DESPERATE HOUSEWINES. CAPITOLO 3

Andare in vacanza alle Eolie con un’amica (e fino a qui tutto bene) a salvare (tenetevi forte) i cetacei in via di estinzione non era nei miei piani, almeno di questa vita. “Ho sentito di questo centro di salvaguardia della fauna marina che cerca volontari per il monitoraggio e l’eventuale soccorso, andiamo? Andiamo?” dice due volte Enrica, “È il mio sogno!?”. Dinanzi a tale entusiasmo e a un sogno, ho ceduto, a un’unica condizione: “Se incontro qualcuno, liberi tutti e fanculo i cetacei”.

Sorvolo sulla parte iniziale del viaggio, costellata da incontri temporanei con brutti ceffi dalla scia maleodorante e dallo sguardo insistente, una caratteristica probabilmente sviluppata dopo l’obbligo della mascherina. E arrivo alle tre, anzi quattro, storie di flirt mai iniziati, finiti da un pezzo o finiti sul nascere.

 

Flirt da confinamento: vino bianco

La sera prima di partire è un amico di un amico che, dal primo mese di confinamento o isolamento sociale (vi prego, non chiamatelo “lockdown”), non mi dà pace. Ritrovarmelo anche in vacanza non era nei patti, taciti, ma patti. Ho finalmente capito che agli uomini le cose devi dirgliele secche, anche a costo di risultare stronza. Non solo ha scelto la stessa isola, ma si è anche piazzato nello stesso appartamento da me accuratamente scelto vicino al bar più rifornito delle Eolie.

Per inaugurare stappo un Lugana Le Fornaci da uve 100% Turbiana di Tommasi, affinato per 3 mesi circa su fecce e lieviti fini. All’olfatto è fruttato e fragrante, su note di frutta tropicale e pompelmo. Ma al gusto è secco e armonico con un finale sapido, e dal tipico sentore di mandorla. Lo abbino ai gamberetti di nassa pescati e fritti da Stefano, il pescatore e coltivatore di capperi, che dopo soli tre giorni mi ha chiesto di sposarlo. «E dài, sono in vacanza!».

 

Flirt da sposalizio: bollicine

Il giorno dopo è quello dei cetacei. Vabbè, l’ho promesso alla mia amica. Usciamo in barca. Dopo tre ore di navigazione, e un caldo da svenire senza possibilità di rianimazione, il malloppo è solo un gran cumulo di plastica doverosamente raccolta. Indirettamente posso dire di aver salvato una tartaruga… La giornata non può chiudersi così. Scendo dall’imbarcazione senza frigo bar e mi dirigo in piazzetta. È lì che incrocio Sergio. Era il 2001 quando su un volo Lisbona – Milano mi chiese di sposarlo. Gli risi in faccia, non perché sono stronza, cioè all’epoca non lo ero. Ma perché pensavo fosse uno scherzo. È da allora che non lo vedo. Ci riconosciamo subito, non senza stupore. “Festeggiamo!”, dice. “Cosa?” (penso, ma non lo dico).

Torna da me con una bottiglia de Il Brutto Asolo Prosecco DOCG Colfondo di Montelvini, una bella sorpresa perché rifermentato in bottiglia secondo la tradizione tipica delle colline Trevigiane, con i lieviti che si depositano, appunto, sul fondo. Lo secchiamo in men che non si dica. Proseguiamo con spumante millesimato Duca Nero di Duca di Salaparuta extra brut. Da uve Pinot Nero, ha una grande eleganza con spiccate note minerali, accompagnate da una leggera crosta di pane. Ancora si ricorda che amo le bollicine. Mi chiede di andare a cena. Declino.

 

Flirt d’annata: rosso balsamico

Intanto l’amico della video chat mi tiene d’occhio. Fa quello che non gliene frega. Ma non mi molla un attimo. Così passo da Stefano il pescatore e gli ordino un chilo di calamari che amo cucinare ripieni e chiedo all’amico di pagare. Io penso al vino. Mentre scendo verso il negozio, incrocio un mio ex, un avvocato romano che associo a un pacchetto di taralli. Quello che gli lanciai addosso prima di mollarci. Ancora se lo ricorda, glielo leggo negli occhi. Ma insiste nell’abbracciarmi (tre mesi di confinamento bruciati, altro che taralli).

Per riconciliarci e farsi perdonare dell’abbraccio, mi offre da bere. Fa decidere a me: Zio Nunù di Tenute Pacelli, un’azienda al femminile dell’alto cosentino, ma di proprietà di una famiglia istriano-napoletana. Un taglio bordolese alla calabrese affinato in botte 12 mesi, che sprigiona note di terre nobili, ancestrali che ricordano liquirizia e frutti a bacca rossa, lievemente affumicati.
Ormai si sono fatte le 20:30 e io devo ancora cucinare. Appagata dalle note balsamiche e dai toni di grafite e polvere argillosa del vino appena bevuto, risalgo la mulattiera con svogliatezza e mi metto al lavoro.

 

Flirt da carreggiata: distillati

La settimana volge al termine. La mia amica ormai mi guarda con il sopracciglio inarcato, quasi per scusarsi. Abbiamo avvistato solo due branchi di stenelle e una tartaruga ferita. Io non ho incontrato nessuno, se non vecchi flirt finiti male e lei ha rimediato qualche foto mossa di delfini. Per risollevarmi rispondo a uno dei tanti messaggi di Paolo, un venditore di automobili che mi scrive da qualche mese ma che con me c’entra come una costata sul piatto di un vegetariano. Sembra simpatico, mi parla sempre di vino. Forse ha capito dove andare a parare. Al mio rientro a Milano parte in quarta. “Vediamoci”. E vabbene. Dopo una cena in un locale con dehor rimediato dai permessi comunali da emergenza Covid (tanto il traffico che ho salutato un’amica incolonnata mentre ero a tavola…), mi porta in un’enoteca a me già nota.

Saluta tutti con baci e abbracci. Mi viene ansia. Ordino una grappa, Nizza di Berta a base di uve Barbera. Tutto passa.

 

Epilogo

È tardi, chiudo gli occhi e, in fila come soldatini, mi si figurano il grezzo con la mascherina che mi fa l’occhiolino, Stefano il pescatore con l’anello di fidanzamento infilato nei tentacoli del calamaro, l’amico della video chat che mi fa “buh” alle spalle, Sergio il promesso sposo che stappa le bollicine versandole in mare, l’avvocato romano che mangia con ingordigia i taralli e Paolo il milanese che sgomma sulla sua auto lungo la circumvallazione lanciando baci a vanvera. Mi sveglio di soprassalto. Vado in salotto e l’occhio mi cade su un Ardberg 10 years. Sorrido. Era solo un sogno.