HOTEL PARKER’S, SULLE ORME DI JAMES BOND
Inghilterra e Napoli, un rapporto speciale che riporta al Grand Tour e alle straordinarie scoperte archeologiche di Ercolano e Pompei, che attirarono sul golfo aristocratici, intellettuali, filosofi, scienziati, britannici ed europei tra i più influenti del Settecento e dei secoli successivi. Un legame che va oltre le distanze e nel 1826 si conferma nell’edificazione del Cimitero degli Inglesi, un’area di cinquemila metri quadrati tra corso Garibaldi e via Arenaccia, acquistata dal console generale britannico Sir Henry Lushington con l’intento di dare degna sepoltura agli stranieri di fede non cattolica residenti a Napoli. Un luogo contemplativo, con una cappella, un obelisco, alberi secolari, monumenti e lapidi di eminenti botanici, intellettuali, archeologi, artisti di fama internazionale, che negli anni cinquanta del ‘900 diventerà un parco pubblico e nel 2022 sarà restaurato e restituito alla città.
Napoli, una meta del Grand Tour che la letteratura britannica e internazionale guarderà sempre con curiosità e ammirazione, a partire da Ann Radcliffe, Lord Byron, Richard Wilson, Thomas Jones, Percy e Mary Shelley, Oscar Wilde e tantissimi altri. Una tappa formativa fondamentale per scoprire l’arte, l’architettura, la storia e le radici dell’uomo, ma anche un buen ritiro, come fu per l’ex premiere inglese Lord Rosebery, il quale acquistò la villa appartenuta ai Borbone che oggi porta il suo nome, risiedendovi dal 1897 al 1909 per poi cederla al Governo inglese, che la donerà nel 1932 allo Stato italiano, per farne la residenza estiva della casa reale e di vari Presidenti della Repubblica Italiana.
Al fascino di Napoli non si sottrarrà neppure Ian Fleming, papà di 007 rimanendo affascinato dalla città di Partenope, pur non rinunciando a una punta di snobismo britannico verso l’Italia e gli italiani e non abbandonandosi mai completamente alla bellezza, del resto lui stesso si definiva “il peggior turista del mondo”. Un legame forte tra Napoli, l’Inghilterra, Fleming e il mondo Bond, che alcuni studiosi del personaggio non esitano a ricondurre alle esperienze napoletane dello scrittore, tanto è vero che Emilio Largo, il ‘cattivo’ di Thunderball – Operazione Tuono del 1961, interpretato da Adolfo Cieli, era cresciuto proprio a Napoli, ma anche il prosecutore John Gardner dedicherà alla costa campana un intero capitolo del romanzo Operazione Invincibile (1989), nel quale 007 visita il golfo a bordo di un’automobile Fiat del Servizio Segreto.
Ma torniamo a Ian Fleming, appena trentenne nel 1938 si recherà nell’Italia di Mussolini, per visitare Torino, Roma, Napoli, Capri, consigliato dal suo professore Forbes Dennis che ne era rimasto notevolmente colpito. Ci andrà insieme all’amico di sempre Ivar Bryce e alla giovane amica Mary. A Napoli prenderà una stanza semplice ma panoramica con il bagno in balcone, ma a Capri lui e Mary alloggeranno in un hotel con terrazza e vista sulla baia, visiteranno il Fortino di Marina Grande, incontreranno la carismatica Mona Harryson Wilson e giocheranno a Backgammon, per poi andare in escursione sul Vesuvio. Ma tornerà insieme alla moglie nel 1960, mentre Roma sta preparandosi alle Olimpiadi, incaricato di redigere per il Sunday Times una serie di articoli sulle tredici città più avventurose del mondo, che confluirà nel volume Thrilling Cities. Riuscirà a intervistare Lucky Luciano che allora viveva in un hotel di proprietà della mafia, a cui strapperà anche un consiglio su dove andare a pranzo: il migliore ristorante di Napoli indicato dal braccio destro di Al Capone a quei tempi era Da Angelo. I Fleming vanno a Capri, dove pranzeranno alla Canzone di Mare, lussuoso ristorante con piscina aperto alla Piccola Marina, visiteranno Anacapri, con una vista mozzafiato sul golfo, poi le rovine monumentali di Paestum, il pranzo all’Olimpia, il bagno nella grande spiaggia deserta, prima di proseguire il viaggio alla volta di Montecarlo. Una città che anche oggi si conferma una meta irrinunciabile per gli inglesi tanto che nel 2015 il giornalista Stanley Stewart della testata giornalistica inglese Telegraph, ha dedicato un sondaggio e un lungo articolo a Napoli, eletta città italiana preferita dagli inglesi. Ma è anche una meta dal punto di vista dell’ospitalità di alto profilo, con strutture eleganti e confortevoli pluripremiate.
In corso Vittorio Emanuele c’è l’Hotel Parker’s, di proprietà della famiglia Avallone, il più antico albergo cinque stelle della città, un luogo storico dell’ospitalità partenopea con un’autentica atmosfera british che sarebbe piaciuta a Ian Fleming, dove si possono gustare tutti i cocktail amati da Bond. Una lunga tradizione lega il lussuoso hotel all’aristocrazia inglese, fin dal lontano 1870, quando viene rilevato da Sir George Parker Bidder III, abbiente biologo marino inglese, che era un ospite abituale e acquisterà l’edificio salvandolo dalla demolizione. Nell’immediato dopo guerra sarà l’avvocato Francesco Paolo Avallone ad assumerne la titolarità, ristrutturando lo storico albergo, provato dalle vicende del secondo conflitto e nel 1980 occorrerà ancora un intervento sostanziale, questa volta a cura delle Belle Arti di Napoli per porre rimedio alle importanti lesioni causate dal sisma.
E oggi è un luogo dove l’armonia degli spazi e l’autenticità dei gesti mettono a proprio agio, inducono a trattenersi più giorni e a prendersi un po’ di tempo per sé. “E’ un’opportunità imprenditoriale avviata per un atto d’amore della famiglia Avallone” spiega Andrea Prevosti, general manager dell’hotel, con importanti esperienze nel comparto luxury e diversi anni a Londra “mantenendo lo stesso spirito di appartenenza che lo rendeva speciale in passato. E con il desiderio di riportarlo agli antichi fasti di Salvatore Avallone, proprietario insieme alla famiglia, le sorelle Cesira, Bice e Maria Ida, quest’ultima a capo dell’azienda vinicola Villa Matilde, che segue come ‘donna del vino’, già delegato per la Campania dell’Associazione Donne del Vino dal 2010 al 2018. A segnare la storia del Grand Hotel Parker’s sono stati i numerosi personaggi illustri che l’hanno scelto per i loro soggiorni partenopei. Ciascuno ha lasciato un’impronta indelebile fatta di aneddoti, ricordi, pagine di giornali, memorie, contribuendo a farne una dimora storica d’élite, prestigiosa non solo per la ricercatezza dei suoi ambienti interni, ma anche e ancor più per la notorietà degli uomini e delle donne che l’hanno vissuta. Veri padroni di casa, i concierge ‘Chiavi d’Oro’ Marco e Vincenzo accolgono ogni giorno gli ospiti, pronti a rispondere a qualsiasi esigenza e pianificare il soggiorno grazie ad un servizio impeccabile e personalizzato. Si sceglie tra escursioni e tour privati, visite nell’azienda vitivinicola di famiglia Villa Matilde. E ancora, si occupano di prenotazioni di ristoranti, VIP transfer con auto di lusso e minivan, servizio di baby-sitter, dog-sitter, biglietteria e molto altro ancora”.
Il tempo scorre veloce alla scoperta delle bellezze di Napoli, in centro c’è tantissimo da vedere, il Museo Archeologico Nazionale, la Cappella di San Severo, il Palazzo dello Spagnolo, Palazzo Reale, Castel Sant’Elmo, la Farmacia degli Incurabili, Castel dell’Ovo, via Toledo, il Gran Caffè Gambrinus, ma anche il cocktail bar L’Antiquario, tra i pochissimi speakeasy italiani inclusi nella prestigiosa classifica internazionale 50 Best Bar, il locale di Chiaia del talentuoso Alex Frezza, che l’anno scorso era all’82esima posizione, nell’edizione 2022, svelata il 4 ottobre, ha raggiunto il 46esimo posto nella lista dei migliori bar del mondo.
La posizione panoramica, la terrazza al sesto piano, dove si trovano il Bidders Bar e il ristorante stellato George, i comfort raffinati, gli elevati standard di servizio e naturalmente l’elegante atmosfera british, devono avere colpito anche il comitato scientifico del Bond Point Club, che nel 2004 ha sancito l’ingresso del Bidders Bar del Grand Hotel Parker’s nell’esclusivo circuito internazionale che a Londra annovera il Dorchester, il Dukes, il Ritz, il Savoy; a Parigi il Ritz, Les Foquettes, il George V; a Venezia il Gritti, il Danieli, il Caffè Florian, il Cipriani; a Milano il Principe di Savoia, il Westin Palace; a Roma il De Russie, l’Inghilterra, il Chorus. Luoghi del bere, del cibo e dell’ospitalità prediletti dall’agente segreto più amato da Sua Maestà, che hanno ricevuto una targa di appartenenza numerata, la medesima che nel 2004 venne consegnata al Bar manager Franco Russo insieme a un leaflet con i cocktail più celebrati da Bond, confermando la nascita di un luogo del buon bere in sintonia con la filosofia bondiana di eleganza e bien vivre. Un’enclave britannica con una spettacolare vista sul golfo, che lo scorso 4 aprile, ha visto Franco Russo cedere lo shaker al giovane ed esperto collega Antonio Boccia, un professionista del buon bere che sta già dando prova di entusiasmo e professionalità. Un saluto affettuoso e un arrivederci a Franco Russo che i colleghi, il team, il direttore Andrea Prevosti e i numerosi ospiti presenti hanno voluto tributare a chi ha guidato il bar del Parker’s per quasi vent’anni con eleganza e savoir faire, due decenni nei quali al bancone del Bidder’s si sono visti, connoisseur di champagne, esperti di mixology, personaggi dello spettacolo e del mondo del Cinema, come Sofia Loren (che rimase una settimana), i registi Abel Ferrara, Ferzan Özpetek, John Turturro e Michael Bay (‘Trasformers’).
Un passaggio di consegne tra professionisti consolidati, il curriculum di Antonio Boccia parla da solo, viene da premianti esperienze in hotel de luxe, nel ruolo di bartender, maitre e restaurant manager, al Grande Albergo Vesuvio di Napoli, al Marriott Tiberio Palace di Capri, all’Hotel Palazzo Sasso di Ravello, al Regina Hotel Baglioni di Roma, al Pellicano di Porto Ercole, competente, elegante e socievole, è stato insignito del titolo di Ambasciatore della Campari. E la bottigliera non lascia dubbi, decine di bottiglie di liquori e distillati pregiati fanno del Bidder Bar una meta assoluta della mixology, con un’ampiezza di preparazioni che vengono messe in opera da un abile team che attinge da una monumentale carta cocktails, tutti in qualche modo connessi a 007, bevuti nei romanzi e nei film dall’agente segreto, dai nemici e dalle bond girl, abbinati a particolari appetizer, la pizza margherita al vapore, il Takoyaki con polpo alla Luciana, la chips di riso alle alghe, il lupino e gel di birra, il tarallo fatto solo di mandorle, la finta oliva farcita con l’insalata di rinforzo, tutti serviti nelle ceramiche realizzate dai ragazzi del carcere minorile di Nisida. Sempre al sesto piano, sempre con una vista mozzafiato, che guarda al Vesuvio, a Castel dell’Ovo, alla Penisola Sorrentina, a Capri, a Posillipo, il ristorante stellato George è un altro dei motivi per venire al Parker’s.
La cucina di Domenico Candela, classe 1986, originario di Napoli, ma con esperienze in importanti insegne internazionali, si connota attraverso un’esigenza di narrazione. Dopo l’istituto alberghiero e un’esperienza a Milano, nel 2006 entra nel mondo luxury con il Relais Villa d’ Amelia, a cui seguiranno il Gran Hotel Quisisana di Capri; Palazzo Caracciolo a Napoli; Villa del Quar di Pedemonte (Verona); poi nel 2011 è accanto ad Antonio Guida, al Pellicano di Porto Ercole; va in Francia al Le Taillevent Restauran di Lamennais (Parigi) da Alain Solivérès; al ristorante Devero di Cavenago (Milano) da Enrico Bartolini; al Ristorante Vespasia di Palazzo Seneca, da Emanuele Mazzella; al Pavillion Ledoyen Alléno, di Parigi, accanto allo chef Yannich Alléno, 3 stelle Michelin e 17 ristoranti nel mondo. “Ricordare per me significa riportare nel cuore i momenti dell’infanzia e ritrovarli nella studiata alchimia dei sapori, degli odori, dei colori che sono nei miei piatti” racconta Domenico Candela “Dopo essere stato accolto in Francia, patria della mia formazione, riapprodo nella mia città con grande orgoglio a coniugare l’emozione e la memoria con la disciplina e il rigore della raffinatezza. Porto in tavola le mie scelte, i prodotti di territori d’elezione, l’amore per le salse, l’autenticità del pomodoro che si unisce all’esaltante profumo di basilico. Porto in tavola il mio viaggio quotidiano nel mondo dell’arte gastronomica”.
I piatti sono riflessioni che riportano all’infanzia e al suo percorso professionale, ai luoghi visitati, agli incontri fatti, in una dimensione espressiva che tiene conto delle grandi preparazioni internazionali e della napoletanità che porta dentro, appresa in casa, con gli occhi curiosi di un bambino, di cui è interprete efficace. Una cucina colorata, dai sapori intensi, in una parola ‘felice’, impiegando tecniche raffinate ma senza neologismi incomprensibili, che si rivela golosa e succulenta. Ecco dunque la Terrina di foie gras delle Landes: marinato con 5 spezie, gelatina al melograno, purea di mela fermentata e pan brioche; l’Identità territoriale: un anolino ripieno di brasato di pecora Laticauda, miso di limone di Procida e consommé di verza; l’animella di vitello del Sannio cotta al burro, morchelle al vin jaune della Jura e Comtè 24 mesi AOC; per concludere con una raffinata pasticceria: il Babà al rhum con chantilly francese e albicocca; la coda d’aragosta farcita di ricotta e cedro candito, la zeppola di San Giuseppe con crema chantilly all’italiana e amarene; il curniciello: cioccolatino fondente ai tre pepi e peperoncino con in accompagnamento “il miracolo di San Gennaro” cocktail a base di vermouth rubino, lime e sciroppo e fiori di sambuco; insieme agli abbinamenti ragionati del maitre e sommelier Enrico Moschella a cui si deve una carta dei vini di notevole valore e profondità.