DAL FORNO ROMANO. IL LINGUAGGIO DELLA VALPOLICELLA
Grandi etichette e un grande produttore illuminano Milano. È il Ristorante Acanto, presso l’Hotel 5 stelle Principe di Savoia, ad ospitare in occasione della terza edizione della Milano Wine Week la cena evento di Dal Forno Romano firmata WineTip. Tutto il meglio delle sue etichette proposte dall’importante realtà milanese, un team di valore per una delle più importanti cantine d’Italia, 4000 referenze e una significativa rappresentanza d’annate.
Lui invece, Dal Forno Romano, è uno dei produttori più autorevoli nel mondo della Valpolicella, pensatore visionario che con nuove forme di linguaggio e processi vinicoli, enologici e naturali, ha promosso una nuova comunicazione del territorio, codici espressivi diversi per uve antiche come Corvina e Corvinone, moderne consapevolezze su appassimento e longevità. Ci sarebbe davvero molto da raccontare della sua vita e della sua lungimiranza, dell’ambizione sincera di produrre solo il meglio dai suoi venticinque ettari di vigne; ma come sempre “tempus fugit”.
In un percorso di abbinamenti gastronomici impeccabili, sono alcune delle vendemmie in degustazione, pietre miliari, a testimoniare un viaggio unico che dal Valpolicella Superiore 2013 Monte Lodoletta arriva a raccontare del Recioto Annata 1997, passando per l’Amarone della Valpolicella 2009. Da sempre solo tre le etichette prodotte: Amarone, Recioto e Valpolicella, le uniche vere espressioni del territorio secondo Dal Forno, ottenute da vigneti sulla collina d’Illasi in un territorio esterno alla zona classica di produzione.
In fondo conta molto poco “il dove” se si pensa alla straordinaria bravura di un uomo senza blasoni e diplomi, capace di grande libertà e di estremo rigore, di anni di lavoro eseguiti in modo maniacale, secondo il suo pensiero, sempre all’avanguardia. Una figura umile, modesta ma dalle idee chiare e da una tenacia fuori dal comune, capostipite di un progetto generazionale e famigliare ancor prima che imprenditoriale. La prima etichetta nel 1987, da lì in poi il successo: internazionale, costante, duraturo.
Il menu, affidato allo chef Alessandro Buffolino, porta in tavola piatti concreti capaci di enfatizzare l’infinito potenziale d’invecchiamento. Tartara di Fassona con crema di pepe e topinambur per Valpolicella Superiore 2013, Monte Lodoletta: un calice che vibra al naso raccontando di note balsamiche e profumi mediterranei. La bocca è fresca, estremamente giovane ma ben coniugata nel corpo e nel tannino.
Risotto al tartufo bianco d’Alba e Valpolicella Superiore 1998, Monte Lodoletta è un matrimonio d’amore. Di un’altra categoria, d’intense sensazioni enoiche che mostrano al palato gioventù e complessità, dinamicità e potenza. Frutto definito, mora e ciliegia inserite in un respiro più ampio, che abbraccia il sapore del cioccolato, le spezie orientali e soffi di vaniglia.
Pluma di maialino con spinacini e jus alle spezie per l’Amarone della Valpolicella 2013, Monte Lodoletta. Giovane ma già estremamente pronto. Viaggia su un’altra dimensione, smarcandosi da qualunque idea di Amarone: i migliori grappoli, i migliori vigneti selezionati per ottenere l’espressione del suo credo. Una filosofia che abbraccia la natura per trasformarsi in poesia: 60% Corvina, 20% Rondinella, 10% Croatina, 10% Oseleta.
Diaframma di manzo con jus all’aceto delle Dolomiti e patate boulangerie e Amarone della Valpolicella 2009, Monte Lodoletta. Impossibile resistere ad un sorso che presenta una ricchezza così ampia e così variegata. Potente e mai esagerato, è un vino teso e di sostanza. Le infinite possibilità di quello che può essere racchiuso in un calice con un potenziale d’invecchiamento ancora inespresso.
Recioto della Valpolicella 1997, Vigna di Monte Lodoletta: raro e prezioso, è prodotto solo nelle annate in cui le condizioni metereologiche sono ritenute eccezionali. La punta di diamante di un lavoro che nasce dalla passione, e che continua secondo le consuetudini del pensiero “Dal Forno”: quattro mesi di appassimento in locali aperti, fermentazione a temperatura controllata e due anni in barrique. L’assemblaggio e infine ulteriori 36 mesi di bottiglia per un calice rubino-granato, brillante, denso, opulento e soprattutto vivo. Frutti rossi scuri, prugne, cacao, pepe e cannella, nocciole tostate e scorza d’agrume annunciano una bocca decisa, mirabilmente perfetta. L’età, frutto di ventitré anni d’attesa, solo uno dei tanti punti di vista assai relativi.