PIO CESARE, PASSATO E PRESENTE DEL BAROLO

Erano degli anni strani, mai visti prima. Il mondo non aveva ancora conosciuto quella sensazione devastante di stasi, quando una corsa che sembrava inarrestabile, una crescita che si supponeva fosse destinata alle stelle, improvvisamente subisce una battuta d’arresto, lasciando davanti a sé un abisso senza aria. Erano gli anni della Grande Depressione, nel mondo di fine 1800. Erano gli anni in cui dominavano i progressi della chimica per conservare più a lungo gli alimenti, e l’elettricità consentiva di lavorare in fabbrica anche di notte, eludendo quei bioritmi sincronizzati alla natura con i quali l’uomo aveva scandito la sua vita da sempre. Erano gli anni in cui la farmaceutica migliorava la salute persone e il metallo diserbava materiali come il legno o il ferro. In quegli anni era più facile importare prodotti agricoli dalla Russia o dall’America, invece che acquistarli internamente, in Europa. Quelli erano gli anni della fuga di milioni di italiani, di milioni di agricoltori che salpavano alla volta dell’America, perché solo così si poteva continuare a guadagnarsi da vivere. Solo così si poteva continuare a sognare un futuro.

Era il 1881, quindi. Nel pieno di una situazione controversa che segnava un cambiamento economico, politico e sociale, c’era un uomo che procedeva controcorrente. Si chiamava Cesare Pio ed era originario di Alba. Era un imprenditore, come tanti. Amava il vino e, nonostante l’epoca fosse tipicamente di consumo, stranamente voleva produrselo da sé. Una scelta già sufficientemente bizzarra, che raggiunse i confini dell’assurdo quando, con il passare degli anni, questo hobby agricolo si trasformò in una vera e propria attività. L’imprenditoria di Cesare era cambiata e abbracciava, ora, un materiale più tenero e ostico insieme, più vivo e più dinamico, assolutamente fuori moda per quei tempi di traversate atlantiche.

Cesare Pio, fondatore dell’azienda Pio Cesare

La cantina che acquisì, situata nel centro storico di Alba, risaliva alla fine del 1700. Ed è ancora la stessa, che poggia sulle antiche mura romane di delimitazione dell’Alba Pompeiana, come all’epoca della sua costruzione. Furono necessarie due generazioni, dopo Cesare Pio, affinché l’attività vinicola di famiglia subisse un’ascesa nel mercato italiano ed estero, affermandosi specialmente per il suo Barolo. Era la metà del ‘900, all’incirca, e l’azienda Pio Cesare era in mano a Rosy Pio e suo marito Giuseppe Boffa. Pian piano i vigneti da cui l’azienda storicamente si riforniva vennero acquistati, arrivando a definire una proprietà di 75 ettari, dislocati in 18 diverse zone delle Langhe, da cui produrre Barolo, Barbaresco, i “veraci” Dolcetto, Barbera e Nebbiolo, poi Chardonnay, Sauvignon e un rosato da Nebbiolo e Syrah.

Oggi la famiglia Boffa-Pio è giunta alla sua quinta generazione, rappresentata dai cugini Cesare e Federica. Se il primo, più grande per anagrafe, affiancava lo zio Pio Boffa sin dal 2000, la seconda, invece, si è trovata ad essere investita di una responsabilità immensa, prima del tempo immaginato per quel passaggio di consegne tra padre e figlia che l’alternanza naturale delle generazioni impone. È recente, infatti, la scomparsa di Pio Boffa, padre di Federica, che ha reso necessario l’ingresso in azienda della giovane Boffa con entrambi i piedi, progredendo ad ampie falcate per mandare avanti una realtà estremamente complessa.

Federica Boffa Pio

Con tutti questi cambiamenti e il cuore gonfio di dolore e di ripartenza, Federica e Cesare, insieme a tutti coloro che rappresentano Pio Cesare, celebrano oggi i 140 anni dell’azienda, esattamente come avrebbe fatto Pio. Lo fanno attraverso l’immissione sul mercato di due prodotti speciali, a tiratura limitatissima. Il primo è un Barolo di Serralunga d’Alba 2017 – prodotto in 1881 bottiglie, ad omaggiare la data di fondazione dell’azienda – mentre il secondo è un Barolo Riserva 2000, di cui esistono appena 500 bottiglie, prelevate dall’archivio storico di famiglia. A partire da quest’anno, inoltre, al Barolo e Barbaresco sarà aggiunto il nome Pio, che li renderà rispettivamente Barolo Pio e Barbaresco Pio.

Hanno voluto appellarsi a ciò che li identifica, i Boffa, ossia l’arte – perché di arte si tratta – di assemblare le diverse sfumature del Nebbiolo per dare Baroli completi e assolutamente armonici. Il compenetrarsi dei caratteri crea la sinfonia perfetta, dove la mancanza di una nota è presupposto di accoglienza per l’abbondanza di un’altra. Così si compone un Barolo, così si gioca con le variabili, così si racconta la complessissima identità di un vino e di un territorio.

 

DEGUSTAZIONE

 

 

BAROLO PIO 2017

94/100

Bacca rossa, a ricordo di un fiore fresco sotto il tocco della rugiada, ma anche a sembianza del bosco più scuro e selvatico in ogni tratto. Violetta, muschio, una leggera traccia di cuoio. La bocca è delicatissima, sebbene ancora giovane e agitata. L’eco del suo timbro è estremamente sapido, a sottolineare una trama tannica veemente per età e non per carattere.

 

BARBARESCO PIO 2017

95/100

La finezza. Il naso è più sottile di quello del Barolo, ma non meno penetrante. Vira su note ancora più acidule e un sorso ancora più appuntito, più incisivo, più snello. Le sue durezze condotte con leggerezza sono i contorni di una figura elegante, dinamica come una musica e sinuosa come una danza.

 

BAROLO SERRALUNGA 2017

95/100

Qui lo spessore inizia ad appropriarsi del naso, colorandolo con variegature di frutta scura e di agrume, di terra e di finitura balsamica. Il sorso è completo, composto, ricco. Il tannino afferma la sua presenza in una discreta pressione astringente, perfettamente integrata a tutto il resto.

 

BAROLO ORNATO 2017

94/100

Si divide tra la parte lievemente balsamica e quella terrosa, scura, che ricorda il pellame e le foglie secche, deviando fino alla spezia orientale, fino al cumino. La bocca traccia un profilo snello su un corpo materico, con tannino e freschezza in evidenza ma per nulla scomposte.

 

BAROLO RISERVA 2000

97/100

Una delle cose più belle da fare, imbattendosi in certi profumi, è senza dubbio perdercisi dentro. Cenere, frutta secca, frutta rossa – persino quella acidula, ancora – e poi una parte speziata di zenzero, una nota di salamoia: questa è la ricchezza di un naso che avrebbe da dire più e più cose, attendendolo pochi attimi nel calice. La bocca è ancora freschissima, tanto da trarre in inganno su quell’età portata nel migliore dei modi, come un nobiluomo curato e ben conservato attraverso il tempo tiranno. Si veste di eleganza in ogni sua parte, ammaliando con quella sfrontatezza di chi sa che può permettersi certe consapevolezze, e le mostra senza timidezza alcuna. Un Barolo di grande spessore, di grande fascino. Un signore con lo smoking e il papillon di seta, a incorniciare l’espressione di un sorriso spontaneo.

 

 

piocesare.it

 

Cover: Federica Boffa Pio e Cesare Benvenuto Pio