CLAUDIO GARGIOLI, CUOCO E SCRITTORE
I cuochi, quelli veri, sono persone creative, fuori e dentro la cucina. E Claudio Gargioli, chef patron di Armando al Pantheon, storico ristorante di Roma dal 1961, ne è una prova. Il mondo sta tutto in cucina (Fefè Editore, dal 6 maggio in tutte le librerie), non è l’ennesimo libro di ricette, ma il debutto nella narrativa di Blecchescieffe, il soprannome di Gargioli affibbiatogli dal giornalista Alessandro Bocchetti, per via della giacca nera che lo chef è solito indossare.
Appassionato di cucina a tutto tondo, di quella che parte dalle opere di Apicio, passando per i ricettari di Bartolomeo Scappi e i libri di Carnacina e Carla Boni, Claudio Gargioli è un autentico poeta della cucina romana, grande intenditore del quinto quarto, il suo vero amore gastronomicamente parlando.
Claudio si racconta così: “La mia passione per la scrittura c’è sempre stata ed è andata a braccetto con quella per la cucina: se di giorno cucinavo, la notte scrivevo. Ho vinto premi letterari come il Dimensione Donna a Treviso, il Pannunzio a Torino, il Parole attorno al fuoco ad Arcade, il Grinzane Cavour ed altri”.
Nonostante abbia già pubblicato due libri di ricette e aneddoti, Il menù letterario tipico romano e La mia cucina romana (Atmosphere libri), Il mondo sta tutto in cucina è il vero debutto letterario dello chef e lui ci tiene moltissimo a sottolinearlo.
Il suo primo romanzo, coinvolgente e appassionante, è un intreccio tra autobiografia e finzione. Chi non conosce l’autore, potrebbe solo immaginare dove finisce l’una ed inizia l’altra, perché la storia, ambientata tra il ristorante e i vicoli di Roma, è decisamente realistica. La trama narra di Carlo Amici (alter-ego di Gargioli), chef di successo, amato e corteggiato, la cui vita è scandita dagli orari del suo ristorante, Armando al Pantheon, avviato da suo padre 60 anni prima. Lui, grande intenditore di cose belle, vive circondato da un’infinità di libri, quadri antichi, superalcolici di grande pregio e malinconico jazz in sottofondo. All’inizio del libro si ritrova a pensare con un Cohiba acceso e un bicchiere in mano: “…questo sigaro è una meraviglia, oltre al buon cibo e allo Champagne è uno dei miei vizi; il jazz e Roma invece non sono vizi, ma vere e proprie malattie”.
In effetti, il jazz è la colonna sonora delle sue giornate, in cucina e a casa, e Roma… Roma è unica, è un palcoscenico imprescindibile perché senza di lei, la Città Eterna, la storia probabilmente non avrebbe senso.
Carlo ha un animo tormentato da una tragedia accaduta molti anni prima, ma trova la forza di andare avanti proprio grazie al suo lavoro e alla squadra del ristorante che sente come una famiglia. Qualsiasi cosa – odori, colori, sogni o ingredienti – può scatenare in lui l’ispirazione, portandolo a creare i suoi piatti migliori con una naturalezza che pochi hanno. Non indifferente al fascino femminile, tuttavia vive solo e difficilmente si concede distrazioni. Le sue giornate sono ritmate dai suoi ragazzi e dalla cucina, da incontri per strada e da tanti pensieri, da musica e sapori, ma soprattutto da rituali sacri: un sigaro e un whisky sul terrazzo dopo il lavoro, con Roma sullo sfondo. Sembra che nulla possa più sconvolgere la sua esistenza, eppure la sorpresa è dietro l’angolo.
Il mondo sta tutto in cucina è anche la riflessione interiore di Carlo che parla con il padre: nessuno dei due protagonisti, immaginario e reale, può immaginare la propria esistenza lontano dai fornelli, anche se entrambi, da giovani, studiavano per avere una vita diversa.
Il debutto nella narrativa di chef Gargioli è un libro ideale per conoscere la quotidianità della vita di cucina, raccontata realisticamente dal suo lato umano, senza prendere, per una volta, il lettore per la gola.