BENTU LUNA, UMANESIMO DEL VINO

Il fine ultimo di questo progetto è portare più reddito verso l’inizio della filiera”. Così esordisce Gian Matteo Baldi passeggiando nella nuova cantina di Neoneli, fiducioso e molto ben intenzionato nel provare a dimostrare una corretta redistribuzione dei ricavi all’interno del complicato iter enoico. “Questo è stato, ahimè, il modello che per tanti anni ha influenzato la produzione in Italia, per cui si è tolta troppa attenzione al vigneto e di conseguenza, sempre nel nostro Paese, i grandi patrimoni delle vecchie vigne hanno avuto troppo poco senso per la loro produzione minore”.

Gian Matteo Baldi

Bentu Luna vuole essere un progetto “umanistico”, ma non in senso metaforico, in senso prettamente fisico, in quanto il rapporto tra l’uva e l’uomo deve essere ancora più diretto, quotidiano, senza troppi intermediari che vogliono fare qualità nel vino, “calpestando la terra due volte all’anno”.

Ci collochiamo dunque a Neoneli, vivace località nel centro della Sardegna, perlopiù sconosciuta fuori dall’isola e quindi nel continente, come si dice da queste parti. Più precisamente nella DOC Mandrolisai, una denominazione (ed un territorio) di origine storica, che prevede l’utilizzo delle uve Bovale (o Muristellu) insieme a Cannonau e Monica. In gran parte nella provincia di Nuoro e solo per una piccola parte nella provincia di Oristano, si trovano (non a caso) alcune delle più belle ed antiche vigne di tutta l’isola. I Comuni interessati sono Ortueri, Atzara, Sorgono, Tonara, Desulo e Meana Sardo, in provincia di Nuoro, e il Comune di Samugheo in provincia di Oristano. Un paesaggio policulturale, uno dei quattordici in Italia iscritti al Registro nazionale dei Paesaggi rurali d’interesse storico, l’unico della regione, in virtù del fatto che negli ultimi 200 anni la destinazione del suolo è rimasta invariata.

Ed è qui, allora, in mezzo ad una macchia mediterranea che mostra tutto il suo splendore e nuraghi di rara bellezza, nasce il progetto di Bentu Luna, anzi una sorta di modello che possiamo tranquillamente riassumere in tre azioni: osservazione, deduzione, azione. Tanti sono i maestri, infatti, da Giovanni Bigot a Federico Staderini, da Beppe Caviola a Nicola Secondé, i quali vengono coordinati dalla giovane enologa Emanuela Flore, dinamicissima e altrettanto preparata, efficace nel condensare tutte le proposte e successivamente nel redistribuirle, a sua volta, ai collaboratori “autoctoni”. Un ruolo cardine al suo interno, o meglio, una funzione fondamentale nel trasmettere conoscenza e consapevolezza.

Una vinificazione di grande precisione che prevede il chicco o il grappolo intero proveniente totalmente da vigneti che anno da un minimo di 35 fino ai 115 anni di età, su un altopiano che va dai 350 ai 700 m slm. il cui terreno si presenta con una composizione antica e variegata, tra il granitico e il sabbioso.

I nettari nascono da fermentazioni spontanee con pied de cuve rigorosamente selezionato, vasche di cemento crudo e anfore in terracotta (per il bianco), follature manuali e poi barriques di secondo passaggio, per quanto riguarda i quattro rossi. Vini che sanno e parlano di territorio, a partire da Unda, un vermentino in purezza sicuramente differente dai suoi cugini di Gallura, ma vibrante, succoso e slanciato, in un piacevole finale agrumato. Poi troviamo Sobi e Mari, rossi simili nell’uvaggio ma naturalmente non uguali, in cui il Bovaleddu e il Cannonau sono comunque protagonisti ed esprimono grande complessità, nonostante una lieve dolcezza di fondo.

Infine, le due new entry, Be Luna e Susu, rispettivamente rosso di Sardegna da uve autoctone e Cannonau in purezza. Nel primo le uve di Muristellu (Bovale sardo), Monica e Cannonau in percentuale variabile sono state raccolte in una vigna piantata nel 1905 nel comune di Atzara (Nuoro), mentre nel secondo maturano in un vigneto monocultivar di Neoneli. Delizioso il Be Luna, sorprendente nella sua vinosità altamente profonda e spigolosa, innervato a seguire da una notevole freschezza, mentre piuttosto intenso nell’impatto aromatico su note di spezia e ciliegia matura il Susu, deciso, profilato e dal sapido fondo iodato.