IL CIOCCOLATO BELCOLADE, SECONDO STÉPHANE LEROUX
È quasi un secolo che la Repubblica Francese attribuisce il MOF, Meilleur Ouvrier de France (Miglior Artigiano di Francia), un prestigioso riconoscimento al valore umano e alle competenze professionali di artigiani che si siano distinti nelle più diverse categorie. Un’esclusiva onorificenza destinata ai più virtuosi carpentieri, macellai, fioristi, orafi, pasticceri, cioccolatieri (sono 162 le categorie professionali esaminate), in un appuntamento molto atteso, che ogni quattro anni impone ai candidati una serie di difficili test e la creazione di un capolavoro, che metta in luce la metodologia, l’organizzazione, la velocità e la perfezione. Un punto di arrivo di elevato valore simbolico che richiede ai candidati mesi e anni di preparazione e premia la più alta espressione dell’artigianalità francese, i vincitori entrano a far parte di un albo d’onore, ricevono una medaglia, un diploma di stato e l’esclusiva divisa con il tricolore francese e il logo MOF, il medesimo che nel 1961 venne attribuito al grande chef Paul Bocuse, ma anche un riconoscimento che li consacra a trasmettere l’eccellenza della propria arte alle nuove generazioni. Una vera e propria mission per il maestro cioccolatiere Stéphane Leroux, due volte campione del mondo e per Jonathan Mougel, uno dei più affermati pasticcieri francesi, entrambi Meilleur Ouvrier de France, che lo scorso 23 febbraio, a Pollenzo (Cuneo), in occasione dell’evento Viaggio alle origini del gusto, promosso da Puratos Italia, hanno entusiasmato con le loro abilità una platea attenta di 80 fra pasticceri, cioccolatieri e giornalisti. La performance di Leroux e Mougel ha avuto luogo nell’auditorium della Selmi di Pollenzo, una realtà produttiva di primo livello che produce macchine per il cioccolato, con cui Puratos Italia, azienda leader nella produzione di prodotti per la panificazione, la pasticceria e il cioccolato, ha posto in essere una collaborazione per testare il cioccolato Belcolade. L’evento ha consentito di conoscere di persona e di vedere all’opera i due pasticceri pluripremiati, che abbiamo intervistato per James Magazine.
Intervistiamo Stéphane Leroux, al quale chiediamo che opinione ha della pasticceria italiana: “la considero molto importante è alla base di alcune celebri preparazioni della pasticceria francese. La pasta choux, ad esempio, con cui vengono fatti i bignè è di origine italiana ed è tra i pilastri della pasticceria internazionale. La pasticceria e la cucina italiana in genere hanno conservato le basi della tradizione e hanno mantenuto la loro identità, quando viaggiamo cerchiamo questo, un’esperienza autentica che ci faccia scoprire l’identità di un luogo, anche attraverso il cibo, i piatti, i dolci. La pasta choux potrebbe sembrare una preparazione semplice, ma non è così, richiede molta attenzione ed è stata per diverse generazioni di pasticceri non solo in Francia, ma anche nel mondo, un punto di partenza, sarebbe difficile oggi creare un prodotto così complicato e ci si chiede come abbiano fatto i nostri avi, una preparazione che oggi possiamo rileggere e reinventare ancora per dare vita a nuove ricette”.
Stéphane Leroux ha cominciato a 15 anni, come apprendista pasticcere da Monsieur Richet a Chantilly, ha fatto esperienza sul cioccolato per tre anni, per poi viaggiare tra Francia ed Europa per otto anni, facendo la conoscenza di chef stellati e cioccolatieri che gli hanno trasmesso la tecnica e le abilità per lavorare il cioccolato, ingrediente duttile, che si presta ai più diversi ambiti della gastronomia, a cui sono seguiti dodici anni pieni, ricchi di confronto e studio, prima di iniziare con le competizioni. Nel 2001 ha vinto il trofeo Pascal Caffet e ha partecipato a due coppe del mondo negli Stati Uniti: medaglia di bronzo nel 2002 e secondo posto nel 2004, con due primi premi internazionali per le sue sculture artistiche di cioccolato. Poi nel 2004 è arrivato il riconoscimento di Meilleur Ouvrier de France è Leroux ha potuto finalmente indossare il prestigioso colletto tricolore. Dal 2002 è mastro dimostratore di Belcolade-Puratos Group.
“Occorre fare un lavoro sul consumatore, per molti la pasticceria è solo zucchero, colore e catturare il momento con un’immagine, ma la pasticceria è anche e soprattutto gusto, la sua vera essenza è la cultura di un’artigianalità trasmessa di generazione in generazione, un valore che con il nostro lavoro dobbiamo preservare. Ai giovani che intraprendono questa professione, consiglio di amare quello che stanno facendo e di osservare con attenzione, scegliendo i giusti maestri”.
Chiedendoci quale sia il dolce preferito di un MOF due volte Campione del mondo, Leroux ci risponde così: “sono di gusti classici e amo in particolare la Millefoglie, la Saint Honorè e le torte con frutta di stagione, che abbinerei solamente con acqua, per lasciare la centralità al piatto e far sì che non si sovrappongono altri profumi e altri sapori alla degustazione, ma per gli assaggi successivi, potrebbero starci bene alcuni grandi vini bianchi strutturati”. Una masterclass nella quale hanno prevalso la creatività e la tecnica dei due pluripremiati maître chocolatier, che nel corso della mattinata si sono dedicati ai pralinati al cioccolato belga di Puratos con il brand Belcolade, realizzando una deliziosa Saint Honoré, con vaniglia, nocciola e pralinato 62% di nocciole IGP Piemonte e l’intento di valorizzare la croccantezza e il gusto della famosa nocciola piemontese, che concentra al suo interno l’essenza di un intero terroir. Al pomeriggio, i due MOF hanno entusiasmato la platea con una pièce al cioccolato, realizzata con due elementi abilmente integrati, a cui si è aggiunta una composizione floreale in zucchero, che si ispira alle suggestioni dell’architettura moderna.
“Questi sono momenti molto importanti per noi, perché incontriamo i pasticcieri professionisti che sono i nostri clienti per molti dei prodotti che realizziamo, a partire dal cioccolato Belcolade”, ha commentato Alberto Molinari, general manager di Puratos Italia, il cui quartier generale si trova nel cuore della Food Valley a Parma, “da sottolineare che la trasferta nel cuneese ha anche un forte valore simbolico perché evidenzia la volontà, sempre più marcata, di privilegiare l’utilizzo di prodotti del territorio, in questo caso la nocciola IGP del Piemonte, che sono espressione anche di una storia e di una cultura profondamente radicate in un preciso e riconoscibile ambito geografico. Da ultimo, desidero sottolineare la natura virtuosa di iniziative di questo genere, perché consentono ad aziende importanti della filiera della produzione e lavorazione del cioccolato, come Selmi e Martellato nel campo degli stampi, di affinare il proprio lavoro, dando tutti, in questo modo, un contributo al miglioramento del prodotto finale”.
Ma che cosa ha di così speciale il cioccolato se gli italiani nel 2021 ne hanno consumato circa 2 kg. a testa, per un totale di circa 377.858 tonnellate e un volume di oltre 5 miliardi di euro? Un fatto è certo, è difficile rinunciarvi, ma perché poi farlo? Ormai è risaputo quanto il cioccolato abbia effetti benefici sull’umore e sulla memoria, prevenga i danni del sole sulla pelle, proteggendola con i suoi flavonoidi e addirittura rallenti l’indebolimento dell’apparato cognitivo. Un alimento con tremila anni di storia, di cui neppure la letteratura ha potuto fare a meno, con scrittori di ogni ordine e grado, che ne hanno parlato nei loro lavori più famosi. Giacomo Casanova aveva una predilezione per la cioccolata calda e ne scrive nella sua autobiografia in più di cento occasioni. Alessandro Manzoni consiglia ‘una chicchera di cioccolata’ a Gertrude per farla svegliare. Dickens riferisce di quanto fosse in uso nelle classi agiate dell’Ottocento frequentare le ‘case della cioccolata’ di Londra. Gabriele D’Annunzio aveva un debole per il Parrozzo, dolce sferico glassato al cioccolato, tipico di Pescara. James Joyce ci parla di cioccolata, consumata passeggiando per i vicoli della città in Gente di Dublino, mentre ne I vagabondi del Dharma di Kerouac, una “tavoletta di cioccolata è utile per salvarsi l’anima”. Ernest Hemingway attraversa tutta Milano per comprare alla sua bella i sopraffini cioccolatini della Pasticceria Cova, nel libro Addio alle Armi. Garcia Marquez invita a sorbire cioccolata fumante ne L’autunno del patriarca e in Cent’anni di solitudine.
Il Cioccolato che è uno dei punti di eccellenza di Puratos attraverso il brand Belcolade. Puratos Italia fa parte di Puratos Group, azienda multinazionale che si rivolge all’industria della panificazione, pasticceria e cioccolato in oltre 100 paesi in tutto il mondo. La sede centrale si trova a Bruxelles, in Belgio, dove l’azienda nasce nel 1919. In Italia Puratos è presente da vent’anni con una sede amministrativa a Parma e tre stabilimenti produttivi: a Ceparana (La Spezia), a Viadana (Mantova) e a Pozzolengo (Brescia). Il Gruppo Puratos conserva saldamente la sua identità di azienda familiare, che trasmette a tutte le sue filiali nel mondo, con una mission olistica e sostenibile, in un vero e proprio patto con il pianeta e con l’uomo, accompagnando i clienti ad avere successo nella loro attività, trasformando esperienza e tecnologie in nuove opportunità e creando soluzioni alimentari innovative per la salute e il benessere delle persone, in tutto il mondo. Tuttavia per capire meglio la filosofia di Puratos Group è stato fondamentale l’incontro con Lorenzo Pepe, Chocolate Marketing Manager di Belcolade, che ha moderato l’evento, a cui abbiamo chiesto, quale è l’impegno di Belcolade sul versante dell’ecosostenibilità: “Cacao Trace, il nostro programma di sostenibilità, è nato in Vietnam nel 2013, uno dei diversi paesi del mondo dove ci riforniamo di fave di cioccolato, con l’obiettivo di regolamentare e controllare le fasi di produzione iniziali del cioccolato, in modo da garantire una qualità superiore e sostenibile, un po’ come accade nel vino quando si lavorano diverse varietà di uve e ogni produttore utilizza modalità differenti, rischiando di influire negativamente sul blend, anche nel cioccolato sappiamo quanto è determinante l’integrità del prodotto e abbiamo a cuore i produttori che conferiscono le fave di cioccolato. L’obiettivo è di accompagnarli, monitorandoli attraverso i nostri centri di fermentazione post raccolta in cui le fave di cacao dopo la raccolta vengono fermentate a regola d’arte, grazie ad esperti mastri fermentatori, secondo standard qualitativi specifici. Sono quelle fasi naturali che occorre portare a termine per togliere tutta l’acidità alle fave, lasciando solo gli aromi precursori del sapore, che troveremo nella tavoletta e nella pralina. Seguirà l’essicazione, lo stoccaggio e il trasporto in altri centri dove le fave vengono trasformate in massa di cacao, per poi giungere a Belcolade in Belgio, dove avranno luogo altri sette processi produttivi che portano al drop e altri sette che portano alla pralina e allo snack. In tutto sono diciotto le fasi di lavorazione a cui le fave sono sottoposte, per un periodo di tempo che va da dodici a ventiquattro mesi”.
Tra le novità assolute di Cacao Trace, c’è il primo cioccolato prodotto in sessanta giorni, con un processo produttivo a zero emissione di anidride carbonica, completamente pulito e naturale. Inizia tutto nelle piantagioni in Vietnam a Ben Tre, sul Delta del Mekong, dove il cacao invece di essere stoccato e trasportato, viene portato a Ho Chi Minh, a pochi chilometri di distanza, secondo i dogmi di una filiera corta, dando vita al Sixty Days Vietnam Cacao Trace, un cioccolato innovativo per l’intero comparto, essendo prodotto nel paese d’origine. Un prodotto che insieme al cioccolato ‘Messico Criollo’ (con i tre genomi del cacao Forastero, Trinitario, Criollo), stesso processo, ma prodotto in Messico, è l’altra novità imminente, che sarà reperibile presso alcuni artigiani di alto profilo. “La cabossa di forma ovoidale, contiene circa 40 gr di fave di cacao, immerse in una polpa bianca e zuccherina, una mucillagine che gli agricoltori sono soliti bere, di cui si sta studiando l’utilizzo come dolcificante del cioccolato” conclude Lorenzo Pepe, “l’ecosostenibilità è tra le priorità di Belcolade, creando un cioccolato di qualità superiore a fermentazione controllata, riusciamo a trasmettere questo valore all’utilizzatore ma anche al consumatore finale, con un leggero sovraprezzo di dieci centesimi, che per ogni chilo di cioccolato venduto torna agli agricoltori sottoforma di progetti comunitari con borse di studio per gli studenti in Costa D’Avorio o in Ghana, o costruendo un centro maternità o ancora finanziando una pompa d’acqua potabile, ma anche fornendo somme di denaro ai contadini, progetti concreti che restituiscono risorse al territorio, un valore aggiunto che caratterizza il progetto Cacao Trace, che opera in vari paesi del mondo, oltre a Messico e Vietnam, in Asia per il monorigine, in Camerun, Ghana, Uganda e andremo in Sudamerica. Tra gli obiettivi che ci siamo posti c’è la consapevolezza degli agricoltori, è incredibile che la maggior parte di essi non abbia mai assaggiato il cacao”.
Una tensione virtuosa anima la proprietà, la dirigenza e i collaboratori di Puratos, attraverso una ricerca continua volta a rinnovare continuamente la propria gamma di prodotti, per renderli più sani, senza scendere a compromessi con il gusto, aggiungendo ingredienti salutari, frutta, fibre per l’equilibrio dell’intestino e cereali integrali, cercando di ridurre sale, grassi e zuccheri. Il rispetto per i dipendenti è al primo posto, con un ambiente di lavoro inclusivo, che accolga la diversità e promuova lo sviluppo personale, puntando sulla formazione continua. Mentre il Gruppo si è posto chiari obiettivi di sostenibilità: diventare Carbon Neutral entro il 2025, ridurre il consumo di acqua, non produrre rifiuti non riciclabili, approvvigionandosi di materie prime in maniera responsabile. Puratos è impegnata fortemente anche sul fronte della panificazione, tanto che a St. Vith, in Belgio, dispone di una Biblioteca del Lievito Madre, che contiene oltre 150 lieviti madre provenienti da tutto il mondo, di cui si prende cura un esperto ‘bibliotecario’.