FATTORIA MANCINI, DUE SECOLI DI PINOT NERO

Fattoria Mancini produce, in venti ettari di vigneti, Pinot Nero da due secoli, perpetuando una tradizione iniziata ai tempi dell’occupazione napoleonica.L’azienda, condotta dalla quinta generazione, offre prodotti di assoluto carisma e unicità in cui svettano il Metodo Classico Impero, il Focara e il Roncaglia, una sottozona riconosciuta e inserita nella D.O.C. Colli Pesaresi dal 1994, il cui disciplinare prevede proprio la presenza di Pinot Nero per almeno il 25%.

Suscita curiosità già sulla carta un Metodo Classico 100% Pinot Noir prodotto nel centro Italia e dallo stile ossidativo. L’interesse per questa bollicina aumenta quando si scopre che si fa chiamare “Impero”. L’etichetta si presenta come una sorta di vecchia mappa navale con illustrazioni di castelli e tutto intorno onde marine e colline. Una vera e propria rappresentazione del paesaggio che troviamo all’estremo nord della regione delle Marche.

La vista del mare da un’ampia superficie vitata all’interno del Parco Naturale del Monte San Bartolo, si arricchisce in stagione da una distesa di ginestre, che contribuiscono a riempire gli occhi di colori, tra verde, azzurro e giallo. Siamo a qualche manciata di minuto dal borgo medioevale Fiorenzuola, qui i filari sono a strapiombo sull’Adratico. Uno scenario da blackout, di scioccante bellezza, che deve aver dato più di qualche emozione anche a Napoleone, che durante il suo periodo di occupazione in Italia, nel 1810, ha reputato questa parte alta della costa, a qualche manciata di chilometri da Pesaro, adatta alla coltivazione del Pinot Noir, che piantò in poco tempo in alcune tenute confiscate alla Chiesa. Uva che iniziava a diffondersi e a riscuotere successo soprattutto nella regione della Champagne, dapprima impiegata per i “vins gris” e solo successivamente per le cuvée a noi note. Ed è il 1861 quando la famiglia Mancini acquista una di queste proprietà possedute dal clero dove i terreni sono ricchi di arenarie calcaree. E, molto più tardi, sarà Luigi Mancini, quinta generazione di viticultori, a interrogarsi sul suo patrimonio, sia dal punto di vista storico che viticolo, prima di sfruttarlo commercialmente. Infatti, produrre un blanc de noir appare come un disegno già scritto; nel 1998 Luigi sceglie di studiare il suo Pinot, per motivare a se stesso le scelte prese due secoli prima dal generale Bonaparte. Fattoria Mancini si è allora impegnata in una ricerca con l’Università di Milano – mettendo a disposizione un vigneto sperimentale – con l’obiettivo di isolare e moltiplicare i migliori cloni di quest’uva sviluppatesi e oramai adattatesi al clima locale a tal punto di essere considerata come “locale”.

Il risultato? L’azienda vanta una selezione di cloni di Pinot Nero unici, indigeni, tra i cinquanta presenti al mondo, utilizzati dal 2005 nei nuovi vigneti di Fattoria Mancini, proprietaria di 20 ettari, piantati principalmente con questa varietà affiancata da Sangiovese e due cultivar autoctone: l’Ancellotta (rossa) e l’Albanella (bianca). Quest’ultima è protagonista, assieme al Pinot Nero vinificato in bianco, nella produzione del vino Roncaglia, una sottozona riconosciuta e inserita nella D.O.C. Colli Pesaresi dal 1994. Un vino di grande struttura e buona longevità, vinificato in acciaio per mantenere le caratteristiche varietali in cui spiccano salinità e agrumi. L’Albanella, inoltre, deve la sua esistenza oggi proprio a Fattoria Mancini poiché in principio si pensava fosse Trebbiano e, solo dopo ricerche svolte col supporto del professor Attilio Scienza, si è arrivati alla conclusione che si trattava di una bacca nativa abbandonata e poi recuperata.

Ed ecco che la Vigna di Rive, situata a qualche centinaio di metro dal mare, in cui di produce il Focara (versione ferma di Pinot Nero in purezza), diventa la prescelta per offrire la possibilità a turisti e amanti del buon vino, di concedersi un aperitivo ammirando la luce dorata riflessa sull’acqua, magari seduti su quelle rocce che sostengono le viti, ancora calde, poiché ne hanno catturato il calore diurno. Si può finalmente sorseggiare Impero, potente, aristocratico, con note mielate e di cipria ma anche iodate, sensazioni che danno un senso alla scelta di continuare a produrre questo vino di netta ispirazione francese la cui spina dorsale, però, è squisitamente marchigiana.

 

 

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