AFFETTI PERSONALI VOL. III: BARONETTO E CUTTAIA PER IL COMPLEANNO DEL CAMBIO

Esiste un’intesa, esiste una complicità forte quando non si riesce a scorgere la fine di uno e l’inizio dell’altro. O quando i dialoghi si misurano sulla cadenza di botta e risposta perfettamente incastrati come se non ci fosse interruzione, senza sforzo, con naturalezza. Un’alternanza polifonica, ora melodica ora complementare, che genera armonia in modo del tutto spontaneo. Accade, e basta.

Non è un caso se Matteo Baronetto ha intitolato “Affetti Personali” quello straordinario evento che da tre anni si ripete per celebrare il compleanno del Ristorante Del Cambio di Torino. Ogni anno, nei pressi del 5 ottobre, una cena a quattro mani del tutto speciale festeggia la ricorrenza più sentita fra le mura dello storico ristorante di Piazza Carignano. La prima edizione fu nel 2019, in compagnia di Fulvio Pierangelini; la seconda si ripeté nell’anno seguente, nel difficile 2020, con Riccardo Camanini. Nel 2021 la cena a quattro mani marchiata Affetti Personali ha coinvolto un altro carissimo amico dello Chef piemontese, il siciliano Pino Cuttaia.

La sua storia lo lega a Torino, del resto, fin dalla gioventù. La vita lo ha portato a scegliere di tornare in Sicilia e aprire con la moglie Loredana il suo ristorante a Licata, La Madia. Le due stelle Michelin che questo nome trascina con sé sono il riverbero della sua mano dichiaratamente sicula e intimamente anche un po’ piemontese. Qui in Piemonte, infatti, Pino Cuttaia ha vissuto a lungo. Il tempo trascorso in una delle regioni con il più alto livello qualitativo in fatto di enogastronomia, deve averlo interpellato abbastanza. O, almeno, fino al punto di comprendere che la cucina era proprio la sua strada.

In primo piano, lo Chef Pino Cuttaia; sullo sfondo, Matteo Baronetto

A quel magico Piemonte, quindi, Pino Cuttaia è misteriosamente legato. Così come è legato all’amicizia con Matteo Baronetto. Un affetto, questo, che si traduce in piatti fuori dal comune, commistione di due sensibilità, di due pensieri, di due sguardi sulla materia prima. Creata, elaborata, limata e servita a quattro mani, la cena Affetti Personali Vol. III ha saputo regalare un’esperienza di gusto memorabile, innanzitutto. Ma, in aggiunta, ha saputo trasportare dal Piemonte alla Sicilia, fino a confondere, fino a non avere la più pallida idea di dove si fosse approdati e farlo sembrare, tuttavia, un’informazione poco importante. Perché poco conta la purezza geografica o la collocazione rigorosa di uno spillo su una mappa, quando tutto quello che si desidera è perdersi in un momento, in un piatto, in quel ripetersi dell’armonia, qualunque veste essa abbia.

Il menù ci avverte di un dualismo a partire dal primo piatto, Bao a beccafico, lardo di mandorla e arancina. Un dualismo fittizio, però, poiché già qui è impossibile separare l’impronta siciliana da quella piemontese, scindendo a tinte nette la timbrica di Pino Cuttaia da quella di Matteo Baronetto. Il bao, ricorrente ormai nella cucina dello chef piemontese, qui viene farcito con del pane grattugiato, uvetta, prezzemolo, parmigiano, olio e succo di limone, calco di quei sapori siciliani che si ritrovano nella pasta con le sarde. In accostamento, un’arancina e un patè di lardo – elemento tipicamente nordico – ottenuto però dalle mandorle. Niente è come sembra, tutto è molto più della sua apparenza.

Bao a beccafico, lardo di mandorla e arancina

Due anime, quelle di Baronetto e di Cuttaia, fuse anche nella matrice terrosa e in quella marittima del fungo e del merluzzo, presenti come ingredienti base della seconda portata, Merluzzo e funghi in foglia di fico. La maestria con cui sono trattati i funghi, presenti in due differenti cotture e preparazioni, la dice lunga sulla familiarità con essi, padroneggiata a tal punto da saperla armonizzare con quanto di più distante ci sia da essa: un pesce.

Merluzzo e funghi in foglia di fico

Si prosegue con Nnumari, moscardino al burro e prezzemolo. Qui, la finezza della mano piemontese si mette a servizio di un meraviglioso tributo al mare. È un piatto che spicca per intensità e per una certa sublimazione della semplicità. Il protagonista è il pesce, per la precisione il polpo e i moscardini. Il primo viene cucinato e lasciato nella sua acqua, dove il commensale avrà il compito di sbriciolare un composto friabile di frutti di mare essiccati, del tutto simile alla roccia nell’aspetto. Serviti accanto al polpo, ci sono i moscardini al burro e prezzemolo, preparati in vasocottura riproponendo una somiglianza di consistenze con il piemontesissimo tonno di coniglio.

Nnumari, moscardino al burro e prezzemolo

Dolce mare in Piemonte è un piatto strabiliante, buonissimo. L’indagine sugli ingredienti, sull’idea e su quant’altro un curioso della tavola possa desiderare di conoscere, arriva in seconda battuta poiché, prima, ci si perde nel gusto tridimensionale, vivace ed elegantissimo del piatto. Si tratta di un risotto, che basa il suo gusto sul contrasto tra la dolcezza di un gambero crudo glassato, la grassezza del lardo, la nocciola tostata e la finissima punta acidula del pomodoro.

Dolce mare in Piemonte

Il Raviolo di gnocco alla bava di Ragusano porta con sé tutta la capacità di Matteo Baronetto e tutto il suo stile. Matteo ha voluto riproporre la ricchezza di un piatto come gli gnocchi alla bava in una chiave molto più leggera, con quell’omaggio alla Sicilia casearia che regala perle di pasta filata come il Ragusano DOP.

Raviolo di gnocco alla bava di Ragusano

Ci si avvia verso la conclusione con il Coniglio in zuppa di pesce e muffoletto. Ancora una volta la riverenza è rivolta al mare. Un tempo Matteo utilizzava coda di rospo o pesce spada per nobilitare la sua zuppa di pesce. Oggi, invece, in quella mescolanza di origini e di direzioni, è la carne di coniglio ad essere scortata da una zuppa di pesce arricchita di pomodoro e spezie. Il muffoletto? Un pane arabo tipicamente consumato in Quaresima e che Pino Cuttaia è solito preparare con l’impasto del babà per accompagnare il suo brodo di pesce.

Coniglio in zuppa di pesce e muffoletto

Sul dessert, Matteo Baronetto e Pino Cuttaia hanno dovuto raggiungere un compromesso. Tartufo, sì, ma con sapori, profumi e colori della dolcezza siciliana. Ed ecco, quindi, un Tartufo…come se fosse una cassata. L’estetica è quella del tubero che popola i boschi piemontesi; l’essenza è quella della Cassata, preparata a Licata con la ricotta locale e utilizzando un cous cous dolce al posto del pan di Spagna.

Come sempre, sedersi ai tavoli del Ristorante Del Cambio è un’esperienza di quelle che non lasciano indifferenti. La semplicità di un’accoglienza calorosa qui si mescola a quella reverenza storica tipica di quando si rimane in contemplazione di un’opera d’arte o di un monumento antico. E la cucina di Matteo Baronetto è la risposta a questo. Una risposta che è continuità, ma è anche identità propria. Perché anche Matteo – e tutti coloro che hanno il privilegio di essere ospiti nelle sue cucine – oggi sta scrivendo la storia, scegliendo ogni giorno una nuova parola per dare vita al prossimo capitolo del Ristorante Del Cambio.

 

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