CONTE VISTARINO, LA TERRA FRA LE MANI
“Non è una natura dolce questa, però non è neppure ostile. Le vedi quelle case gialle? Lì ci vivevano le famiglie coloniche. Tutti ci hanno lasciato il cuore, in queste terre”. Gli occhi azzurri di Ottavia Giorgi di Vistarino sembrano farsi trasparenti nel raccontare di questa terra, quella sua terra da cui sgorga vino fin da quando l’essere umano ne ha memoria. La sua terra, che un tempo ospitava 50 famiglie mezzadre e, in seguito, coloniche, ha visto l’avvicendarsi di molte impronte sulla propria crosta. Le mani di chi la lavorava hanno plasmato la fisionomia dei campi e dei vigneti, mentre i loro occhi osservavano l’uva mutare i connotati in base alle zone in cui veniva piantata e la loro voce tramandava un vissuto di conoscenze preziose. Quegli 826 ettari di proprietà coincidono quasi con l’interezza del comune di Rocca de’ Giorgi, in Oltrepò Pavese, e ospitano “appena” 196 ettari di vigneto, dislocati qua e là entro una distesa tessuta fra angoli di ombra e punti di luce.

Ottavia Giorgi di Vistarino
Conte Vistarino è un nome indubbiamente altisonante, che riecheggia nell’incisività potente della sua storia, brillando dei principi, dei duchi, dei reali e dei personaggi illustri che ne hanno condiviso anche solo un piccolissimo tratto. Conte Vistarino è un nome scolpito per sempre nel calcare di questi suoli, poiché essi devono a tale stemma qualcosa di più di una semplice proprietà. La famiglia Giorgi di Vistarino, per prima, ha subito il fascino di queste colline e delle sorprese che erano in grado di regalare svelandole poco alla volta come nei migliori atti di seduzione.
Il padre di Ottavia era un anticonformista, un ribelle. Rifiutò di prendere in moglie la donna designata per lui, scegliendo liberamente la propria strada e la propria felicità. Rigettava la sequela disincarnata che assume i contorni pressanti dell’obbligo e, per questo, tentennò nel prendersi carico dell’azienda di famiglia. Accadde, infine. Era il 1978, e fino al 2016 quasi nulla mutò nella direzione aziendale, ad eccezione di quegli speciali cloni, destinati a cambiare per sempre le sorti di un’azienda e di un territorio, che si scoprì essere talentuoso come pochi. Erano particolari cloni di Pinot Nero, provenienti dalla Francia dell’eccellenza viticola e voluti fortemente dal padre di Ottavia per essere piantati qui, dove il Pinot Nero già esisteva per importazione borgognona. Da allora, il nome dei Vistarino si è legato inscindibilmente a quello del Pinot Nero, qui declinato in quattro etichette differenti: Bertone, Pernice, Tavernetto e Costa del Nero.

Villa Fornace, villa padronale settecentesca di proprietà della famiglia Giorgi di Vistarino
La strada dei conti Vistarino aveva imboccato l’ennesima salita, una di quelle che svoltano all’improvviso rivelando una vista strabiliante. Ottavia lo sapeva, se n’era accorta bene. Era il 2016 quando prese definitivamente le redini dell’azienda. Lei, anticonformista quanto il padre, ha scelto di scandagliare le profondità della realtà di Conte Vistarino, accelerandone i battiti in un moto più vitale, più energico, più forte.
L’energia di questa donna è stata trasmessa ai vini, ai vigneti e agli esseri umani che compongono, oggi, Conte Vistarino. Si tratta di una squadra piuttosto piccola, in cui ognuno è lì in quanto voluto fermamente da Ottavia. A partire dal giovane enologo, Vittorio Merlo: “precisissimo e parecchio determinato” racconta Ottavia, e sorride aggiungendo “ha un bel caratterino”. Un uomo capace di intuire le potenzialità del vino e del vitigno, ad ogni annata, incastrandosi alla perfezione con la tempra di Ottavia grazie alla passione condivisa per la variabilità del vigneto e, in sostanza, della vita. “Per me l’armonia esiste anche in quella ruga, in quel dettaglio, in quel piccolissimo tratto che rende un vino unico e irripetibile” dice Ottavia, commentando le sue bottiglie come si farebbe per i timbri caratteriali degli individui.
Un’affezione, questa, che passa chiaramente dall’attaccamento di Ottavia alla vigna e alla natura che la circonda. “Ci tenevo a portarti qui” dice, scendendo da quel fuoristrada vissuto tanto quanto gli stivali da vigna. Sale delle scalette in legno e raggiunge una piccola terrazzina posta in mezzo al vigneto, che offre una vista meravigliosa su parte delle terre di proprietà. Il leggerissimo sibilo del vento che ondeggia tra i filari e il vociare dei cani sono le uniche pennellate visibili sulla tela del silenzio, in quel luogo. Un posto che rende giustizia all’Oltrepò, un posto che regala pace, un posto che incuriosisce. Un posto in cui l’invito più bello è quello di sporcarsi le scarpe, incurante della perfezione e desideroso di tutto, quel tutto che la vigna offre, nella sua sicura incertezza e nella sua meravigliosa imprevedibilità.
DEGUSTAZIONE
RIESLING RÏES
2016
93/100
Un Riesling che si è fatto attendere, mettendo alla prova il suo enologo e la sua proprietaria terriera. Ha richiesto una scommessa su quella vita che ancora doveva fiorire in tutta la sua bellezza. Oggi si rivela nella complessità di un naso che apre sull’agrume e il bergamotto, alzando il sipario poi su un’intrigante trama speziata di zenzero e zafferano, con un leggero cenno di canfora e di cola. Il gusto rispecchia la classe del profumo, delineandosi in un sorso fresco e sapidissimo, elegante, con un equilibrio in erba. Da riassaggiare con grandissima attesa fra qualche anno.
2015
92/100
Mostra tutta la finezza dell’impronta alsaziana, origine dei cloni di Riesling di casa Vistarino. Promette grandi cose, questo naso, fatto di frutto esotico, agrume e una traccia di zafferano, su uno sfondo fortemente minerale. Trova il maggior pregio nella bocca, equilibratissima, elegante, di ottimo corpo eppure così discreta e coesa in tutte le sue parti.
OLTREPÒ PAVESE METODO CLASSICO 1865
91/100
La vendemmia risale al 2014, mentre la sboccatura è datata 2019, a fronte di 60 mesi sui lieviti. Purezza di Pinot Nero e assenza di qualsivoglia appesantimento stilistico, sia esso il dosaggio o l’utilizzo della barrique. Solo acciaio, quindi, prima della rifermentazione in bottiglia, e dosaggio zero. Ciò che si ritrova nel calice è sorprendente. Un profumo coinvolgente, solare, improntato parimenti sul frutto e sulla parte minerale gessosa, che spiccano sull’accogliente abbraccio del lievito. Il sorso è nuovamente sapido e freschissimo. Un vino teso che non abdica alla struttura e che dipinge il suo ottimo equilibrio. Smentisce i preconcetti legati all’annata difficile, affermando ancora una volta la rivincita del vitigno.
PINOT NERO BERTONE 2015
94/100
Si introduce con una certa rotondità, che lascia presto spazio ad un’anima sfaccettata, complessa. Viaggia dal frutto rosso al cacao, dal petalo di rosa ai cenni balsamici di propoli, senza permettere ad alcuno di scinderlo più del dovuto. Si presenta nella complessità del suo essere, che ha poco bisogno di scomposizioni. Elegante, al sorso, seducente nel suo tannino vellutato e finissimo. Si compone già in un ottimo equilibrio, su cui poggia un vino estremamente vivo e affascinante.
PINOT NERO PERNICE 2017
93/100
Procede sulla finezza anch’esso, come da stile varietale, seppur in un’accezione più giovane e brusca. Il frutto rosso si mescola allo charme tostato e a quella parte di terra che lo rende un vino di tempra, esattamente come conferma il suo tannino. Sapido, fresco, vivido, sta muovendo i primi passi timidi su una strada che lo aspetta a braccia aperte, inconsapevole di ciò che lo aspetterà ma pregno del miglior potenziale.