CAVE MONAJA, UNA STORIA DI SUCCESSO

Cave Monaja è una piccola cantina nella montuosa Valle d’Aosta ai piedi delle cime più alte d’Europa, frutto di un progetto che Chul Kyu Peloso, origini coreane ma solide radici valdostane, enologo e creatore, ha definito di “buon senso”. Parliamo infatti di un territorio fragile al punto da essere considerato eroico, che guarda a una viticoltura impostata sul recupero di vecchie vigne storiche e di varietà del territorio, profondamente legate al luogo di origine e lavorate nel pieno rispetto della natura. Piante e terreni che nessuno vuole più coltivare perché poco redditizi, specie in considerazione dell’enorme impegno richiesto.

Chul Kyu Peloso

L’avvio risale al 2018. Sei etichette e una produzione esigua di sole 7000 bottiglie che ancora oggi si svolge in un piccolo locale un tempo utilizzato per la maturazione dei formaggi, una sorta di vin de garage alla maniera francese dei rinomati vini di culto. Trenta piccoli appezzamenti che si estendono, complessivamente, su poco più di due ettari. Le quote altimetriche dei vigneti variano dai 500 ai 1000 metri per arrivare sino alle pendici delle montagne. Il campo più piccolo misura appena 150 mq, più o meno come un giardino di casa. Realtà piuttosto comuni in un contesto come quello della Val d’Aosta, dove l’intera superficie vitata regionale si aggira, più o meno, sui 400 ettari.

Fu un’amica a proporgli di prendere in gestione un vecchio vigneto di famiglia ereditato dal nonno. Un fazzoletto di 400 metri quadri che rischiava di andare perduto, perché nessuno degli eredi aveva tempo, capacità o competenze per gestirlo, che in breve tempo è diventato il primo di un ampio progetto di recupero e valorizzazione di vecchi impianti. “Nel giro di poco, ciò che stavo facendo inizia a farsi notare” – spiega Chul Kyu. “E diversi proprietari mi hanno chiesto se avessi potuto occuparmi anche dei loro vecchi vigneti di famiglia”. Vitigni perfettamente integrati con il proprio terroir che Cave Monaja ha scelto di proteggere con un percorso di certificazione per la sostenibilità nella vitivinicoltura “VIVA”, del Ministero della Transizione Ecologica.

Una viticoltura di “buon senso”, dicevamo, per vini moderni e naturali. “Voglio portare in cantina grappoli sani, mantenendo in campagna un approccio poco invasivo. Siamo attenti, per esempio, a non utilizzare prodotti che lascino residui. Del resto sono io per primo, come consumatore, a voler bere bene. Allo stesso modo sono cosciente che la natura ha le sue variabili e che talvolta, per non ricorrere a eccessivi interventi, bisogna accettare di non riuscire a portare in cantina tutto il raccolto. Il mio obiettivo, infatti, non è quello di portare in cantina il 100% delle uve coltivate, ma di lavorare solo i grappoli migliori, per ottenere un prodotto eccellente. Dunque accetto di sacrificare una piccola percentuale di prodotto, piuttosto che ricorrere a un uso eccessivo dei trattamenti in campagna”. Tra le sue vigne annovera anche la vite monumentale nel villaggio di Farys, una frazione del Comune di Saint-Denis. Una pianta di oltre 300 anni, appoggiata a un’antica pergola, di proprietà dello zio dell’enologo, che fu in passato pesantemente danneggiata e ha richiesto un lungo lavoro di recupero, pazienza ed attenzioni. Oggi sebbene con pochi frutti, contribuisce alla produzione di vini caratterizzati da una grande concentrazione.

Nella cantina a ridosso della città di Aosta convivono un vecchio torchio e una moderna pressa pneumatica. “Ho la fortuna di lavorare solo piccole masse e questo mi permette, fin dalle prime fasi, di utilizzare esclusivamente vasche in acciaio di piccole dimensioni. In questo modo riesco a controllare efficacemente le temperature con metodi di un tempo”. Per la produzione dei vini bianchi usa solo ceppi selezionati che non influiscono sulle caratteristiche dell’uva. Per i rossi, preferisce ricorrere ai lieviti indigeni che si trovano naturalmente sull’uva. Nessuna filtrazione ma vini fatti decantare naturalmente grazie al freddo e imbottigliati per gravità. Lunghi affinamenti, piccole attenzioni che ben rappresentano il rispetto per uva e vino.

Oggi Chul Kyu Peloso, per gli amici Andrea, condivide il traguardo dei primi cinque anni di attività. La degustazione a Milano svoltasi da Winetip, importante distributore e wine merchant riconosciuto a livello internazionale, tappa obbligata per i collezionisti, ha visto l’assaggio delle sue etichette storiche in abbinamento a un menù a cura della chef Lara Radaelli. Non poteva mancare l’assaggio del vino degli esordi, Foehn vendemmia 2018.

Vini contemporanei grazie all’uso dell’anfora, del serbatoio ovoidale in cemento della ‘Nomblot’, di tappi tecnici, di contenitori di legno esausti perfettamente riadattati per un uso importante ma mai invasivo. Prêt à Boire, Blanc e Rouge, uvaggio di Malvoisie de Nus al 40%, Muscat Petit Grain per il 30%, Traminer per il 20% il primo, 40% Pinot Noir, 30% Syrah e 20% Petit Rouge a cui si aggiungono piccole percentuali di vitigni a bacca rossa, il secondo, appartengono alla tradizione valdostana. Vini giovani, freschi, sartoriali, realizzati come un abito di Haute Couture. Foehn Vallée d’Aoste Aoc, le cui uve provengono esclusivamente da vecchie vigne (40% Fumin, 30% Petit Rouge e 30% Vien de Nus) con un’età media tra i 60 e gli 80 anni è l’etichetta da cui tutto ha avuto inizio. Stau Vallée d’Aoste Aoc nasce da una lavorazione di Chardonnay per il 50%, a cui si aggiungono, Malvoisie de Nus, Muscat Petit Grain e Traminer affinati per 12 mesi in barrique di rovere francese rigenerate. Prodotto in sole 300 bottiglie annue, il Monaja300 (40% Petit Rouge, 30% Fumin e Vien de Nus) le cui uve provengono dagli impianti più vecchi, con viti di età media superiore a 80 anni, tra cui anche quelle raccolte dalla monumentale e ultracentenaria vite di Farys è “più che un vino, queste sono “gocce di storia” – sottolinea Chul Kyu Peloso. Infine l’ultimo nato, Sélection Monaja (Fumin e Petit Rouge al 40%, con il 20% di Vien de Nus). Un vino capace di tramandare storie antiche, come il racconto di piccole vigne giunte ad oggi grazie alla passione e alla dedizione degli avi. Nato nel 2020 con l’idea di valorizzare una particolare vigna, frutto di un lungo lavoro di recupero durato ben quattro anni è un vino in tiratura limitata, prodotto solo in 800 bottiglie, dalle caratteristiche uniche.

 

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