L’OLTREPÒ PAVESE E IL SUO PINOT NERO

La terza edizione dell’evento “Oltrepò – Terra di Pinot Nero” organizzato dal Consorzio Tutela Vino Oltrepò Pavese ci dà l’occasione per tentare di fare il punto sul rapporto tra il territorio e il vitigno. È un legame indissolubile quello che ormai lega il Pinot Nero all’Oltrepò Pavese. Un legame nato verso la metà dell’Ottocento quando il Conte Augusto Giorgi di Vistarino piantò le prime viti; lo scopo era quello di produrre bollicine. È infatti del 1865 la prima bottiglia di Metodo Classico italiano da Pinot Nero. Le vinificazioni in rosso invece sono molto più recenti.

Per la terza volta i produttori dell’Oltrepò Pavese presentano i loro Pinot Nero sia spumantizzati che vinificati in rosso.  L’evento ha visto la partecipazione solo dei produttori che rivendicano la Docg (per il Metodo classico) o la Doc per il rosso. Abbiamo constatato, purtroppo, come per molti vini non vengano rivendicate le Denominazioni ma siano etichettati come Vsq o Igt (a seconda dei casi).

La scelta di far partecipare solo vini a Denominazione, oggettivamente logica in quanto la manifestazione è organizzata dal Consorzio, ha però escluso alcuni vini e/o produttori significativi per il territorio. E stiamo parlando di vini che, dal punto di vista normativo, soddisferebbero tranquillamente i precetti delle Denominazioni.

Sarebbe interessante approfondire il perché questi produttori non rivendicano la Denominazione. Scarsa fiducia nel Consorzio? Magari risultato di precedenti trascorsi? Ricordiamo come nel passato alcune cantine avessero polemicamente abbandonato il Consorzio per la non condivisione delle scelte effettuate. Le regole all’interno del Consorzio stabiliscono che il peso del voto sia determinato dal numero di bottiglie prodotte. Questo, notoriamente, determina che siano le cantine con maggiore produzione a guidare le scelte, cantine che in Oltrepò sono rappresentate da due cooperative che non sempre hanno gli stessi obiettivi dei piccoli produttori indipendenti.

Altro fattore che potrebbe indurre alcune cantine a non rivendicare le Denominazione potrebbe essere la forza del loro brand che non necessita di altro. Non vogliamo poi pensare che sia il costo della fascetta il motivo che determina la scelta.

In ogni caso un peccato perché, indipendentemente dal motivo, sarebbe bello poter avere una panoramica completa di un territorio già così sfaccettato come quello oltrepadano, un territorio che può contare su circa 13.000 ettari vitati di cui oltre 3.000 a Pinot Nero e che costituisce la terza area al mondo come estensione dedicata a questo vitigno, terza dopo Champagne e Borgogna.

La buona notizia, ma effettivamente non possiamo parlare di novità perché la cosa è già risaputa da tempo, è la qualità della produzione che si conferma unanimemente elevata.

Tutti i vini che abbiamo assaggiato sia durante le due Masterclass, una per gli Spumanti e l’altra per i rossi, che nei banchi di assaggio dei produttori, si sono rivelati di buona qualità media con alcune punte di eccellenza.

Tra i Metodo Classico assaggiati ci piace ricordare l’Oltrepò Pavese Docg Pinot Nero Vergomberra Pas Dosé 2019 (38 mesi sui lieviti) di Bruno Verdi per la pienezza nella grande verticalità, l’Oltrepò Pavese Docg Pinot Nero Luogo d’Agosto Extra brut 2019 (36 mesi sui lieviti) di Alessio Brandolini per le eleganti note della maturità delle uve, l’Oltrepò Pavese Docg Pinot Nero Vincenzo Comi – Riserva del Fondatore Extra Brut 2016 (60 mesi sui lieviti) di Tenuta Travaglino per la sua complessità ed eleganza e l’Oltrepò Pavese Docg Pinot Nero Cruasé Brut 2014 (90 mesi sui lieviti) di Quaquarini Francesco per la bellissima verticalità ed energia.

Tra le versioni in rosso che abbiamo assaggiato, possiamo evidenziare per la loro qualità il Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc Casaia 2020 (12 mesi in botti usate) di La Travaglina per il suo equilibrio e persistenza, il Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc Terre Gobbe 2021 (6 mesi in acciaio) di Pietro Torti per la sua giovialità, il Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc Giorgio Odero 2018 (12 mesi in botti da 25 hl) di Frecciarossa per la sua struttura nell’eleganza e il Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese Doc Riserva Losana 2020 (12 mesi in barrique) di Cà di Frara per il suo essere vibrante e fragrante.

A proposito di Metodo Classico, il direttore del Consorzio Carlo Veronese ha annunciato che sono previste alcune modifiche al disciplinare di produzione, modifiche tese a valorizzare maggiormente il prodotto e a conferirgli una maggiore caratterizzazione. Innanzitutto, il cambio del nome con l’eliminazione della parola “Pavese”. La nuova Docg si chiamerà dunque Oltrepò Docg Metodo Classico. Altra importante novità sarà l’aumento dei tempi minimi di riposo sui lieviti che diverranno 24 mesi (attualmente 15 mesi) per i non millesimati e 36 mesi per i millesimati (attualmente 24 mesi). Viene introdotta inoltre la tipologia riserva che prevedere una sosta minima sui lieviti di 48 mesi. Le modifiche prevedono ancora che la quota minima di Pinot Nero sia fissata all’85% laddove il restante 15% può essere composto da Chardonnay, Pinot Grigio o Pinot Bianco congiuntamente o disgiuntamente. In ultimo l’eliminazione della tipologia Cremant per il Metodo Classico Rosé, tipologia, a lato pratico, mai rivendicata. Queste modifiche sono state approvate dall’assemblea dei soci e ora dovranno essere sottoposte al vaglio e all’approvazione del Ministero e della Comunità Europea.

 

 

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