti meno invasivi e più mirati; robot e droni consentono di elaborare mappe di dettaglio e controllare l’avanzamento dell’annata modulando l’attività in campagna con precisione. La funzione decisionale dell’agronomo non cambia ma è sempre più supportata da maggiori informazioni. L’architetto Franco Achilli, docente di Visual Identity all’Università IULM di Milano, ha posto l’attenzione sul concetto di Genus Loci, lo spirito dei luoghi, il rapporto tra terra e cielo, la spiritualità dei luoghi. Tutto quello che c’è intorno alla vita è basato sulle emozioni e sull’esperienza. Il Genius Loci è variabile, si modifica con il tempo ma è espressione dello sforzo dell’uomo di misurarsi per trovare l’armonia con il mondo che lo circonda. Quindi il terroir come costruzione culturale, con saperi incorporati, temporalità stratificate e pratiche rituali.  Anche concetto di Cru, rappresenta il rapporto tra uomo e paesaggio, la geometria dei luoghi determina anche il modo di piantare la vigna; l’uomo non in opposizione alla natura ma in armonia. Il prof. Vincenzo Russo, docente alla IULM, fondatore e direttore del Centro di Ricerca di Neuromarketing, analizzando le tecniche su come rendere più efficace un messaggio, ha ribadito come l’uomo non sia una macchina pensante che si emoziona ma sia una macchina emozionale che pensa. Quindi occorre conoscere le modalità per attivare alcune aree del cervello che rendono più bello ed efficace il messaggio. In questo le etichette dei vini svolgono un ruolo centrale (colore, grafica, coerenza) tenendo conto che il 95% del processo decisionale di acquisto avviene a livello inconscio. Ovviamente, una delle priorità di ogni azienda è quella di vendere i proprio prodotti. Da questa esigenza nasce il marketing. Il prof. Alberto Mattiacci, Professore Ordinario di Economia e Gestione delle Imprese a La Sapienza di Roma, rileva come sul mercato vi sia una sovrabbondanza di prodotto e questo crea la necessità di costruire un “brand” ovvero la riconoscibilità di una azienda che può dire “questa sono io”. La si ottiene con un elemento grafico, un colore, un nome e poi si trasforma in uno status e in un desiderio, anche emozionale, di acquisto. Nel caso del vino, l’ospitalità in azienda è una fabbrica di emozioni. Il Marchio non significa Brand, il brand ha l’appeal e per costruirlo serve molto tempo. Poi, quando il brand diventa forte non appartiene più alla sola azienda ma diventa pubblico e ciò che rappresenta (in termini di reputazione e posizionamento) è importante tanto quanto il prodotto nella sua essenza tecnica.

Il vino, che è sempre stato un collante tra amici, un modo di condivisione, sta perdendo questa sua funzione anche a causa del cambiamento delle abitudini del consumatore e dei canoni sociali. Il dott. Gabriele Gorelli, primo Master of Wine italiano, osserva come vi sia comunque una ciclicità delle crisi e che queste sono determinate da differenti e molteplici motivi compreso quello delle sovraproduzioni e la differenza tra costo di una bottiglia al supermercato e quello al ristorante. Oggi, inoltre, il pubblico è alla ricerca di vini meno alcolici, leggeri, sostenibili, capaci di rispondere alla crescente richiesta di trasparenza, autenticità e responsabilità ambientale. Occorre cambiare anche il linguaggio della comunicazione del vino, occorre parlare di vino come si parla delle persone, focalizzandosi su personalità e caratteri e affinità elettive con l’occasione di consumo e l’abbinamento con la cucina. Qui è necessario creare contrasti evitando lo stereotipo “vino importante = alta ristorazione” ovvero sarebbe necessario proporre grandi vini con piatti confort, popolari, gustosi ma realizzati con materie prime genuine. Ma se occorre trovare forme nuove di comunicazione verso il consumatore, quest’ultimo come sta evolvendo, come sta cambiando? Il prof. Vanni Codeluppi, dell’Università di Modena e Reggio Emilia, spiega come consumatore sia una persona che vive in un ambiente sociale che lo condiziona. Dopo i fatti dell’11 settembre 2001 il consumatore si sente in difficoltà, vulnerabile, incerto e cerca sicurezza con l’installazione di allarmi, con l’acquisto di auto di grosse dimensioni, cerca un lusso gratificante o si rifugia nella regressione ludica. La natura è passata dall’essere madre all’essere matrigna con i suoi fenomeni estremi e distruttivi mentre l’individuo cerca benessere psicofisico attraverso l’alimentazione controllata, no zuccheri, no conservanti, no grassi… Vi è una sorta di nostalgia del passato, la socialità in presenza ha lasciato spazio a quella digitale; esiste il bisogno di autenticità di sostenibilità, di correttezza e il vino, ha bisogno di una identità coerente.   Come già aveva anticipato il dott. Luca Toninato, il prof. Guido Di Fraia, Prorettore all’Innovazione alla IULM e CEO di “IULM AI Lab”, ha focalizzato il suo intervento sulle grandi capacità di elaborazione e di analisi dei dati che l’Intelligenza Artificiale ci mette a disposizione. Se in vigna una serie di sensori può portarci alla conoscenza precisa dello stato di salute di ogni pianta e alla gestione precisa e puntuale del vigneto, l’AI può essere impiegata in una lunga serie di altre attività, dalla gestione finanziaria alla creazione di campagne pubblicitarie personalizzate, dalle ricerche di mercato, anche a livello internazionale, al controllo dei prezzi, dalla concorrenza e alle scontistiche. Lo scopo ultimo non deve essere sostituire l’intelligenza umana, ma aumentarla liberando risorse creative, migliorando le performance, per dedicarsi alla gestione della complessità. La conclusione, così come sintetizzata dal dott. Vincenzo Ercolino, Coordinatore della Fondazione, il cui intervento ha chiuso la giornata, evidenzia come non esiste un prodotto resistente alle mode e ai cambiamenti epocali quanto il vino. I cambiamenti antropologici di questi ultimi anni devono portare a una riflessione corale di tutti coloro che sono coinvolti nella produzione e nel consumo di vino.

 

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