THE GRITTI PALACE E ST. REGIS VENICE, STORIA E MAGIA DI VENEZIA

Probabilmente, ogni volta che si recava al Mercato di Rialto osservava le mani callose dei pescatori, perdendosi nelle grinze dei loro volti marcati dal sole e nelle rughe palesate attraverso i sorrisi, quei sorrisi larghi come il mare e profondi come l’intimità di Venezia. Ernest Hemingway era un intenditore: amava andare al mercato e scegliere accuratamente il pesce, perché, in fondo, lui con il mare viveva un rapporto speciale. E pure con Venezia.

La prima volta che si recò alla città sull’acqua era il 1948. Da lì, iniziò la sua lunga storia d’amore con i canali e i vicoli di Venezia, con i suoi palazzi, con i suoi colori, con quel suo odore salmastro e lagunare che permetterebbe di riconoscerla ad occhi chiusi. Da lì, dal 1948, iniziò la sua adozione da parte dei veneziani, da parte dei pescatori, da parte della laguna. E, soprattutto, da parte del Gritti, che lo ha ospitato e accolto fino a diventare casa sua.

The Gritti Palace, Venezia

Il The Gritti Palace, un tempo palazzo del Doge, custodisce ancora gelosamente le firme di Hemingway e quelle di tutti i personaggi illustri che varcarono la sua soglia e abitarono le sue stanze. Quello che si vede oggi girando fra le sale del Gritti e percorrendo le sue scalinate sembra essere il risultato di un rapporto mutualistico, uno scambio che c’è stato nel corso dei secoli: il Gritti emanava un fascino intenso e con esso abbracciava tutte le sensibilità artistiche che, lì, palpitavano e creavano; e loro, quegli uomini e quelle donne, con la loro eccezionalità umana impreziosivano il tessuto del Gritti, rendendolo sempre più bello, sempre più misterioso e sempre più pregno di anima.

The Gritti Palace, libreria

Ogni camera del Gritti racchiude qualcosa che travalica il lusso, superando persino la bellezza estetica. In quelle 61 camere e 21 suite, si respira la storia. È facile immaginarsi scrittori, attori, pittori, musicisti affacciarsi a una delle finestre che danno sul Canal Grande, godendo del tepore del tramonto e lasciandosi cullare da esso fino alla notte, la notte magica di Venezia.

Hemingway Presidential Suite, salotto

Già, il Canal Grande. Il Gritti permette di ammirarlo e sognarlo da una finestra, ma anche di vederlo correre nella sua lunghezza osservandolo dall’alto, dalla Terrazza Redentore di 250 mq posta sul tetto dell’hotel. E poi, il Gritti, permette di mangiare ai suoi piedi, come a sfiorarlo. È il leggerissimo mormorio dell’acqua e il cigolio delle gondole che oscillano a fare da colonna sonora ai piatti dello Chef Daniele Turco, nel Ristorante del Gritti Club del Doge.

Daniele Turco, Executive Chef del Ristorante Club del Doge

La raffinatezza delle sue creazioni, così come quelle del Pastry Chef Salvatore Gattullo, sono pienamente all’altezza dell’eleganza in cui sono inserite, proponendosi come parte dell’offerta globale del Gritti, che non è un “semplice” alloggio. È l’esperienza e l’emozione di immergersi in un luogo dove la vita di qualcuno è ancora tangibile e dove c’è spazio anche per la propria.

Ristorante Club del Doge, interno

E se il Gritti è la conservazione, il St. Regis Venice, a pochi metri di distanza, è l’evoluzione che ha seguito il gusto moderno, assecondandolo nel più sublime dei modi. Tutto, al St. Regis, fa perno sui colori di Venezia e sulle sue forme. Del resto, Claude Monet alloggiò qui, traendo ispirazione dalla vista che poteva ammirare dalla sua camera. Amava studiare la luce, Monet, e nulla come Venezia poteva mostrargli le naturali variazioni di essa. Nulla, come il Canal Grande, si nutriva di luce e la restituiva in una forma elaborata, ancora più brillante e nostalgica, intensa e soffusa, limpida e calda. Da questo Monet attingeva, come un innamorato che non smette di osservare le fossette del sorriso nella persona amata.

Seguendo l’esempio del pittore impressionista, è stato scelto di utilizzare come tema cromatico degli arredi la variazione di colori che animano Venezia dall’alba fino al tramonto. I toni del verde acqua e dell’azzurro, oppure quelli dell’arancione del tramonto, fino al blu intenso di un cielo terso, ricorrono in tutte le camere. Persino i mobili e l’interior design omaggiano la Serenissima, con le loro linee morbide che ricordano il profilo delle gondole o quello delle gocce d’acqua; le tende riportano in decorazione la forma geometrica di Piazza San Marco vista dall’alto e le sculture in vetro soffiato mettono in mostra le abilità di diversi artisti attraverso la partnership con Glasstress.

Un continuo omaggio a Venezia, insomma, e a uno dei suoi più noti architetti e artisti, Carlo Scarpa, a cui si ispirano gli arredi delle aree comuni. Tutto questo, per un Hotel composto da ben 5 edifici, in cui si trovano 130 camere e 39 suite. Esse si snodano in punti molto diversi fra loro, che consentono di ammirare ora la vista spettacolare sul Canal Grande, ora quella sui giardini interni del complesso, usufruendo anche delle numerose terrazze private annesse ad alcune suite. Tra le suite, appunto, è doveroso citare l’imponenza della Presidential Suite, composta da due camere da letto e pervasa di arte in ogni suo angolo, fino al più minuscolo e invisibile dettaglio. Ma anche la Penthouse Suite, con ben tre camere da letto e una terrazza che apre su altrettanti panorami veneziani, le cinque Roof Garden, le Venetian Suite e le Monet Suite. Ognuna con il suo tocco, ognuna con il suo carattere – esplicitato nei colori, negli arredi e nella vista – ma sempre accomunate dallo stile indiscutibilmente elegante. Un’eleganza che non è mai eccesso. Uno dei più grandi pregi del St. Regis Venice, infatti, è forse quel clima di respiro e di luminosità che si percepisce nelle sue stanze. Un che di rasserenante, che rispecchia la classe della sua direttrice, Patrizia Hofer, ma anche l’impronta stilistica della cucina di Nadia Frisina, Executive Chef del Ristorante Gio’s, sito all’interno dell’hotel.

Nadia Frisina, Executive Chef del Ristorante Gio’s

A filo del Canal Grande anch’esso, il Gio’s coniuga l’anima sicula della sua Chef con la materia prima locale, proponendo ai suoi ospiti non tanto la tradizione gastronomica veneta nella sua purezza ma piuttosto l’identità storica e professionale di Nadia. Una cucina improntata sulla semplicità del gusto – come dovrebbe sempre essere – tanto che il piatto signature della Chef è lo Spaghetto Cavalier Cocco ai tre pomodori: un riassunto di Italia, un tocco di Sicilia, un piacere di gusto universale.

Spaghetto Cavalier Cocco ai tre pomodori

Esistono degli Hotel che hanno il medesimo valore di un’opera d’arte per la bellezza che sono, per l’amore che è stato riservato ai loro dettagli e per la cura che viene posta con pazienza ogni giorno allo scopo di preservarli. E poi ci sono certi Hotel che hanno persino un valore storico, non tanto per la lunga linea temporale che li ha visti nascere e crescere, ma piuttosto per l’assommarsi delle intimità che hanno avuto il privilegio di accogliere, anche per una notte soltanto. La capacità di preservare tutto questo patrimonio umano e artistico è invece prerogativa di pochissimi. Quelli diventano i luoghi iconici. Quelli diventano i posti che si elevano da tutto il resto, pur mantenendo, per qualcuno, le sembianze di una casa.

 

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Cover: The Gritti Palace