CANNAVACCIUOLO BISTROT TORINO: CONCRETEZZA E SOLIDITÀ
Tra i tanti motivi che conquistano e spingono a visitare la prima capitale d’Italia ci sono sicuramente quelli di natura architettonica come le piazze di Torino. Per raggiungere il Bistrot di Antonino Cannavaciuolo, se non la si attraversa, si è comunque obbligati ad osservare Piazza Vittorio Veneto (la piazza più grande, coi portici, d’Europa). Ultimata nel 1825 da Giuseppe Frizzi, fu progettata per “nascondere” il dislivello di sette metri da via Po sino al fiume.
E, superato il ponte, si arriva al piccolo locale di stampo moderno, molto curato negli arredi: la cucina è al centro, dietro l’ingresso, le sale si sviluppano intorno. Tavoli piccoli, per ottimizzare coi coperti le dimensioni, soffitti alti, tipici degli antichi palazzi della città.

Alfredo Diafano
In sala il napoletano doc Alfredo Diafano, un maestro nell’accoglienza, per galanteria e velocità nell’osservare e soddisfare i desideri dei suoi ospiti. In cucina il ventisettenne triestino Emin Haziri, un talento coltivato da Tonino, che ha scelto da piccolissimo di intraprendere questa strada quando emulava lo zio cuoco e contrastava i consigli protettivi di una madre che lo allertava sulla vita di sacrifici e fatica a cui sarebbe andato incontro.

Emin Haziri
Emin non si ferma, dopo l’alberghiero si sposta a Brescia, dove inizia a comprendere il significato dell’organizzazione delle materie prime e della gestione degli spazi per conservarle: “ho capito che era la mia strada quando mi hanno affiancato al sous chef”. Dopo un’altra esperienza in Germania, prosegue il suo percorso con Carlo Cracco, Enrico Bartolini, Villa Crespi, Noma.
Oggi, col sorriso stampato in faccia, guida la cucina che ha tutta l’aria di essere una vera e propria costola di Villa Crespi. I gusti degli “ingredienti madre” di ogni piatto sono al centro, tutelati, per renderli incontestabili e preziosi. Poche le contaminazioni, tanta concretezza e golosità. Unica pecca, l’assenza di amari e di acidità più spiccate, ma forse è proprio la loro assenza e rendere l’offerta personale, chiara e apprezzata trasversalmente. Un ristorante che non si ferma certo nella ricerca. Si sperimentano i tagli, le forme, le presentazioni dei piatti. Si insegue un gusto solido, per poi sviscerarlo, renderlo variegato, pur restando fine. Un’offerta da non catalogare come baluardo di tradizione e nemmeno una sorta di avamposto innovativo ma un punto di riferimento di un a cucina solida in cui essere sicuri di stare bene.
Da questa ricerca nel mondo di Cannavacciuolo e dal peregrinare dello chef ecco i signature dish come il Baccalà con pisello e zafferano, il Riso con aglio, olio, limone e bottarga e lo Spaghetto con anguilla affumicata, limone salta e quinoa.