BARONETTO E CAMANINI. LE 263 VOLTE DEL CAMBIO
Nessuna crisi d’identità per uno dei più storici ristoranti di Torino. Del Cambio, dal 1757 luogo emblema di una cultura senza tempo, concentrato di storia e di vita che ha visto al suo interno il susseguirsi di illustri ospiti della politica, dell’arte, della filosofia, del teatro, della scienza o semplicemente di uomini amanti del buono e del bello, è oggi ancora più attuale. Nessun senso di soggezione ripercorrendo le eleganti sale, accomodandosi al tavolo di Cavour, intrattenendosi nella celebre Sala Risorgimento, rievocando l’anima di un luogo in cui per più di 250 anni si sono costruiti sogni. Sale e spazi architettonicamente preziosi e storicamente autentici dove, come disse Gianni Agnelli, “non esiste un torinese che non abbia un ricordo importante”.

Matteo Baronetto e Riccardo Camanini
La freschezza nella capacità di saper essere contemporaneo, e l’alta cucina che lo contraddistinguono, lo rendono uno dei templi del piacere gastronomico. Sarà anche la presenza del talentuoso Matteo Baronetto, executive chef stellato, che con grande spensieratezza interpreta, attraverso un menu di “affinità elettive”, il vissuto Sabaudo e l’autorevole regalità che si respira a Torino.
In questo viaggio retrò che traghetta Del Cambio nel suo 263° compleanno, Matteo Baronetto, ospita ai fornelli di Piazza Carignano, nel segno di un’amicizia che diventa Affetti Personali Vol. II, Riccardo Camanini, executive chef del Ristorante Lido 84 di Gardone Riviera.

Anguilla fritta, calamari, alchermes con brodo di fagioli
Un dialogo ispirato dal legame che hanno costruito sulle orme di Gualtiero Marchesi, che affonda le radici nei rispettivi territori di provenienza, e si lega agli ingredienti locali. Una solidità tecnica che li ha uniti infine nel successo della prima Stella Michelin, raggiunta contemporaneamente nel 2014: “Incontrandoci abbiamo ritrovato la nostra matrice comune che deriva dalla scuola di Gualtiero Marchesi, dove abbiamo imparato a reinterpretare il passato con pulizia ed eleganza” raccontano. Un percorso che appare come un viaggio nell’essenziale: “Abbiamo creato insieme un menu di profumi, note e consistenze” aggiunge Riccardo Camanini, mescolando stile, gusto e identità personali, in un dialogo caratterizzato da grandi generosità, stima e ascolto reciproco. Una strada culinaria basata sul concetto di essenzialità, alla continua ricerca dell’identità di gusti e gesti.

Scampi al vapore, uva in salamoia, agresto e olio di fico
Il benvenuto con Focaccia alla brace e alga nori al pomodoro, Fiori di zucca in tempura e Lattuga di mare in tempura è l’incipit di rottura in attesa del Persico trippato con aceto di mandorle amare. Due tipologie molto diverse di pesce, il persico del Lago di Garda accompagnato con le trippe grasse del baccalà fritto in tempura. Un boccone che ricorda il fritto misto alla piemontese e che si impone per la sua succulenza in un calore palatale smorzato dalle note semi amare dell’aceto di mandorla ermellina.
Gli Scampi al vapore, uva in salamoia, agresto e olio di fico rimangono un intermezzo acidulo in attesa dell’Anguilla fritta, calamari, alchermes con brodo di fagioli e pompelmo per un gusto ancestrale, forte, determinato. Solo per un momento le strade dritte e parallele di un’annunciata essenzialità sembrano smarrirsi.

Ravioli di gallina, mostarda e burro alle rose
Per ricomporre il palato ecco i Ravioli di gallina, mostarda e burro alle rose accompagnati da Ravioli di castagna affumicata in gelatina: molteplici sapori che in un ascolto reciproco si fondono nell’unione perfetta. Il punto di contatto con la tradizione, nella puntualità di un piatto che riesce a richiamare perfettamente la classicità, è il Riso, guanciale, lesso e intingolo di funghi: pienezza e grande rotondità di gusto conferita dalla mantecatura lenta del guanciale. Poi il deciso sapore umami di funghi trifolati arrostiti, la leggerezza dei funghi al vapore, una goccia di colatura di alici per il bilanciamento perfetto.

Riso, guanciale, lesso e intingolo di funghi
Affetti Personali vol. II è infine la Triglia alla brace, melone bianco al latte di mandorla e olio di argan che ancora una volta spariglia le carte di un percorso ideato dopo “valutazioni di ogni elemento a distanza, a volte scettici riguardo alle intuizioni gustative dell’altro” commentano gli chef. Un viaggio che profuma di esotico, un laboratorio di odori e sensazioni, dove lo studio e la ricerca divengono l’emblema di libertà. Geniali fino in fondo con il Savoiardo, pere, pepe indonesiano, lime e gelato al miele di Ailanto, Il Savoiardo “scocciato”, che nasconde una polpa di pere estremamente piacevole e delicata affermano Baronetto e Camanini. Il dessert omaggio a Cavour, il dolce preferito che àncora il menu ad una conclusione spiccatamente torinese e fortemente poetica.