I CAPRICCI DI MERION, UN’UMBRIA SENZA TEMPO
I Capricci di Merion è il posto giusto dove svegliarsi con il canto degli uccellini, lontani dai rumori cittadini. Una Villa nobiliare in stile Liberty, costruita nel ‘800 come pegno d’amore da Barone di Rondò per la sua amante, una capricciosa nobildonna di nome Merion, è un luogo ideale per scappare da una grande città e rifugiarsi in Umbria, nelle vicinanze del lago Trasimeno. Solo dieci confortevoli suite dal fascino d’antan, una piccola romantica spa, una piscina tra gli ulivi, un bellissimo parco con la vigna, l’orto e un ristorante ne fanno una tana perfetta per ritrovare la serenità, il buon umore e anche l’intimità. In effetti, il lago trasmette un senso di pace, tranquillo e calmo come lo si può avvistare dall’hotel. Il suo specchio blu si distende per 128 km2 tra canneti e ninfee, piccoli borghetti, promenade di Passignano sul Trasimeno e la rocca di Castiglione del Lago, ospitando svariati uccelli come anatre selvatiche, cormorani e martin pescatore.
Arianna Fiorenzoni, innamorata della Villa da oltre 20 anni, e suo marito Stefano Santuari, hanno progettato l’hotel con così tanto amore che, pare, l’abbiano ereditato dalla coppia degli innamorati che ha vissuto in questo posto. Merion, raffinata amante dell’arte e della musica, adorava passare le ore a suonare l’arpa e a passeggiare nel parco, mentre lui aveva fatto di tutto per dare prova dell’amore per la dama del suo cuore.
Gli alberi secolari attorno alla villa creano un’ombra invitante per sedersi ad un tavolo dell’omonimo ristorante (aperto anche agli esterni), guidato da quest’anno da Simone Mancini, uno chef poco più che trentenne, originario di Tivoli. Prima di approdare sul lago Trasimeno da Capri (la sua penultima destinazione di lavoro), Simone ha fatto svariate esperienze in Italia e all’estero, affinando il suo talento. Certo, passare dal pesce di mare a quello di acqua dolce non è facile come sembra, ma Mancini sta vincendo anche questa sfida.
La sua cucina è caratterizzata dalla creazione dei piatti molto colorati, come se fossero le tavolozze dei pittori, dagli svariati giochi di contrasti e di consistenze, e dalla predilezione delle materie prime locali. Tutto questo gli permette di esprimere al meglio il suo pensiero culinario, personalizzando ogni ingrediente secondo la sua visione.
Difficile dire se siano più buoni i piatti di terra o di lago. Sono assolutamente deliziosi i tortelli con ortica e robiola al ragù di cervo e la riduzione del Sagrantino, un piatto dove il salato, il dolce e il vegetale trovano un equilibrio invidiabile. Imperdibile il cubo di maialino cotto a lungo a bassa temperatura, tenerissimo che “si taglia con un grissino”, servito con un pavé di patate al rosmarino e carote in osmosi. Anche il capriolo cotto sulla brace con crema di topinambur, asparagi e sfoglie croccanti dà grandi soddisfazioni. Il piccione fa scena: petto dorato, foie gras scottato e un “lolly pop” di coscetta, contornato dalla salsa di fragole, rabarbaro e sambuco.

Il piccione
I piatti di pesce incuriosiscono e non deludono. L’anguilla laccata, cotta sapientemente servita con una crema di fagiolini di Trasimeno e un tocco esotico del frutti della passione che riesce a sgrassare la bocca senza toglierne l’essenza. La carbonara di lago, racchiusa nelle “caramelle” fatte a mano di sottilissima pasta all’uovo, appaga il palato con il ripieno cremoso, l’affumicatura della tinca e la sapidità del guanciale croccante. Non poteva mancare qualche portata di mare però: una tartare di ricciola servita con salsa di yogurt, caviale e frutti rossi o un tentacolo di polpo scottato abbinato alla salsa di mango.

Carbonara di lago
Ma se non ci fosse Luis, il preparatissimo sommelier che coordina la sala e crea abbinamenti perfetti per esaltare i piatti di Simone, la cucina sicuramente ne soffrirebbe. A lui piace giocare in casa: spesso propone i vini delle piccole aziende di nicchia delle vicinanze, o si mette a giocare con la miscelazione per regalare un ulteriore allure alle creazioni dello chef Mancini. In fondo, sono “capricci” anche questi che Lady Merion avrebbe apprezzato.