VENISSA, IL VINO DI LAGUNA
A pochi minuti di camminata dalla fermata del vaporetto di Burano, attraversando il ponticello che collega le isole Burano e Mazzorbo, sorge Venissa. È una tenuta molto particolare che appartiene alla famiglia Bisol, uno dei grandi nomi nel mondo del Prosecco, che ha voluto investire in un ambizioso progetto di recupero di un vigneto coltivato a Dorona. Si tratta di un vitigno autoctono di Venezia a bacca bianca che nei secoli si è adattato all’acqua alta e alle particolari condizioni di questo terroir unico al mondo, ma quasi scomparso nel 1966, a seguito di 3 giorni di acqua alta ininterrotta.

Venissa in autunno (Photo credits Mattia Mionetto)
Correva l’anno 2002 quando Gianluca Bisol scoprì casualmente un vigneto su un’isola della laguna. “Accompagnando alcuni clienti a Torcello notai una vecchia vigna in una casa privata di fronte alla cattedrale di Santa Maria Assunta” racconta Gianluca Bisol “Riuscii a convincere la proprietaria a mandarmi un po’ di quell’uva quando fosse stata matura. Le cassette arrivarono piene di un’uva bellissima, con la buccia spessa, dal colore brillante dell’oro. Era la famosa Dorona, detta anche Uva d’oro, apprezzata dai veneziani, usata nei banchetti dei Dogi e poi scomparsa nel 1966.”
Le sue ricerche lo portarono al ritrovamento di poche piante sopravvissute, 88 in tutto, sparse tra i giardini e le vigne di Venezia. Decise così di ridare vita alla grande tradizione lagunare. Il luogo ideale è stato individuato nella tenuta Scarpa Volo, vigna murata e cantina per secoli, sita a Mazzorbo, isola che assieme a Torcello e Burano rappresenta la Venezia Nativa, un arcipelago di natura, colori, sapori e arte.

Venissa e Mazzorbo (Photo credits Nevio Doz)
E così, dal 2007, la Dorona viene coltivata all’interno delle mura della tenuta Venissa, ora guidata da Matteo Bisol, il figlio di Gianluca. Il vitigno – circa 4 mila piante in tutto – in questi anni ha dimostrato una perfetta adattabilità, trovandosi a suo agio in un ambiente dove la salinità del suolo, l’umidità e le estati calde ne hanno evidenziato il livello di simbiosi con il suo terroir d’origine, producendo effetti come una maggior concentrazione delle uve, una resistenza alla botrite, e una capacità di mantenere un’ottima acidità anche a temperature elevate.

I fiori nel vigneto di Venissa
“La Dorona è una pianta speciale per le isole della Venezia Nativa che, ad eccezione di Burano – isola di pescatori – hanno sempre avuto una forte tradizione agricola,” commenta Matteo Bisol, direttore del progetto. “Noi a Venissa abbiamo voluto recuperare questa tradizione partendo dalla viticoltura, molto praticata in laguna, e in particolare dalla Dorona. Un vitigno autoctono e semi-scomparso che nei secoli ha imparato ad adattarsi e a vivere in questo ambiente, sviluppando delle caratteristiche uniche che le hanno permesso di sopravvivere in condizioni davvero particolari. Ora che l’abbiamo reintrodotta nel suo terroir nativo, ne siamo custodi all’interno di questa vigna murata. Non possiamo che seguirla e osservarla nel suo percorso, tutelandone il valore culturale e ambientale.”

Mattia Bisol (Photo credits Lido Vannucchi)
La vigna, grande poco meno di un ettaro, è circondata da un muro medievale, ma è aperta al pubblico come se fosse un normale parco, dove poter passeggiare tra i filari e l’orto urbano, all’ombra di un antico campanile. La vigna murata fa da sfondo al Ristorante Venissa, dieci tavoli in cui Francesco Brutto e Chiara Pavan interpretano gli ingredienti della Venezia Nativa: il pesce della laguna, le verdure coltivate all’interno della tenuta da nove pensionati locali e le erbe spontanee colte dagli Chef tra i filari del vigneto.

Ristorante Venissa (Photo credits Francesco Galifi)
Per vivere a pieno l’esperienza di Venissa si può dormire in una delle cinque camere del Wine Resort, situate all’interno della tenuta tra la laguna e il vigneto, o nelle tredici camere di Casa Burano, al di là del ponte nell’ isola dei pescatori, dei merletti e delle case colorate.

Camera del Venissa Wine Resort
Ancora oggi il vigneto viene quasi completamente sommerso ogni 2-3 anni a causa delle acque alte della laguna, mettendo a rischio la viticoltura ma, al contempo, donando grande carattere alle uve. Queste 4 mila piante dalla storia particolare danno vita a 3-5 mila bottiglie annue, decisamente speciali anche esse. Al contrario delle normali bottiglie di 0,75 l, Venissa viene imbottigliata per la maggior parte nei contenitori di 0,5 l di capienza, tutte decorate con le sottili foglie d’oro al posto delle etichette.

L’incisione della bottiglia di Venissa
È un vero omaggio al passato di Venezia, che rende onore a tre tradizioni locali: il vino, l’oro e il vetro. L’ispirazione è stata tratta, appunto, dal nome del vitigno: Dorona, l’uva d’oro, legata ad un’altra delle maggiori tradizioni dell’artigianato veneziano, quella dei Battiloro, famiglie che battono l’oro a mano. Le foglie d’oro vengono applicate a mano su ogni bottiglia e fuse nel vetro all’interno dei forni delle vetrerie di Murano.
Oggi Venissa è uno dei vini più ricercati dagli appassionati. Nel 2016 è stato giudicato da VinePair come miglior vino bianco al mondo, un vino unico con note salmastre che richiamano la laguna e i suoi profumi: Venissa è un grande bianco da collezione con un’eccellente longevità. Alla fermentazione in acciaio seguono 48 mesi di affinamento in contenitori inerti di cemento, per poi concludere con qualche mese in bottiglia. La 2016 è la settima annata di Venissa Bianco, che promette di essere la migliore del decennio.
Questi sono i numeri dell’annata: 3880 bottiglie da 0,5 l, 80 magnum (1,5 l), 40 jeroboam (3 l) e 20 imperiale (6 l) per una produzione estremamente limitata e rara.
DEGUSTAZIONE
Venissa 2015
È stata un’annata particolarmente proficua: il numero di bottiglie supera 5000 pezzi. Nel calice sfoggia un colore dorato intenso – non per niente il nome delle uve è Dorona. Al naso giungono i profumi ricchi, in particolare le note di fiori gialli, di miele e di agrumi. In bocca c’è una grande freschezza nonché eleganza, i sentori di mele gialle e note salmastre.
Venissa 2011
Il colore è quasi ambrato, a vista somiglia quasi a un Orange wine. Al naso è particolarmente intenso, dai sentori di un passito o di un vino liquoroso, pieno di riferimenti a mandorle dolci, agrumi e spezie. Anche in bocca non delude, semmai rincara la dose con la sua complessità, intrisa dai sentori di mandarino tardivo
Venissa 2010
È la prima annata, ed è per questo unica, rarissima e ricercata dai collezionisti. Il colore del vino nel bicchiere diventa un orange ancora più intenso. Al naso è complesso e avvolgente, con note di scorze di agrumi e di tabacco. Al palato è elegante e intrigante, regala qualche sentore di pompelmo giallo e di spezie orientali.