RUGGERI, “HIC SUNT LEONES”
Ogni anno c’è un esercito di 500 milioni di soldati che parte alla conquista del mondo. E’ un’armata invincibile che si chiama Prosecco. Partiamo, quindi, da un dato incontestabile: oggi il Prosecco Doc è un successo planetario, frutto di una coincidenza di fattori stupefacente: la piacevolezza e la semplicità di un vino accessibile a chiunque, il prezzo, la potenza assoluta di un brand che oramai ha superato i limiti del linguaggio nazionale e che è entrato nell’immaginario collettivo come sinonimo di bollicina tout court.
Mi capita spesso di viaggiare all’estero e non è affatto inusuale, nei locali in giro per il mondo, sentirmi offrire un calice di bollicine semplicemente dopo aver pronunciato la parola “Prosecco”. Che poi quella bollicina sia un Franciacorta, un’Alta Langa o un Trento Doc poco importa. Anzi, testimonianza diretta, in molte carte dei vini di locali stranieri ho personalmente constatato che le bollicine italiane sono catalogate sotto un’unica voce, Prosecco.
Se da una parte questo consenso universale non può che far piacere (economicamente parlando), dall’altra la scarsa conoscenza della realtà del Prosecco e della spumantistica nazionale è una deludente verità che ci fa capire quanta strada ancora dobbiamo intraprendere. E c’è solo un modo per iniziare questo percorso, tornare alle origini.
All’interno dell’universo, spesso nebuloso ed evanescente, del fenomeno Prosecco bisogna cerchiare con il pennarello rosso queste parole: Conegliano Valdobbiadene Docg, circa 90 milioni di bottiglie di Prosecco Superiore provenienti da un territorio straordinario, con 1500 ettari di vigne in cui si gioca un’altra partita, probabilmente di un altro sport.
Se un giorno vi capiterà di fare un giro tra queste sinuose colline, non fermatevi ad ammirare solo la loro indiscutibile bellezza. Fate un sosta alla Cantina Ruggeri, scambiate due chiacchiere con Paolo Bisol. E tutto vi apparirà più chiaro.

Paolo Bisol
La partita di Paolo si gioca sulla qualità di una materia prima incredibile, sulla capacità di dare al vino il tempo per diventare eccellente, sulla conoscenza di un territorio antico che nasce povero, in cui si aveva fretta di produrre e di monetizzare. Ma oggi è tutto diverso, la tecnologia ha aperto nuove strade, la cultura e la volontà di esaltare un patrimonio unico hanno fatto il resto.
Qualità, identità, espressione di grandi potenzialità: sono queste le parole chiave di Paolo Bisol e della Cantina Ruggeri. Parole come “ossidazione” ed “evoluzione” accostate al Prosecco sono dirompenti, eppure alla prova dei fatti donano quel pizzico di nobiltà e aristocrazia a vini da sempre considerati popolari e ordinari. Ma di ordinario alla Ruggeri non c’è nulla e i loro vini si vestono di drappi antichi e accessori lucenti, grazie alla maniacale selezione delle uve, al concetto di cru, al lavoro in cantina dopo quello straordinario svolto in vigna. Vini che, a seconda dell’annata, cambiano personalità, dimostrando l’artigianalità vera e la purezza di un processo virtuoso guidato da uomini e donne dotati di tenacia e umiltà, orgoglio e passione, sempre desiderosi di regalare emozioni e suggestioni oltre alla proverbiale piacevolezza che tutti riconosciamo al Prosecco.
Hic sunt leones
Ripartiamo da qui, dall’oggi, da quel “Hic sunt leones”, locuzione latina che veniva utilizzata dagli antichi cartografi per indicare le terre inesplorate, verso le quali solo i coraggiosi si spingevano. Partiamo di un Valdobbiadene Prosecco che ha riposato 5 anni nella tanta vituperata, dai puristi della bolla, autoclave. Il Cinqueanni di Cantina Ruggeri è figlio della vendemmia 2014, è entrato in autoclave a primavera 2015 e vede la bottiglia a primavera 2019. Una rivoluzione.
“L’autoclave è un grande utero materno, che protegge il vino per il tempo necessario ad avere un Valdobbiadene Prosecco degno di questo nome” ci racconta un Paolo Bisol visibilmente emozionato. L’immagine dell’autoclave, improvvisamente, si tinge di tinte struggenti e sfavillanti. “Memori delle interessanti evoluzioni della vendemmia 1995, abbiamo preso spunto dal carattere dell’annata 2014, ricca di acidità e non facile da domare, per cominciare questo percorso” continua Paolo “siamo molto orgogliosi del risultato raggiunto dalla nostra squadra, il Cinqueanni è un vino che ricompensa adeguatamente l’attesa”. Solo 4.500 bottiglie di un vino catartico, Davide contro Golia. E sappiamo com’è andata a finire.
Radici

Paolo e Isabella Bisol
Il sentimento autentico che lega la Cantina Ruggeri alla terra di Valdobbiadene ha radici molto profonde che risalgono alla fine del 1800. Il padre del fondatore, Luigi Bisol, si diplomò alla scuola enologica di Conegliano e diventò uno dei primi enologi del paese di Valdobbiadene. Prendendo ad esempio il lavoro del padre e sospinto dal grande desiderio di valorizzare attraverso la spumantizzazione i vini Prosecco Superiore e Cartizze, nel 1950 Giustino Bisol fondò la Cantina Ruggeri assieme al cugino Luciano Ruggeri, dal quale l’azienda prende il nome. La Ruggeri fu una delle prime case vinicole di Valdobbiadene a produrre spumanti con il metodo Martinotti. Il figlio di Giustino, Paolo Bisol, affiancato dalla figlia Isabella, ha condotto fino ad oggi l’azienda proseguendo il lavoro iniziato da suo padre quasi 70 anni fa. Con cuore e orgoglio, assieme all’appassionata squadra della Ruggeri, ha accresciuto vendemmia dopo vendemmia il prestigio della Cantina nel panorama vitivinicolo nazionale e internazionale.
Gli artigiani del Prosecco della Cantina Ruggeri hanno da sempre creduto nel potenziale di questo territorio unico e prezioso tanto da diventarne, col passare del tempo, protagonisti discreti e indiscussi. Nel corso degli anni la Ruggeri è diventata un punto d’incontro, un riferimento per l’intero territorio e in Cantina si sono formati enologi di talento che hanno poi proseguito il percorso diffondendo i valori di artigianalità e qualità propri della Ruggeri.
Le uve destinate alla produzione dei preziosi Valdobbiadene Prosecco DOCG sono il frutto del lavoro di centinaia di mani: vengono conferite da numerose famiglie di viticoltori che ogni anno coltivano i loro vigneti nel territorio di Valdobbiadene e, in particolare, all’interno del cosiddetto “Triangolo d’Oro”, l’areale compreso tra i comuni di Santo Stefano, San Pietro di Barbozza e Saccol. Proprio al centro di questo fortunato territorio, si cela la preziosa collina del Cartizze, il cru più vocato dell’intera zona: è qui che crescono le pregiate uve destinate al Valdobbiadene Superiore di Cartizze DOCG,
riconosciuto come l’apice qualitativo dell’intera denominazione. Grazie alla costante vicinanza alle famiglie dei viticoltori, attorno alla Cantina si è creato un insieme di relazioni che oggi è tra i beni più preziosi della Ruggeri. Il rapporto con i conferitori dura da lungo tempo perché è basato sul mutuo rispetto, sulla fiducia e su un grande spirito di collaborazione. La Cantina Ruggeri e i conferitori lavorano sinergicamente per raggiungere la massima qualità e con molti di loro questa felice cooperazione dura da 30, 40, e addirittura 60 anni. Le persone impiegate in azienda sono parte integrante della sua storia e vi lavorano in media da due decenni. Tra loro l’esperto enologo Fabio Roversi, che da oltre trent’anni porta i Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG della Ruggeri ad esprimere al meglio sé stessi, e l’agronomo Gianluca Tognon che da diciotto è al fianco dei viticoltori seguendoli con grande passione e umiltà. Nel 2017 la Ruggeri è diventata parte del gruppo tedesco Rotkäppchen-Mumm Sektkellereien segnando l’inizio di una collaborazione vantaggiosa per entrambe le aziende, poiché basata su valori condivisi e su un comune approccio alla ricerca della qualità.
La collina delle meraviglie
Nel cuore di Valdobbiadene si erge la collina del Cartizze, uno dei panorami viticoli più suggestivi d’Italia. Questo cru di straordinaria bellezza e importanza enologica si estende per poco più di 100 ettari. La costante ricerca della qualità ha condotto la Ruggeri ad assumere negli anni un ruolo centrale nell’area: la Cantina vinifica infatti il 12% di tutte le uve provenienti da questo cru particolarmente vocato, di gran lunga la percentuale maggiore vinificata da una singola azienda. Qui, dove la fertilità della terra è il risultato del felice incontro tra suoli di origine marina e rocciosa, i piccoli appezzamenti sono lavorati esclusivamente a mano da generazioni di viticoltori. La pendenza dei suoli, che in alcuni punti arriva oltre il 70%, non permette l’utilizzo di macchine per la lavorazione del terreno o per la raccolta delle uve. Ne risulta un terreno soffice, poco pressato e ricco di vita: presupposto essenziale per la produzione di uve di grande qualità. Guidati da un’innata passione per la propria terra, ogni anno i viticoltori impiegano tra le 300 e le 800 ore di lavoro manuale per coltivare ciascun ettaro di questa scoscesa collina.
È una viticoltura coraggiosa, perpetuata da intere famiglie di viticoltori che tramandano di generazione in generazione i segreti della collina e delle viti qui coltivate. Una terra così appassionatamente curata dona uve di pregio, dall’inconfondibile profilo organolettico e che sono a giusto titolo riconosciute come l’apice qualitativo della denominazione. In uno spazio così gelosamente custodito e protetto da interventi invasivi, la biodiversità si è evoluta nel tempo mantenendo la sua grande varietà. Sospinta dal desiderio di mostrare al mondo l’unicità del Cartizze, la Cantina Ruggeri ha condotto una ricerca il cui risultato ha potuto evidenziare come la vita tra i filari della collina sia particolarmente ricca e lussureggiante. Nel corso dell’analisi, eseguita in un’area di circa 1.000 metri quadrati nel punto più alto della collina, sono state individuate addirittura 116 specie di erbe spontanee diverse, una varietà ben lontana dalle trenta o quaranta tipologie comunemente presenti nei vigneti di pianura. Questi risultati hanno portato alla pubblicazione di un erbario edito dalla Cantina stessa e danno voce a una terra straordinaria, nella quale la Ruggeri ha creduto da sempre e per la cui tutela si impegna ogni giorno.
Vigneti e Vini
Il vino è frutto della vite, del territorio in cui nasce, del cuore e delle mani delle donne e degli uomini che curano i vigneti. Con l’intento di preservare la diversità biologica delle viti, assieme al Consorzio di Tutela la Cantina Ruggeri ha iniziato un percorso di recupero del patrimonio ampelografico di Valdobbiadene. Nel 2012 è stato piantato un vigneto sperimentale dove, da sette anni, si coltivano più di 100 viti di cloni antichi di Glera, Bianchetta, Verdiso e Perera. I conferitori della Ruggeri sono donne e uomini di vigna, famiglie dedite da generazioni alla coltivazione della vite nelle scoscese colline di Valdobbiadene. Alcune di queste viti sono state poste a dimora più di 100 anni fa. L’estrema cura e il profondo rispetto riservati ai vigneti hanno permesso alla Cantina Ruggeri di pensare per prima a una selezione che potesse valorizzare questo meraviglioso patrimonio di longevità e diversità, come avviene soltanto nei grandi territori mondiali del vino. Dalla scelta accurata di circa 2.500 viti di età compresa tra i 90 e i 110 anni, nel 2005 vede la luce il Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG “Vecchie Viti”, il primo spumante della sua categoria ottenuto unicamente da viti così antiche. E visto che nell’immaginario collettivo il Prosecco è considerato un vino “giovane, fresco e fruttato”, con ridotta capacità di maturazione e affinamento, la Cantina Ruggeri ha iniziato con il “Giustino B.” un percorso teso alla creazione di Prosecchi capaci di esprimere grande qualità anche dopo 6 anni dall’imbottigliamento.
Tasting
VECCHIE VITI
Glera 90%, Verdiso 6%, Bianchetta 2% e Perera 2%
2017
91/100
L’aroma è particolarmente definito, scolpito in soffi fruttati e minerali. La freschezza è la sensazione primaria, ma è la compostezza che colpisce. Al palato polposo, ricco, morbido, con un finale bitter e sempre grande equilibrio.
2016
90/100
Aroma complesso, note di pasticceria, erbe aromatiche, fruttato e floreale. Al palato è fluido, a tratti quasi etereo, lieve e deciso al tempo stesso.
2015
92/100
L’evoluzione dona fascino a un vino di grande attrazione. Le sensazioni sono scolpite in una mandorla amara meravigliosa, poi frutti acerba e aromi suadenti che identificano un vino di grande carattere. Al palato pulito, equilibrato e morbido.
2014
93/100
Aroma estremamente pietroso e gessoso. Poi un frutto acerbo dipinge l’aspetto di un vino che gioca di continuo tra il minerale e il fruttato. Al palato grande freschezza, tra sensazioni bitter e spiccata acidità.
2008
90+/100
Aroma molto evoluto, tra sensazioni di frutta candita, pasticceria, nuance animali. Con l’ossigenazione regala più compostezza, la mandorla amara esce prepotente assieme a un bouquet di erbe aromatiche fresche. Palato rotondo e suadente, piacevole il grande vecchio.
GIUSTINO B.
Glera 100%
2017
90/100
Aroma fruttato e minerale, freschissimo. Poi note floreali e dolci. Al palato è sontuoso, voluttuoso, armonico e rotondo. Per assurdo, ancora troppo giovane …
2016
91/100
Aroma più minerale e fruttato, con meravigliose note sapide e iodate. Al palato è ricco e generoso, ma, come abbiamo riscontrato in ogni annata, dotato di grande equilibrio.
2015
93/100
E’ l’aroma che ci ha intrigato di più: una perfetta fusione tra frutto, sapidità e mineralità. Assolutamente ideale. Al palato è lunghissimo, profondo, di grande fascino.
2014
92/100
Aroma molto evoluto, ma senza indecisioni su un’iconica identità fruttata. L’ossidazione dona molta polpa e un pizzico di nobiltà. Al palato è morbido e in perfetta armonia, con un deciso spunto acido.
2008
90/100
L’aroma è molto evoluto, ma il vino c’è tutto. È integro, in un’altra fase della sua evoluzione. E’ forse il millesimo che dimostra tutte le potenzialità di questo vino.
Alla fine abbiamo assaggiato anche un 1999 Giustino B. ancora vivido, molto evoluto, ma assolutamente piacevolissimo.
Cinqueanni
Glera 100%
94/100
Un aroma di impressionante originalità e qualità: la mandorla amara, i fiori bianchi, grande eleganza e compostezza. Al palato è teso, pulito e tagliente, un vino di straordinario carattere e stile. La quadratura del cerchio della filosofia di Paolo Bisol.