TORRACCIA DEL PIANTAVIGNA, “ALTO” PIEMONTE
Siamo in quello che viene definito l’Alto Piemonte, ovvero quella fascia precollinare che si estende tra le provincie di Biella, Novara e Vercelli e che per gli appassionati di vino è rappresentato da quel conglomerato di Denominazioni che rispondono ai nomi di Ghemme, Gattinara, Fara, Boca, Sizzano, Bramaterra e Lessona, solo per citarne alcune. Un territorio dalle origini geologiche complesse caratterizzato dalla presenza di un SuperVulcano che nella preistoria esplose e ricoprì le terre di detriti che hanno costituito un panorama geologico multiforme caratterizzato da argille e tufi ricchi di sali minerali. In questo territorio, a metà del Novecento, Pierino Piantavigna mise a dimora un piccolo vigneto (mai nome fu più azzeccato) sulla collina di Ghemme. Nel 1997 il nipote del Piantavigna, Alessandro Francoli, creò l’azienda con il nome di Torraccia del Piantavigna in onore del fondatore e della collina di Ghemme che lui tanto amava e sulla quale si trovano i ruderi di una vecchia torre medioevale. Oggi gli ettari vitati sono una quarantina e i vini prodotti sono fortemente legati al territorio: Nebbiolo in prevalenza per i vini rossi ed Erbaluce per i vini bianchi.
“Eleganza, complessità, freschezza, longevità: sono i tratti che desideriamo esprimano i vini, soprattutto nelle versioni che affiniamo per molti anni nelle grandi botti di Allier della storica Cantina e successivamente ancora per lungo tempo anche in bottiglia. L’obiettivo è che risultino coinvolgenti anche per i palati più raffinati, esprimendo il terroir del Ghemme, la nostra versione del Nebbiolo più identitaria, che siamo soliti definire figlio del Monte Rosa e ovviamente del SuperVulcano” raccontano i titolari Alessandro Francoli e Giacomo Ponti che dal 2015 è entrato a far parte della compagine societaria.
Erbavoglio è il nome della linea di vini prodotti da uve Erbaluce, vitigno che non può essere menzionato né in etichetta né nelle schede tecniche a causa di una assurda disposizione che ha assegnato all’area di Caluso l’utilizzo in esclusiva del nome del vitigno Erbaluce. Per vini prodotti con questa varietà in altre denominazioni i produttori sono costretti a indicare “vitigno a bacca bianca come da Disciplinare di Produzione” dal quale si evince, potremmo dire ovviamente, il vitigno di riferimento.
Il VSQ Erbavoglio Metodo Classico Dosaggio Zero ha riposato sui lieviti per 40 mesi. Prima annata, base 2018. Dal perlage fine e persistente apre su note fruttate che ricordano la mela annurca, intenso in bocca con buona persistenza e note dolci di pasticceria e miele. Il Colline Novaresi Doc Erbavoglio 2022 si presenta luminoso e dotato di un sottile ed elegante patrimonio olfattivo caratterizzato da note di erbe aromatiche sullo sfondo della frutta a polpa bianca. La vinificazione in acciaio con successiva permanenza sulle fecce fini dona freschezza gustativa che chiude con accenni vegetali e una piacevole nota ammandorlata. La versione Colline Novaresi Doc Erbavoglio Millesimo 2020, prima annata prodotta, prevede la maturazione in botti di legno per 24 mesi. Il profilo olfattivo è rivolto alle note di frutta matura anche esotica; il gusto diventa pieno e guidato da ottima sapidità che conferisce verticalità e persistenza. Per la produzione del Erbavoglio Passito uve rimangono in fruttaio dai tre ai cinque mesi; dopo la fermentazione il vino riposa in legno per un anno. Un vino dal contenuto tenore zuccherino residuo, 80 gr/l, e dall’ottima bevibilità grazie alla spiccata freschezza. Le note di frutta candita si ritrovano sia al naso che al sorso. Un vino che trova la sua collocazione ottimale sulla tavola accompagnato da formaggi stagionati.
Passando ai vini rossi, il Nebbiolo ci ha condotto alla scoperta di alcune versioni di Ghemme Docg. Il Ghemme Docg 2016 contempla, in assemblaggio, un 10% di uve Vespolina e ha visto l’impiego della botte grande per 52 mesi. Fiori rossi, delicati accenni di frutta e di spezie anticipano una bocca dalla buona struttura nella quale i tannini giocano un ruolo importante. L’annata 2009 non lascia spazio allo scorrere del tempo: dal colore vivissimo, si manifesta con altrettanta freschezza che conduce il sorso, insieme a una vena sapida, fino al finale con ricordi di liquirizia. Il Ghemme Docg Riserva Pelizzane 2016, assaggiato in anteprima, proviene da una porzione di un ettaro dell’omonima vigna piantata nel 2000. Nebbiolo in purezza, ha maturato per sei anni in botte di rovere di Allier. Intenso il naso che ripercorre la tipicità del territorio con riconoscimenti di viola, di mora e di spezie dolci che divengono struttura e pienezza al palato. La trama tannica, ben presente, fine e morbida, amplia il volume nella persistenza. Il millesimo 2011 si mostra, nella sua ancora elegante giovinezza, con il tannino ben integrato e un’ottima freschezza. Eccellente tenuta al passare del tempo per l’annata 2008 che ha sostato per 10 anni in tonneau. Un vino diritto, verticale e dall’ottima freschezza.