BURDE/SAVINI, BINOMIO VINCENTE
In Toscana anche il paesaggio rurale può essere considerato un’opera d’arte, costruita dal lavoro millenario dei contadini: il sistema mezzadrile, infatti, pur con le sue numerose problematicità, ha favorito un forte legame tra l’uomo e la terra. Il panorama è piuttosto variegato e i prodotti agroalimentari sono altrettanto numerosi. Due alimenti simbolo, ossia il pane sciocco e l’olio extravergine di oliva, unendosi a verdure, legumi, cereali compongono innanzitutto un ricco e gustoso repertorio di zuppe. Il catalogo delle carni tende poi a polarizzarsi da un lato su un ampio uso di frattaglie (trippa e fegatini di pollo in primis) e parti povere delle carcasse, dall’altro sull’impiego di tagli pregiati quali la lombata di manzo chianino (o altre razze) nella notissima bistecca, il carré di maiale nell’arista al forno, gli animali dell’aia in sontuosi fritti. La norcineria è un’arte antica, così come non mancano l’onnipresente baccalà e deliziosi pecorini di varie stagionature.
Insomma, l’elenco è lungo, anche perché ogni città e ogni comprensorio possiedono con orgoglio il loro dolce, ma l’aspetto che ci piace sottolineare è proprio quello di nutrire l’anima e il corpo, come ci ricorda correttamente il validissimo ed esperto Paolo Gori, cuoco e patron insieme al dinamico fratello Andrea, della celeberrima Trattoria Burde.
La cucina popolare, comunque, evolve, e loro due insieme a Cristiano Savini, proprietario dell’omonima azienda leader per la raccolta e la lavorazione del tartufo in territorio toscano, hanno creato una nuova linea di prodotti belli e buoni, eticamente ed esteticamente, le cui parole chiave sono: pochi ingredienti, riconoscibilità e alto valore evocativo. E non a caso, ben quattro generazioni impegnate nella valorizzazione del cibo per entrambe le dinastie coinvolte (Gori e Savini), a conferma del ritrovamento della tavola, come consolidamento di amicizie e famiglie, come nutrimento materiale e culturale.
“La ricetta non è certamente un facile dogma di verità”, proseguono con entusiasmo i protagonisti dell’iniziativa, “ma una traccia che aiuta e sfida a percorrere un sentiero creativo che ha radici parecchio lontane nel tempo”.
E quindi tanto spazio a salse, sughi e ragù tipici, tra cui il Baccalà Montebianco, il Ketchup con la rosa canina, l’Acciugata, la Carabaccia (una sorta di zuppa di cipolle), l’Incavolata nera (un pesto di cavolo nero) il Ragù bianco, il Crostino toscano, la Trippa alla fiorentina ed altri ancora, non solo quindi sottolineando la necessità di rivisitare il proprio rapporto con la natura e la tradizione, ma anche di rinnovare con coscienza superiore il senso della convivialità
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