LE VITI ARIANE DEL FÜHRER
Molte volte uomini e vino hanno attraversato a braccetto le tempeste della storia, intrecciando i propri destini. La vicenda delle viti naziste narra di un vero e proprio laboratorio scientifico che, a bordo di un treno blindato, ha attraversato indenne uno dei periodi più oscuri della storia dell’umanità. Un centro di ricerca mobile e segreto, costituito da vagoni serra e vagoni laboratorio collaudati su rotaia, così da risultare inattaccabile da assalti o bombardamenti, volti a colpire tutto ciò che rappresentasse ricerca avanzata al servizio del Reich.
Una vicenda che lega la vite ad uno dei più sanguinari dittatori che la storia abbia mai conosciuto. Gli studi ariani circa la purezza della razza, hanno difatti interessato anche le diverse varietà di vitigni. Tra questi, un esemplare su cui si è orientata molta della ricerca di quegli anni, è il Riesling Renano, ancora oggi riconosciuto come una delle varietà tedesche più pure, più complesse e forse più rappresentative.
La fortuna vuole che, in una quieta notte d’estate del 1944, questo treno arrivasse al suo capolinea in Francia, intercettato e sequestrato da una pattuglia di partigiani francesi comandati da un giovanissimo Pierre Galet, allora ambizioso studioso a Montpellier, destinato a diventare qualche anno dopo uno dei padri fondatori dell’ampelografia moderna. Il professor Galet fece del patrimonio genetico casualmente rinvenuto una propria collezione privata e motivo di grande ricerca.
Qualche decennio più tardi il materiale viticolo viene inviato da alcuni ricercatori francesi ad Attilio Scienza, con l’invito a studiarne le strane caratteristiche. Già da una prima analisi il professor Scienza scopre con sgomento di ritrovarsi davanti ad un figlio o a un nipote dei vitigni renani di hitleriana memoria. Riavvolgendo il bandolo della matassa, ne ricostruisce la storia, dalle valli del Reno ai convogli nazisti, dai laboratori di studio alle serre francesi, approdando infine in Italia. L’analisi evidenzia alcune anomalie, strane qualità di quest’uva strenuamente resistente non solo alla fillossera, ma anche alle avversità più consuete che caratterizzano la vite, in genere quelle legate ai crittogami.
Quale fosse l’origine di tanta resistenza era l’ultima cosa rimasta da definire.
Soltanto pochi anni or sono, Attilio Scienza è riuscito ad aggiungere l’ultimo tassello del mosaico, grazie ad un progetto di ricerca condotto nel Caucaso, precisamente in Azerbaigian, terra che insieme alla Georgia e all’Armenia, rappresenta il luogo di origine della vite stessa. Qui nel Cinquecento la peste nera flagellò le campagne agricole, allontanando i vignaioli dell’epoca. Successivamente la Zarina, legata da amicizia e parentela con i principi tedeschi, chiese ed ottenne una vera e propria deportazione di contadini dalla Svevia, con lo scopo di ripopolare l’Azerbaigian, riavviando un’agricoltura fino ad allora abbandonata e riportando la vita nelle terre della morte nera. Nel giro di tre secoli i tedeschi sfollati, crearono nel Caucaso una vera e propria tradizione di scambio con la terra d’origine, coltivando lingua, cultura e costumi di Svevia insieme alle piante caucasiche rinvenute nella terra d’adozione. Fino ad arrivare al giorno in cui qualcuno di questi contadini – un po’ per curiosità, un po’ per amor di madre patria – non decise di impacchettare qualcuna di queste piantine e di spedirle nella terra natale. Destinazione: la Valle del Reno.
Le stesse viti che Hitler aveva eletto a perfetto esempio della purezza genetica tedesca erano, in realtà, viti caucasiche che avevano avuto un’evoluzione atipica grazie ad una efficace mescolanza di popoli, culture e tradizioni. La ricerca della purezza originaria e la prova di una superiorità genetica avevano dunque portato ad un risultato diametralmente opposto. L’ambizione della ricerca nazista era quella di poter creare una razza che potesse essere resistente ad ogni malattia e che potesse ritrovare nella pulizia e nell’ordine una risposta ripetibile in uno standard tedesco. La scoperta derivante da questo studio incrociato è che in verità la ricchezza, la complessità e la resistenza sono il frutto di diverse ibridazioni e contaminazioni realizzatesi nel corso del tempo.