LUX VITIS, IL TEMPO E LA “LUCE”
Che significato ha il tempo, se non lo si può misurare? Lo sa bene la famiglia Frescobaldi e il gruppo di lavoro che ruota intorno al progetto di Luce, dove nascono grandi vini in ben 88 ettari a Montalcino, a base di Cabernet Sauvignon e Sangiovese. Dall’acquisto del vigneto, a cavallo degli anni duemila, e il successivo impianto – diventato dunque produttivo nel 2004 – la comprensione del suolo argilloso-sabbioso è diventata come una nuova occasione, un’emozione mai provata, inaspettata – come lo è, in fondo, ogni vendemmia. Ecco spiegato il perché di quest’ultimo progetto, uscito dopo Luce e Lucente, che si sperimentava da tempo e che simpaticamente si chiamava Lux.

Lamberto Frescobaldi
Un patrimonio che si è voluto tenere nascosto per anni, e poi presentarsi dopo un po’ di rodaggio, nientedimeno che con una verticale. E non c’è modo migliore, per conoscersi, se non quello di andare nella profondità, nello scavare tra le scelte fatte nel passato. Tremano la voce e le mani. È una meraviglia il mettersi a nudo così. Perché? Ancora ad oggi non si riesce a carpire sino in fondo cosa sia Lux, ed è un bene. È certamente un vino esplosivo, minerale, ricco, longevo e che dà il meglio di sé nelle annate un po’ più piovose e che hanno visto la vendemmia iniziare alla fine di settembre. Le sensazioni di legno si percepiscono, ma non sono e non devono spaventare, il senso di pienezza e avvolgenza che creano, se stancano palati già affilati, fanno invece godere le nuove generazioni che iniziano a costruirselo, il palato, e arrivano da assaggi di vini più immediati e sul frutto. Insomma, è come una sorta di nuovo big bang. Tutto ciò accade in un confronto alla presentazione della prima verticale di Lux Vitis presso Spazio Niko Romito a Milano assieme a Lamberto Frescobaldi.

Alessandro Marini durante la degustazione
All’assaggio del 2015 e del 2018, si ritrovano vini dalla spinta acida promettente, con note similari al naso in prima battuta. Con le 2016 e 2017 siamo al cospetto di sorsi figli d’annata, in cui si vive l’andamento del clima, del suo equilibrio e perfezione, nel primo caso, mentre di un inverno mite e siccità nel secondo. Si vola davvero in un altro emisfero con il Lux sedici che gode però, come gli altri, di un medesimo protocollo di vinificazione ossia di una fermentazione in cemento e di un passaggio in barrique di rovere francese nuove per 24 mesi in cui avviene la malolattica.
Si parla in ogni caso di un vino esclusivo, per pochi; sono appena seimila le bottiglie prodotte annue, che da tre anni vengono curate dal trentenne enologo Alessandro Marini che, dopo svariate esperienze presso importanti Château nel Bordeaux (rive gauche e rive droite), ha scelto di accettare la sfida a Montalcino.
DEGUSTAZIONE
LUX VITIS 2015
È come una sorta di eterno ritorno quello del 2015 che resta minerale, con il respiro del frutto che è come entrare in un mare profondo per viverlo, tra le sue correnti fredde e calde. È da vivere una vita o un paio di ore. Bisogna lasciare le apparenze di una prima chiusura per entrare in un’idea di aromi vegetali e ferrosi, salsedine e muschio poi spenti da una polpa matura.
LUX VITIS 2016
Si percepisce l’effetto climatico, il sorso rappresenta una sicurezza, il tannino si mastica, e diverte ogni millisecondo. É una conquista per il frutto che si mangia, con la sua fragranza, la struttura per farla diventare ancora più solida a bella, sin dalla gioventù. Una grande esuberanza e freschezza con tocchi balsamici che pizzicano, si fanno tesi e si amplificano.
LUX VITIS 2017
Si incrementa la percentuale di Sangiovese in questa annata, l’acidità è dirompente, come la prima esplosione, al naso, dei frutti, spicca l’eucalipto e subito le sensazioni iodate seguite da peonie e rose secche. Si libera su sensazioni torbate, concentrando ed esaurendo la sua potenza materica in favore di quella più strutturale, giocando sui tannini e l’astringenza.
LUX VITIS 2018
Ha tutto quello che ci si aspetta da un vino che nasce in altezze più importanti (400 metri s.l.m.), e tra i vini in batteria è certamente il più vibrante, acceso. Si fa strada tra le sue campiture forti e strutturate, visibili già nel colore. In realtà ha in sé una prospettiva assai lineare e profonda, presagio di un percorso che è appena al suo inizio. Non si deve confondere il ritorno tannico e pepato in un arrivo, ma in una splendida promessa anticipata da quelle note al naso ferrose, di pietra, polvere di cannella che si trasformano in un gusto che distrae in principio per la sua parte più chiusa che vira poi, ancora e ancora, in una pioggia di bacche rosse dolce. Allo scioglimento della prossima nevicata, ovunque voi siate, il vino saprà aprirsi e raccontarvi di un nervo salace che tiene nascosto, come protetto, uno strato da esprimere per portare il palato a percepire una nuova dimensione, più stratificata, che è proprio quella che, forse, Lux vuole raggiungere. E che con la 2018 si inizia a intravedere.